Al successo personale concorrono moltissimi fattori. Come mattoncini, ognuno svolge la propria funzione nella proiezione verso il risultato finale. Così, appurato che i voti alti a scuola non rappresentano la certezza del successo professionale, benché siano certamente elementi predittivi e indicativi di predisposizione in tal senso, serve considerare gli aspetti immateriali della preparazione individuale ad affrontare la vita: la consapevolezza di sé, la capacità empatica e quella di comunicare e intrattenere relazioni gratificanti. In due parole, tutti quei fattori riconducibili alla competenza dell’intelligenza emotiva.
Intelligenza emotiva e successo
Occorre, tuttavia, precisare che neanche l’intelligenza emotiva da sola rappresenta la garanzia di successo per i giovani. Tuttavia, gli studi fin qui condotti dimostrano che l’educazione affettiva precoce comporta, da adulti, enormi benefici nello sviluppo delle attitudini alla socialità e delle relazioni sane, che si fondano sulla vita emozionale congrua, su cui si basano le competenze invisibili delle persone in grado di esprimere elevate performance.
Anche l’idea che occorra lavorare solo sull’alfabetizzazione emotiva del bambino/ragazzo appare un luogo comune superato dalle ricerche. Una volta avuta, infatti, la conferma che l’intelligenza emotiva può essere appresa e allenata, si delinea lo scenario interessante di supportare genitori e insegnanti nel loro ruolo di educatori emotivamente intelligenti.
Tutti posseggono, dunque, una propria intelligenza emotiva, sebbene per molti resti un’area sottosviluppata e una risorsa poco sfruttata.
Tutti possono, per questo, allenarla e accrescerla. In fondo, come afferma Peter Salovey: «Certo che possiamo controllare le emozioni. Il trucco sta nel farlo nel modo giusto e al momento giusto». Salovey scrive nel 1990 ma è come se non fossero affatto trascorsi i quasi due millenni e mezzo dall’aforisma di Aristotele (siamo nel 350 a. C.) in cui compare scritto, una delle prime volte, il medesimo concetto che sposta così indietro le lancette della ricerca: «Tutti possono arrabbiarsi. E’ facile. Ma non è facile arrabbiarsi con la persona giusta, con l’intensità giusta, al momento giusto, per il motivo giusto e nel modo giusto».
Emozioni e pensiero
La ricerca in materia ha fatto considerevoli progressi negli ultimi vent’anni. Oggi appare molto più chiaro come le emozioni e il pensiero cognitivo interagiscano e in che modo percepiamo e processiamo le informazioni emotive.
Nel frattempo, in tutto il mondo, migliaia di scuole, insegnanti, educatori e milioni di genitori stanno iniziando ad utilizzare le nuove evidenze per aiutare i bambini a crescere in maniera armonica. Mentre iniziano a diffondersi e ad essere disponibili anche strumenti e test per valutare, misurare o autovalutare le competenze emotive, negli adulti, nei giovani e in interi contesti sociali come la scuola.
Esistono anche strumenti per analizzare il contesto sociale ed affettivo di crescita dei ragazzi. E benché l’indagine intorno al clima emotivo di un ambiente non sia un indicatore utile per misurare il grado d’intelligenza emotiva, tuttavia, essa consente di raccogliere informazioni utili per
- valutare le criticità che accomunano le persone che ci vivono alla luce di una visione più ampia,
- individuare le aree di miglioramento e intervento,
- verificarne la coerenza della percezione (le persone del gruppo che utilizzano efficacemente l’intelligenza emotiva per gestire i comportamenti hanno una percezione del clima generalmente più positiva).
Le emozioni a scuola
Oggi più che mai, la scuola ha bisogno di ideare percorsi per educare alle emozioni. Ovvero, per aiutare il soggetto che apprende, nei diversi segmenti formativi, a “costruire” una corretta dimensione di sé e delle sue potenzialità nel concreto rapportarsi quotidiano con gli altri. Solo così sarà possibile agevolare la crescita armonica che attraversa le fasi di
- identificazione e classificazione delle emozioni (assegnare loro il giusto nome);
- consolidamento di una egemonia su di esse (dominarle, dunque, invece di esserne dominati);
- sviluppo della metacognizione (o autoconsapevolezza), necessaria a garantire il controllo sulle dinamiche interiori che partono dagli stati emotivi, spesso non consapevoli;
- valutazione del grado di intensità, il che equivale e imparare a misurare diversi gradi di emozionalità che, una volta stabiliti, renderanno più facile attribuire proporzionalmente ad ogni circostanza un adeguato coinvolgimento emotivo.
Costruire l’identità
L’educazione diventa, dunque, il punto d’arrivo di una continua attenzione emotivo-affettiva che i promotori del processo educativo devono (o, per lo meno, dovrebbero) costantemente mantenere. La scuola, così, non è più solo il luogo istituzionale dell’apprendimento ma anche l’habitat privilegiato dove
- costruire gradualmente l’identità,
- scoprire abilità e inclinazioni,
- creare nuove amicizie e relazioni,
- vivere e comunicare emozioni.
A scuola, dunque, l’allievo esprime se stesso, prende consapevolezza delle proprie capacità e potenzialità, come dei limiti e delle difficoltà che ostacolano l’apprendimento.
Va detto che gli ostacoli maggiori alle capacità di apprendimento nascono da criticità che, talvolta, sono solo temporanee e che si risolvono spontaneamente. In altri casi, invece, sono lo specchio di un disagio più profondo, una sofferenza che permea la mente, che restringe lo spazio per l’acquisizione di conoscenze, abilità e competenze e danneggia, il più delle volte, la qualità delle relazioni. E che richiedono strategie e interventi mirati e trasversali.
Elaborare concetti e nozioni
Poiché, infatti, la capacità di apprendere e di pensare, la possibilità di contenere ed elaborare concetti e nozioni, per trasformarli in conoscenza e competenze, appare intimamente intrecciata con
- la vita emozionale dell’individuo,
- i contenuti del suo mondo interiore,
- i suoi vissuti e il suo immaginario,
occorre un agire sistemico in cui il momento emozionale sia curato opportunamente, specie davanti a difficoltà persistenti.
Se è vero, dunque, che non c’è apprendimento senza emozione, serve banalmente dedurre che la componente emotiva
- interagisce profondamente con le funzioni cognitive,
- motiva o demotiva la curiosità verso le nuove nozioni, orientando, in positivo o in negativo, la disponibilità ad apprendere.
La vita scolastica per un ragazzo appare, dunque, molto più di un campo di addestramento logico-razionale. La classe diventa uno spazio immateriale che può alimentare sentimenti positivi di riuscita e motivazione o, esattamente al contrario,
- sentimenti d’inadeguatezza,
- disistima,
- sfiducia,
- vissuti d’ansia,
- impotenza e
- frustrazione.
Il successo si prepara anche così.
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