Un tema che ricorre nelle mie proposte per il futuro della scuola è l’adozione di una didattica creativa e personalizzata per migliorare l’apprendimento dei ragazzi. Tre le ragioni che prendo in esame in questo articolo: il possesso di talenti diversi che fanno apprendere in modo personale; l’inclinazione naturale delle persone ad apprendere giocando; la variazione del sistema di valutazione, affinché sia adattato alle risorse e alle capacità dei ragazzi. Ancora un contributo ispirato alla Scuola Creativa di Ken Robinson.
La didattica personalizzata
Un fattore che determina la necessità di un’istruzione personalizzata è l’evidenza secondo la quale le neuroscienze (soprattutto, la psicologia) oggi dimostrano che esistono più forme d’intelligenza. Un tempo non troppo lontano, i discorsi sull’intelligenza cadevano solo sul rigido QI.
Ma con Howard Gardner e la sua teoria delle intelligenze multiple, oggi si propende per considerare l’intelligenza complessiva come il miscuglio di almeno otto diverse forme d’intelligenza, ciascuna nella disponibilità di ogni persona ma in misura sempre diversa. Diversa quanto basta da determinare forme d’intelligenza uniche e irripetibili da persona a persona.
Ciascuna di queste forme d’intelligenza può essere accresciuta con l’esercizio che determina l’emersione di un talento prevalente, nella cui direzione impostare l’istruzione.
Intelligenze diverse
Il concetto, insomma, è fin troppo chiaro: se persone hanno un talento per lo sport, per l’arte, la danza o la musica, perché non possono apprendere qualunque materia utilizzando quello specifico talento, quella specifica passione o inclinazione? Le personali doti e aspirazioni sono, in definitiva, le direzioni verso le quali si investono le motivazioni più elevate, l’entusiasmo di migliorarsi e l’interesse.
Passioni che crescono più in fretta se sono stimolate utilizzando le vie sensoriali preferite dai ragazzi. Aspetto, peraltro, parimenti ignorato dall’istruzione tradizionale che si fonda sulla lezione teorica frontale, assorbita unicamente attraverso l’udito.
E benché alcuni neuroscienziati contestino le evidenze della teoria di Gardner (perché, appunto, è una teoria, non dimostrata scientificamente), nella pratica è sempre vero che ognuno apprende prima e meglio ciò che ama di più e che risponde a una naturale inclinazione (segno di uno specifico talento o intelligenza).
Il gioco per apprendere
Tra le specie viventi, l’uomo è la razza più evoluta perché
- possiede tre cervelli che interagiscono costantemente tra loro e che mediano (o dovrebbero mediare) e filtrano i processi di riposta agli stimoli (esterni o interni) e
- perché, nel corso della sua evoluzione, proprio grazie allo sviluppo di un’idea di mente che mette in relazione i suoi cervelli con il resto del corpo (e con tutto il sistema delle percezioni e delle sensazioni), ha sviluppato una capacità che detiene in esclusiva: il linguaggio simbolico (basato sulla sua capacità immaginativa e creativa).
Una dimostrazione di quest’ultima fondamentale peculiarità del genere umano è che, a differenza delle altre specie viventi, l’uomo, benché ne sia convinto, non vive nel mondo (cioè, a contatto con la nuda terra) ma nella rappresentazione che può farsi del mondo, sulla base di idee e valori personali o radicati nella cultura di ogni popolo.
Una cosa, però, lo accomuna a tutte le specie viventi: la capacità di giocare. Anzi, l’uomo è l’essere vivente che gioca di più. Attraverso il gioco, specie attraverso il gioco non sorvegliato dagli adulti, i bambini sperimentano e imparano, traendo anche enormi benefici correlati, come crescere felici, svegli, propositivi, creativi, collaborativi e resilienti.
Il gioco a scuola
Per contro, il gioco è ormai bandito da scuola e, a causa del prolungarsi degli orari e degli impegni dei compiti a casa, anche dalla vita familiare. Restituire un momento di svago tra un’ora e l’altra, viceversa, sarebbe un naturale rimedio alla noia dell’istruzione tradizionale. Il gioco è, infatti, libertà ed esplorazione.
È l’espressione più evoluta della curiosità e dell’immaginazione. L’impulso a farlo, allora, è fisiologico e biologico. Lo spiegano psicologi, educatori, filosofi e antropologi. Mentre la scuola, con i suoi Dirigenti e insegnanti rigidi e seriosi, vorrebbe allungare ulteriormente l’orario scolastico per necessità curricolari e soffocare del tutto la più elementare e funzionale regola dell’apprendimento.
Modificare il sistema di valutazione
I bravi insegnanti, scrive Monty Neill, direttore del NCLB (Centro Nazionale per la Valutazione per Test) nella Rivista « Root and Branch » nel 2009, dovrebbero utilizzare un modo integrato di fare le valutazioni degli studenti, di cui i test standardizzati possono essere solo uno degli aspetti.
Ad essi, vanno aggiunti
- progetti,
- relazioni,
- osservazione partecipe del docente e
- autovalutazione dello studente.
Benché, almeno in linea concettuale, appaia corretto che le valutazioni non seguano solo la lotteria delle batterie di test, ancora oggi è l’unico, impersonale strumento di cui dispone la scuola.
I presupposti per una scuola creativa sono ovunque. E non possiamo attenderci che vengano adottate tutte le misure che altrove costituiscono le buone prassi. Ma ispirarsi alle pratiche più semplici da importare si può. Ovunque, infatti, esistono agganci per virare su di una didattica personalizzata. In fondo, è semplice: si tratta di attivarsi creativamente per mettere in condizioni gli studenti di apprendere bene.
L’Apprendimento Multisensoriale Creativo, di cui ho scritto diffusamente sul tema di una Scuola dell’intelligenza emotiva, è, in questo senso, il medium ideale per trasformare il modo di « fare istruzione ».
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