Le chiamiamo fiabe ma potrebbero essere storie di fantasia e nulla più. Ogni pretesto creativo che ci spinge a scrivere ci porta a parlare di noi. A noi. Delle diverse parti di noi e a ciascuna di esse. Un adulto, rileggendosi, nelle metafore può ritrovare se stesso e apprendere qualcosa in più. Come un esorcismo creativo. E’ così che il passato, che spesso nasconde le sofferenze, diventa storia. E la storia insegna, svela soluzioni. Se è una fiaba che racconta la nostra storia, essa dà anche un volto alle nostre paure. Ce ne fa prendere consapevolezza e ci aiuta a crescere.
Perché le fiabe?
Cioè, perché non le favole, il mito o la leggenda? Il motivo è nel genere letterario, più che nel tipo di messaggio che caratterizza ognuno. Pur essendo generi molto simili tra loro, posseggono, comunque, delle diversità, strutturali ed educative.
- Il mito, ad esempio, è un racconto a sfondo religioso in cui una verità di fede viene assunta a manifestazione collettiva, altamente elaborata, dello spirito umano. Di esso rivela e dissimula al tempo stesso le tendenze inconsce. Per questo spesso finisce in tragedia.
- La leggenda, per contro, è un tipo di racconto antico nel quale vengono a fondersi elementi di vita reale ed elementi fantastici, con ogni sorta di esagerazione simbolica.
- La favola, erroneamente confusa con la fiaba, è, infine, una composizione letteraria breve che ha per protagonisti animali domestici e ha come fine morale la funzione pedagogica.
La fiaba, pertanto, per la sua capacità di stimolare le funzioni cognitive del bambino e dell’uomo (memoria, pensiero, attenzione) e di agevolare l’apprendimento dei precetti educativi, è il genere letterario più indicato al viaggio verso se stessi. La magia del “C’era una volta…” apre, infatti, le porte alla fantasia in cui ognuno può raccontarsi in tutta sicurezza, per il tramite di avvenimenti e personaggi fantastici che celano la vera identità dell’autore. Il quale, nella narrazione autobiografica è il protagonista della storia sotto le mentite spoglie di chissà quale personaggio.
Solo strumento ludico?
Il pensiero corrente è che le fiabe siano uno strumento ludico. Al più, funzionale allo sviluppo dell’educazione del bambino. Ma non è così. E’ notorio che la fiaba sia come uno strumento efficace ma che si basa, tuttavia, su di una sorta di “copione”. E’, cioè, una rappresentazione globale della vita quotidiana che si presenta con un’iniziale classificazione di fatti ed eventi a cui il bambino può e deve aggiungere successivi livelli di
- ordine,
- variazione e
- adattamento.
Il costrutto del copione, infatti, si adatta perfettamente allo stile della narrazione, perché comporta una diacronicità, un’articolazione soggetto-scopo, una concretezza, una scena. Tutte le storie presentano situazioni caratterizzate dal fatto che il protagonista persegua uno scopo ed effettui azioni che, in determinate culture, sono ritenute appropriate allo scopo. Così, man mano che la storia si sviluppa, il lettore (poco importa che sia un bambino o un adulto) inizia a focalizzare la sua attenzione su singoli aspetti e funzioni.
Nel caso dei più piccoli, da queste analisi nasceranno i concetti di base del suo sviluppo armonico basato sui valori. La pedagogia li chiama concetti-basic che contribuiscono a costituire il sistema concettuale personale.
Fiabe per adulti
Se però la fiaba è destinata ad un adulto, bisogna dare per scontato che quel sistema e la personalità siano già strutturati. E che, di conseguenza, possano essere messi in discussione. Meglio ancora se la fiaba viene scritta in un laboratorio di scrittura creativa, come quelli che propongo agli operatori sul Metodo Autobiografico Creativo con la tecnica della fiabazione. L’adulto non ha bisogno dei precetti educativi ma può riflettere sul suo sistema di valori, che scorrono in rassegna (come accade per la fiaba classica), che lo portano ad essere la persona che è.
Da qui parte ogni genere di auto-osservazione. Passando talvolta per lo stravolgimento dei sistemi valoriali e delle credenze contenuti nelle personali metafore che ognuno, con il suo tempo, è chiamato a sbrogliare. Credenze intorno agli altri, alle relazioni, ai problemi… E questo porta alla consapevolezza di sé che è fondamento di ogni idea di benessere.
Quindi, la fiaba non è solo uno strumento educativo rivolto al bambino. Essa, infatti, è allo stesso modo utile per un pubblico vasto.
- Adulti,
- operatori impegnati nelle relazioni d’aiuto e di cura,
- persone con disagi psichici,
- anziani con demenze,
- soggetti con disabilità varie.
Le fiabe e le emozioni
Soprattutto per un motivo: la fiaba ha il potere di risvegliare le emozioni ed i vissuti di ognuno e di portarli ad un livello di coscienza. In questo modo la creatività diventa uno strumento di indagine che aiuta l’uomo a conoscersi, poiché
- attiva i meccanismi di riparazione di nodi esistenziali e
- offre strumenti di problem solving.
Le metafore con cui le sfide si presentano sulla strada di tutti i giorni forniscono spunti per la riflessione interna e sviluppano le risorse interiori per la loro soluzione creativa.
Nell’incanto della creazione della storia, l’autore o il fruitore di una fiaba (che spesso coincidono) restano strabiliati dalla scoperta di capacità e di abilità che a volte l’individuo stesso non crede di possedere. Ecco, dunque, la grande forza della fiaba: aprire nuove strade, in genere poco battute, che
- portano a se stessi,
- subito dopo agli altri e, per estensione,
- al mondo circostante.
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