Alla luce delle recenti trasformazioni economiche, la prima fonte di ricchezza per un’organizzazione oggi è saper creare un clima di fiducia, sia verso l’interno, in quanto ambiente di lavoro, che verso l’esterno, coinvolgendo mercato e fornitori nel sentiment che nasce all’interno, proprio per effetto della motivazione, e che si diffonde tutt’intorno. Sentiment che viene, dunque, innescato dal leader, sostenuto dalla qualità delle relazioni tra tutti i membri, leader compreso, che compongono a danno vita all’organizzazione e amplificato dalle emozioni che essa suscita dentro e fuori.
Incidenza dell’intelligenza emotiva
Daniel Goleman, autore del best seller Intelligenza emotiva. Che cos’è e perché può renderci felici, in proposito spiega che l’intelligenza emotiva, una delle nuove competenze richieste, secondo il World Economic Forum, per affermarsi nel mondo del lavoro, incide per circa il 67% delle competenze complessivamente richieste, contro un 33% appannaggio delle competenze tecniche e del tradizionale QI. E che, nel caso del leader, la percentuale d’incidenza cresce fino all’85%. Significa che ai leader è ormai richiesto di dare un’anima alle organizzazioni che guidano. Perché le organizzazioni sono fatte da uomini e, perciò, tenute a perseguire l’autoconsapevolezza.
Ma perché è richiesta intelligenza emotiva al leader? Perché in azienda la cosa più difficile è pensare il futuro. Il futuro, invece, bisogna saperlo immaginare, anticipare, raccontare, spiega Giuseppe Morici nel suo libro “Crescere è una cosa da grandi”. E questo è il compito del leader consapevole. Se nessuno si occupa di futuro, d’altro canto, il futuro deciderà per l’azienda. Ecco perché il concetto di leadership rimanda immediatamente all’idea del futuro.
Pensare al futuro
Occuparsi del futuro, del resto, è compito della leadership, perché significa:
- decidere in quale contesto si vuole credere, su quale scenario di mercato, di settore, di clienti, di concorrenti puntare;
- elaborare una vera e propria strategia in virtù della quale definire obiettivi, settori principali su cui investire e puntare e in che modo essere attrattivi e competitivi, nonché scegliere un sistema di attività su cui programmare l’organizzazione, i processi e i sistemi;
- mettere le persone in condizione di (condividere e) intraprendere nel migliore dei modi la rotta che conduce ai nuovi obiettivi.
La combinazione di queste tre funzioni della leadership può essere riassunta nel concetto di “anticipazione e guida” che altro non è che la capacità di dare un futuro all’azienda, anticipando ciò che è più probabile che accada al mercato, ai clienti e ai competitor, nonché di rendere praticabili gli obiettivi per l’organizzazione, in linea con le nuove strategie.
Se si vive il tempo giorno per giorno, senza un futuro, si finisce per stare solo nel presente. Ed è impossibile seguire l’azienda giorno per giorno senza una prospettiva. In questo senso, la leadership è l’arte di occuparsi di quello che non c’è, immaginando in grande il futuro di un’azienda fin dalla sua nascita.
Il compito della leadership
La leadership ha, dunque, il compito di portare nel futuro il passato dell’impresa. Il passato, che rappresenta l’identità, rievoca la sfida rilevante per cui l’impresa è nata:
- a chi o a che cosa si è opposta l’azienda nel momento in cui è stata fondata?
- Quella sfida è ancora rilevante?
- C’è qualcosa di quell’eredità che risulta incompatibile con il futuro?
Anche se si vuole cambiare il passato, è necessario conoscerlo e rispettarlo, dal momento che, se non si è disposti a includerlo in qualche modo nel futuro, non si cresce. Spesso, infatti, la strategia per il futuro è già scritta nel passato. E le credenze, i valori e i comportamenti diffusi (che è ciò che muove le persone di più delle istruzioni specifiche ricevute) sono fondamentali per comprendere il grado di compatibilità tra l’identità, il tempo passato, e la strategia, il tempo futuro.
L’effetto virtuoso dell’intelligenza emotiva nelle organizzazioni
E poiché alle organizzazioni si applicano i medesimi principi degli organismi viventi, riconoscere le emozioni che circolano nel team e gestirle diventa una prerogativa imprescindibile per il leader ispirato di un’organizzazione emotivamente intelligente che desideri innescare il prezioso Effetto Medici, così chiamato dall’imprenditore svedese-americano Frans Johansson allorquando uno studio pubblicato ad Harvard nel 2004 ha evidenziato quanto lo sviluppo della creatività incida sul successo delle organizzazioni caratterizzate da una buon clima di accoglienza e di relazione.
Nasce così la necessità che l’azienda evolva in teal per creare uno spazio che sostiene l’individuo nel suo cammino verso l’autorealizzazione e la pienezza.
Se non accade, il rischio maggiore è quello che Otto Scharmer chiama “punto cieco della leadership” nel quale vengono risucchiati sia il leader sia tutti gli attori della leadership diffusa, con conseguente instaurazione dello stato di inerzia o di determinazione dell’insuccesso dell’azienda.
Il punto cieco della leadership
Scharmer, professore al MIT di Boston, spiega che leadership e management, troppo di frequente studiati a livello di prodotto e di processo, hanno bisogno di nuove chiavi di lettura, a partire dal piano della motivazione profonda. La sua Teoria U, chiamata Teoria del punto cieco della leadership, analizza la realtà organizzativa in modo accurato, sovvertendo i paradigmi abitualmente adottati dalle aziende, i cui processi si muovono lungo l’asse del tempo, partendo dal passato per realizzare un futuro che, inevitabilmente, finisce con il replicare e riprodurre il passato stesso.
Il processo di analisi e ricerca ha, viceversa, bisogno di profondità, come scendere nella pancia della U, con mente, cuore e volontà aperti, per rompere i vecchi schemi, affrancandosi dalle abitudini e dalle incrostazioni del passato, dalle idee preconcette e dai pregiudizi. In basso, al centro, l’impresa incontra il suo punto cieco, laddove si trova la vera coscienza di sé, da cui trae la forza per risalire, attratta da un futuro differente da tutto ciò che si è lasciato nel passato e finalmente libera da esso. Laddove si gioca, dunque, la partita tra la vita e la morte dell’organizzazione che accomuna il destino del leader al viaggio dell’eroe: risalire con una nuova consapevolezza o soccombere, risucchiato dalle ombre del passato.
Il modello “teal”
Organizzazioni pensate sul modello teal, in definitiva, sono le sole capaci di crescere anche in momenti di crisi. Perché, allora, tutte le aziende non adottano il modello dell’intelligenza emotiva? Semplicemente perché è più facile formare competenze dure rispetto alle soft skills: il cervello sociale ha bisogno di più tempo per poter essere modellato. Ma la formazione serve proprio a questo.
Esiste un punto di partenza e un punto di approdo della leadership. Ma dove c’è un punto di partenza e un punto di arrivo c’è una storia. E una storia può sempre essere narrata. Scegliere, dunque, il racconto come strumento per descrivere il percorso di leadership di un’organizzazione allontana il rischio di sovrapposizione tra leader e leadership, permettendoci di allargare il campo di osservazione a tutti i membri dell’organizzazione e ai processi relazionali che sono il fulcro della crescita dell’azienda.
Questo spiega il grande valore della narrazione aziendale attraverso le tecniche del Metodo Autobiografico Creativo per l’intelligenza emotiva dei gruppi di lavoro.
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