La difesa del pensiero interiore è un impegno pedagogico che la scuola assume con l’educazione che impartisce, accanto alle famiglie, nella didattica curricolare. E, benché sia vero che esso è un tratto antropologico che caratterizza l’uomo (e che con il tempo diviene genetico), varia considerevolmente nel suo tradursi nel linguaggio scritto o iconico, simbolico, artistico, creativo (una storia può essere testuale, visiva, su collage ecc., come insegna il Metodo Autobiografico Creativo).
Il pensiero endofasico
Le voci interiori, autologiche, creano strutture cognitive volatili, invisibili perfino al suo autore: il pensiero endofasico (parlarsi dentro di sé, dice Duccio Demetrio) tende a confermare le certezze (ovvero, le incertezze, come accade con persone con bassa autostima) che la persona ha su di sé, ripetendosi le stesse storie sempre alla stessa maniera. Per questo è autoreferenziale e conservatore.
Quando, però, quello stesso pensiero si convince che è utile cambiare punto di vista per continuare a piacere agli altri, le certezze decadono. Sono, dunque, le necessità relazionali che modificano il pensiero interiore. Ognuno si racconta, in definitiva, la propria storia di vita attraverso un inconscio auto-bio-logico che serve a confermare alla persona la sua stessa esistenza. Benché darci una conferma della nostra vita sia un’operazione che è demandata agli altri che, riconoscendoci con il nostro nome, salutandoci, ci ricordano chi siamo e che abbiamo un ruolo nella collettività.
Nell’attività omonima del Metodo Autobiografico Creativo, infatti, il nome viene analizzato per iscritto nella sua etimologia e nel suo significato “familiare”, religioso e “culturale”), realizzando, in tal modo, la sua dimensione relazionale di conscio autobiografico.
Scrivere di sé
Le riflessioni intime sono, dunque, per definizione, avulse dal confronto con gli altri e vengono interrotte solo dalla scrittura (che invece è contatto). L’autore si scopre finalmente lettore di sé: la persona può avviare un dialogo con se stessa attraverso il foglio di carta (ma potrebbe essere qualsiasi altro mezzo creativo che metta in forma vissuti spontanei e, in seconda battuta, in base alle diverse attività, anche pensieri) e questo attribuisce senso e valore alla storia personale narrata. Scrivere, allora, diventa l’esatto contrario di parlare.
“Parlare serve a soddisfare una necessità del momento”, scrive Maria Zambrano nel libro Verso un sapere dell’animo. Scrivere, allora, è salvare le parole dalla prigione della transitorietà, proiettandole verso un futuro duraturo.
C’è molta differenza, infatti, tra parlare di sé e scrivere di sé:
- parlare è una ritualizzazione che spettacolarizza l’esistenza, una ciclica ripetizione di eventi che non incontra rispecchiamento né confronto.
- Lo svelamento del pensiero attraverso la scrittura, viceversa, ha cambiato la storia della psicologia. Essa, infatti, è vita interiore che va in scena e dà spettacolo di sé: è socializzazione perché consegna il pensiero all’interpretazione degli altri, in considerazione di molte variabili, come lo stato d’animo dello scrittore e del lettore, le parole utilizzate, lo stile ecc..
Scrivere è dialogare con sé
Per questo la scrittura è dialogo e la scrittura autobiografica è dialogo interiore che si apre alla decifrazione dei lettori. Così, i ricordi e le memorie (attraverso la scrittura e ogni altra forma di espressione artistica) diventano confessioni intime che aiutano l’autore a imparare cose di sé che non poteva imparare dialogando unicamente con se stesso, raccontandosi a voce.
“Se Narciso avesse saputo scrivere”, aggiunge Duccio Demetrio nel suo libello La scrittura è silenzio interiore, “si sarebbe salvato, scoprendo che scissione interiore ci tiene in vita, non la sua cancellazione.”
La scrittura, in fondo, consiste nell’essere in due, eroe e antieroe, protagonista e antagonista, Io e Ombra, senza sensi di colpa. Ce lo insegnano le fiabe.
Scrivo diari da molti anni, ed è un processo che si è trasformato nel tempo, da bambina infatti riportavo le cronache delle mie giornate, oggi si tratta di uno strumento per scandagliarmi, conoscermi e mutare. Eppure non mi ero mai soffermata sulla differenza tra il parlare e lo scrivere di sé, che proponi in questo articolo, è interessante che la vita interiore di un’essere umano possa prendere nuove forme attraverso il filtro di chi legge!
Grazie per il commento. È proprio così. Saluti