Siamo esseri sociali: viviamo, giochiamo e lavoriamo con gli altri. Siamo portati a rifuggire la solitudine, cercando conforto nelle persone che ci circondano. Ma proprio nelle relazioni interpersonali (è questo il più grande paradosso) si nascondono i nostri conflitti più profondi. Tutte le ricerche condotte in questa direzione evidenziano che le relazioni vengono mantenute (e diventano stabili) quando al loro interno sussistono, per quanto irregolarmente, sufficienti aspetti positivi per i quali vale la pena tollerare quelli negativi. Quando, cioè, sussiste e permane quello che Thomas Gordon chiama rinforzo intermittente.
I rinforzi positivi
La domanda è come fare ad accrescere al massimo gli aspetti positivi e ridurre al minimo quelli negativi. O creare un rinforzo che, nella sua intermittenza, alterni una prevalenza di aspetti positivi a una minoranza di aspetti negativi. L’esempio della vita coniugale fa scuola, come sempre.
All’interno delle famiglie, infatti, i conflitti non sono affatto una rarità. Sempre più spesso le coppie ricorrono ai divorzi, mentre altre volte si portano avanti unioni senza che si riesca a modificare tutti quegli aspetti negativi che, a lungo andare, hanno come conseguenza stress, fisico e mentale, o malattie e che, talvolta, degenerano in violenza, suicidi e omicidi.
Per quale motivo lasciamo che sia la negatività a prevalere sulla serenità? Cosa ci impedisce di risolvere o per lo meno affrontare le ombre della nostra vita familiare?
Comunicazione e conflitti
Il minimo comun denominatore di tutti questi conflitti, come anche di quelli intergenerazionali genitori-figli, è il problema del corto circuito relazionale, della mancanza di comunicazione, con pesanti ricadute sugli aspetti sociali degli individui coinvolti, compreso un sostanziale declino della produttività in ambito lavorativo. Fu proprio lo psicologo Paul Watzlawick, Fondatore del Mental Research Institute di Palo Alto, che molto ha contribuito nello studio della comunicazione come primum movens delle malattie mentali, a dimostrare come il deficit delle relazioni spieghi in parte l’insorgere di pesanti patologie come la schizofrenia, la psicosi da cui erano effetti (e lo sono tuttora) i più noti killer seriali della storia dell’umanità.
Paul Watzlawick
Il modello della Pragmatica della Comunicazione Umana, fondato da Watzlawick, infatti, spiega che il significato della comunicazione è sempre nella risposta che si riceve. Non solo. Spiega anche che, dei possibili feedback, ovvero
- accettazione,
- rifiuto e
- disconferma,
proprio quest’ultimo, caratterizzato da mancanza di riconoscimento dell’altro che ingenera un senso di perdita del sé, è quello tipico della comunicazione patologica. Elemento ricorrente nelle più comuni patologie psichiatriche.
Ecco perché studiare la comunicazione e porre in essere quanto in nostro potere per prevenire ogni deriva. Formarsi alla comunicazione appare, in definitiva, la via per instaurare con gli altri relazioni sane e produttive. A partire dal nucleo fondamentale che è la famiglia.
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