Due sconosciuti si ritrovano casualmente seduti accanto, come spesso accade, in treno. Il primo, Paolo, ha voglia di parlare e inizia con il solito discorso sul tempo. Il secondo, Marco, intende sottrarsi alla comunicazione. Ma che può fare? Restare ingabbiato e accettare il dialogo, anche se non ne ha alcuna voglia o rifiutarsi di rispondere e far capire le proprie intenzioni? C’è anche una terza via. Tutte, ad ogni buon conto, portano verso una comunicazione deviata, vista la mancanza di disponibilità di uno dei due attori del processo a stare nel dialogo.
Le tre vie
- La prima è quella di rifiutare completamente di rivolge la parola ad A (ma risulterebbe ineducato, offensivo). Quindi, non è un atteggiamento che usualmente viene utilizzato nelle interazioni anche tra persone che non si conoscono, benché non sia raro che naturalmente ciò accada.
- La seconda è di accettare parzialmente la comunicazione, ovvero limitandosi a comunicare il minor numero di informazioni, quelle essenziali. In tempo di guerra, e come riporta Watslawick nella Pragmatica della Comunicazione Umana, si diceva: “Se venite presi prigionieri, date solo nome, grado e numero di matricola”.
- Il terzo modo in cui potrebbe reagire Marco è di squalificare la comunicazione. Potrebbe, ad esempio, giocare con le parole per sottrarsi al tentativo di Paolo di trascinarlo in un discorso serio. Come interpretare delle metafore in maniera letterale, volutamente fraintendere, minimizzare o esaltare senza motivo i punti di vista dell’altro.
Nelle interazioni con gli altri, infatti, secondo al Scuola di Palo Alto, si comunica sempre inviando dei messaggi che possono essere soltanto di tre tipi:
- di conferma,
- di rifiuto e
- di disconferma.
Analizziamoli.
I segnali di conferma
I segnali di conferma si traducono in “ti riconosco e mi vai bene” e sono fondamentali in una comunicazione sana. Attraverso la conferma della ricezione di quel messaggio, attraverso quella che potremmo definire l’accettazione, di fatto, ognuno ottiene
- il riconoscimento di sé,
- la consapevolezza di sé e
- del proprio valore intrinseco in quanto persona.
Attraverso la comunicazione, infatti, riceviamo costantemente la convalida del riconoscimento nostro rispetto agli altri. Quindi, c’è un riconoscimento implicito che migliora la consapevolezza di noi stessi. Tanto è vero che, quando ci si trova nella condizione di non comunicare, viene inibito il rinforzo di questa consapevolezza che è, di fatto, il motivo fondamentale per cui l’uomo sente il bisogno di comunicare con altri individui. Ne troviamo degli esempi nella letteratura cinematografica: se dei detenuti vengono isolati per sei mesi, già dopo un po’ di mesi la mente inizia ad annebbiarsi. La comunicazione è naturalmente funzionale allo sviluppo armonico della personalità e della mente degli individui.
Il rifiuto
Se, nel corso di una comunicazione, inviamo o riceviamo un messaggio del tipo “ti ho ascoltato, ti riconosco ma non sono d’accordo con quello che dici”, siamo davanti ad un rifiuto.
Il rifiuto non viene percepito come parte di una comunicazione patologica, perché è fisiologico e ammette, in ogni caso, il riconoscimento dell’altro. Tale implicito riconoscimento è una parziale conferma e non viene vissuto da chi lo riceve come una “perdita del sé”. E’ un segnale di disaccordo con un contenuto che non pregiudica la relazione. La formula a cui risponde questo tipo di messaggio permette di preservare la dignità personale, diversamente da quanto accade con il messaggio di disconferma. Cioè: “tu mi vai bene ma non sono d’accordo con le tue idee”.
La disconferma
Con la disconferma siamo nel terzo tipo messaggio di ritorno. Può essere sintetizzato nella formula “Tu per me non esisti”. Il messaggio di disconferma (o di squalifica) è tipico di una modalità di interazione nella quale il messaggio in entrata viene completamente ignorato dal ricevente. Non solo. Il messaggio può essere ignorato ma può essere anche frainteso, volutamente oppure inconsapevolmente.
Nel caso in cui il messaggio viene consapevolmente ignorato, la persona riceve una informazione negativa di ritorno che le fa vivere un senso di perdita del sé. Non è, dunque, il “che cosa si dice” che non viene accolto ma è la persona in sé che non viene accettata. Ecco perché, se il messaggio di rifiuto della comunicazione va sul contenuto della comunicazione stessa, il messaggio di disconferma agisce piuttosto sulla relazione. E’ come se venisse disconfermata, se venisse squalificata l’intera individualità della persona che invia il messaggio.
La disconferma è tipica della comunica patologica in cui, dovendo ogni volta rinegoziare “chi sono io per te”, non c’è spazio per portare contenuti che fanno maturare le relazioni.
Quando funziona la comunicazione?
Ogni volta che interagiamo con gli altri, entriamo via via più in profondità nella comunicazione, portando nuovi contenuti se è definito e chiaro il piano delle relazioni. E questo vale sia sul livello verbale che nel non verbale. I diversi codici espressivi non cambiano la sostanza.
Se io ti accetto, ti invierò un segnale di conferma. Se tu ricevi, accetti e invii un messaggio dello stesso tenore, la nostra comunicazione funzionerà all’infinito.
La disconferma, viceversa, è l’esatto contrario della prima perché implica la mancanza di accettazione di dell’altro. Per questo, se viene inviato o ricevuto un messaggio di questo tipo, si interrompe ogni flusso di comunicazione sana ed equilibrata. Al suo posto, compare una comunicazione deviata e patologica. Poiché, infatti, insiste sulla dignità della persona, ovvero sul livello delle relazioni, è come se la disconferma facesse saltare in aria le fondamenta del rapporto su cui si intenderebbe costruire un castello di contenuti.
Ma posso anche anche non accettare quello che dici pur accettando te in quanto persona. Posso, dunque, inviarti un messaggio di rifiuto. La comunicazione ha due possibilità, a questo punto:
- fermarsi qui e riprendere in un altro momento su qualunque altro discorso.
- Oppure, può proseguire tranquillamente risolvendo quel rifiuto, tenendolo in conto o bypassandolo.
In fondo, nelle quotidiane discussioni in famiglia o con gli amici, capita spesso di essere in disaccordo.
Ma non per questo interrompiamo o modifichiamo le nostre relazioni o cambiamo partner ad ogni rifiuto.
Con il senno di poi
Provate adesso a ricordare tutte le volte che una vostra relazione ha funzionato su quale livello si è basata la comunicazione. Non necessariamente nella via affettiva. Questo vale anche nelle amicizie e nei rapporti di lavoro.
Le relazioni che funzionano si basano sempre sull’accettazione, sulla conferma, e resistono sempre al rifiuto. Mentre, le relazioni che sono andate a rotoli sono quasi sempre partite da un rifiuto che è stato gestito male e che poi ha intaccato il piano personale. E non è forse vero, quando qualcuno ci manda una disconferma che lede la nostra dignità, crolla tutto?
Ma attenzione! Se siete in una relazione in cui è ammesso e accettato il “tu non vali niente”, fatevi qualche domanda.
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