I dati pubblicati dal quotidiano “Il Giornale”dell’11 Luglio 2019, aggiornati ai risultati delle prove Invalsi dell’anno corrente, non lasciano spazio a interpretazioni: la scuola italiana non riesce a recuperare gli studenti in difficoltà. Uno studente su tre non comprende un testo. Al sud è anche peggio: in regioni come la Calabria, la percentuale cresce fino al 50%. La preparazione alla fine della scuola media è pari a quella della scuola elementare. È ufficiale, dunque: l’Italia è in emergenza educativa. Ma non lo scopriamo certo oggi. Semmai, oggi abbiamo la conferma dell’avveramento di una profezia annunciata alcuni decenni fa da Tullio De Mauro. E mai ascoltata. Vediamo.
I dati OCSE 2017
L’allarme ignoranza dei giovani italiani (e quello legato al fallimento della nostra scuola) non è affatto una novità: anticipato almeno quaranta anni fa, viene lanciato nel 2017 dall’Unione Europea. Secondo l’indagine dell’OCSE di questo periodo, infatti, i nostri giovani sono al di sotto della media europea in fatto di comprensione dei testi, rispetto ai coetanei di altre nazioni. Vale a dire che, mediamente, quando qualcuno parla loro, essi non sono in grado di capire ciò che viene detto. Il che palesa, implicitamente, la difficoltà dei nostri ragazzi anche nell’interpretare discorsi e afferrare anche quello che affermano i testi che vengono loro sottoposti.
L’interpretazione, d’altro canto, è un lavoro ermeneutico, pratica scientifica che è tesa alla soluzione della comprensione del testo e del contenuto informativo di qualunque genere letterario, che sia un libro o un articolo di giornale.
La mancanza di capacità di interpretazione, d’altro canto, inibisce l’attivazione di risorse legate all’autonomia e alla capacità di problem solving, aspetti che appaiono direttamente collegati con la comprensione e la decodifica funzionale di quello che accade intorno in un dato momento. L’interpretazione, infatti, è una capacità fondamentale che va allenata, una competenza che permette di cambiare prospettiva, di mettersi dall’altra parte, ad esempio, al posto degli altri, per vedere le cose con occhi diversi. Requisito elementare per chi è in cerca di idee per risolvere la propria vita.
La scuola come ascensore sociale
Se, dunque, la scuola riuscirà a tornare ad essere l’ascensore sociale che è stato per i nostri nonni e, in alcuni casi, per i nostri genitori fino a più di mezzo secolo fa, molto dipenderà dal fatto che essa riesca a riappropriarsi di un ruolo istituzionale che in questo momento ha smesso di ricoprire. Ovvero, il ruolo di
- luogo preposto all’apprendimento,
- luogo in cui fare delle amicizie e stringere delle relazioni gratificanti,
- in cui perseguire la naturale inclinazione di ognuno e i talenti personali,
- per approdare, infine, all’autonomia.
Visto che, però, in questo momento
- i ragazzi apprendono poco e male,
- le relazioni a scuola sono deteriorate dal conflitto e dall’aggressività,
- l’insegnamento stereotipato appiattisce la preparazione e lascia emergere solo poche eccellenze,
- non c’è affatto da stupirsi che i giovani non si sentano responsabili e autonomi, al punto da pensarsi come imprenditori di se stessi.
Non c’è, dunque, da stupirsi che questa sia l’era del reddito di cittadinanza. In fondo, le nuove leve (e, in generale, le persone) non sono pronte per le sfide della nuova economia. Così, il circolo vizioso è servito.
Leggere i tempi
Questa non vuole e non deve essere letta come una valutazione di carattere politico. Mi importa poco di chi sia favorevole o contrario agli aiuti di Stato alle persone che versano in stato di bisogno. La mia è una considerazione di carattere sociologico che, guarda caso, incrocia dati evidenti con la lettura degli accadimenti di questo congiunturale periodo storico. Il quadro che appare ai miei occhi appare chiaro. Ma è giusto che ognuno abbia la propria idea.
Secondo me, sarebbe più giusto dare priorità ad altre emergenze, una delle quelli è, certamente, la riforma della scuola. Il rilancio dell’economia passa per il ruolo che i nostri figli avranno nella new economy, in cui saranno chiamati a svolgere lavori che oggi neppure esistono ma che richiedono spirito d’iniziativa.
- Come risponderanno i nostri ragazzi, dunque, se non sapranno adattarsi al cambiamento?
- Del resto, come potranno farlo se la scuola non dà loro, fin da oggi, gli strumenti per analizzare criticamente momenti e situazioni e per leggere e interpretare le sfide con cui dovranno confrontarsi?
Il logico punto d’arrivo
Ma è il logico punto di arrivo dell’economia dello stato sociale che non si è preparato. Economia e scuola, economia e qualità dell’apprendimento sono, infatti, strettamente collegate.
Senza una riforma immediata, le cose possono solo peggiorare. Ecco, dunque, in che modo una riforma intelligente della scuola può rilanciare l’economia nazionale: aiutando le nuove generazioni a
- perseguire l’autonomia e la libera iniziativa,
- perseverare,
- resistere davanti ai problemi,
- rinunciare a chiedere sostegno agli altri, al fine di ottenere di più, ciascuno per sé.
Se le persone vengono incoraggiate a rendersi autonome, in avvenire le risorse pubbliche saranno impiegate per gli interventi di primaria necessità che, nell’attesa, rimangono depressi e trascurati.
Che fare?
Se l’obiettivo a breve deve essere, dunque, facilitare l’apprendimento, la chiave non è la preparazione dell’insegnante. Gli insegnanti italiani sono tra i migliori al mondo in quanto a conoscenze. Piuttosto, è la motivazione dell’insegnante che diventerà la motivazione degli allievi ad apprendere. Motivazione ad aggiornarsi, a valorizzare i singoli talenti, a cercare nuove strade per contattare un pubblico che si annoia da morire tra i banchi di scuola. Con stipendi più alti e ritmi di lavoro meno incalzanti.
Alla scuola servono codici che facciano incontrare i diversi attori: insegnanti e studenti, soprattutto. Ma anche le famiglie, per chiudere il cerchio della holding educativa di successo. Da una parte, però, c’è un’istituzione conservatrice che protegge il suo sapere dalle nuove fonti di conoscenza; dall’altra, i giovani che non sono più attratti, interessati, agganciati dal modo di comunicare della scuola e degli insegnanti.
Come fare? Insistere sulle modalità, preparare il terreno per la scuola dell’intelligenza emotiva che sarà la scuola dell’apprendimento multisensoriale creativo.
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