Se volete sapere come ci si sente quando si è impossibilitati a comunicare, andate ad una riunione e fingete di non poter parlare. Usate le mani ma non carta e matita, perché queste generalmente non possono venir usate da persone con gravi disabilità fisiche, impossibilitate ad esprimersi verbalmente. Sarete circondati da persone che parlano: che parlano davanti a voi, dietro di voi, intorno a voi, sotto di voi, attraverso voi ed anche per voi ma mai con voi. Voi verrete ignorati finché vi sentirete come un elemento dell’arredamento.
Queste parole non sono mie. Sono le parole di Creek, un giovane con paralisi cerebrale, con cui introduco l’argomento della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA).
Il caso non esiste
Ho incontrato la CAA quando ho conosciuto Serena De Angeli, durante un laboratorio sul Metodo Autobiografico Creativo con la Tecnica della Fiabazione a Bologna. Al termine, ho chiesto ai partecipanti, come faccio di solito, di inviarmi le fiabe da loro realizzate. Serena mi ha fatto una richiesta particolare: “Posso inviarle la storia tradotta in Comunicazione Aumentativa e Alternativa?”
Una domanda semplice, spontanea che mi ha catapultato nel luogo del fare comuniCAAzione.
Nei mesi successivi, ricordandomi ogni tanto di essere anche un editore, la sua fiaba, scritta nel corso del mio laboratorio, è diventato un e-book: dal titolo “Primo e Teresa nel villaggio dal grigio perenne” (Serena De Angeli, Edizioni Circolo Virtuoso, 2017 ).
Il racconto è scritto in Comunicazione Aumentativa e Alternativa, utilizza i simboli Wls (Widgit Literacy Symbols) e si rivolge a bambini e ragazzi con un’età compresa tra i 6 e i 10 anni.
La Comunicazione Aumentativa e Alternativa
La CAA (area della pratica clinica che cerca di compensare la disabilità temporanea o permanente di individui con bisogni comunicativi complessi) mette insieme le tre dimensioni che compongono il nome:
- Comunicazione, da intendersi come uno scambio, un’interazione necessaria alla costruzione dell’individuo nella sua essenza intima e relazionale;
- Aumentativa, in quanto accrescitiva della comunicazione naturale presente;
- Alternativa, dal momento che si avvale di conoscenze, strategie, ausili e tecnologia avanzata che possano facilitare e migliorare la comunicazione.
La CAA non è applicabile solo alle disabilità. E, in linea generale, una disciplina che coniuga le tecniche della comunicazione per immagini in relazione ai bisogni. Dunque, anche delle persone disabili ma non solo. Serve, in altre parole, per facilitare la comprensione di un testo o di un messaggio grazie a supporti visivi. Può, infatti, interessare persone:
- con disabilità cognitiva;
- con difficoltà di comprensione linguistica (ad esempio, che stanno imparando l’italiano come seconda lingua);
- con difficoltà di comprensione a causa di un disturbo specifico del linguaggio (o di sordità);
- con difficoltà nell’organizzazione spazio temporale;
- con difficoltà nella letto-scrittura;
- che hanno sviluppato una situazione di disabilità in età adulta, a seguito di traumi ( alzheimer, ictus, sclerosi laterale amiotrofica, afasia grave).
Quando si applica la CAA?
Sono molti gli ambiti e le motivazioni che portano ad indirizzarsi all’utilizzo della CAA. Tuttavia, la scelta di sostenere il progetto di Serena è derivata da una serie di riflessioni legate non solo alla mia personale attenzione nei riguardi di tutto ciò che è comunicazione ma anche all’esigenza di ricercare, come già faccio con le Arti Terapie, strumenti per l’inclusione scolastica.
La ricerca, benché siano stati fatti progressi dalla chiusura delle scuole speciali e differenziali, è continua sul tema.
- Ma possiamo, allo stato attuale, parlare di reale inclusione scolastica?
- La didattica è davvero inclusiva?
- O l’attenzione alle nuove tecnologie e la riscoperta della comunicazione visiva, creativa, per immagini, posso fornire nuovi input?
Personalmente, sono di quest’ultimo avviso.
L’inclusione scolastica
L’inclusione scolastica, infatti, non può considerarsi esaurita nella permanenza passiva e marginale degli alunni con disabilità (ma lo stesso vale anche per quelli con differenze etno-culturali) all’interno dell’ambiente scolastico. E’, piuttosto, o dovrebbe essere, un processo che, partendo dal contesto, riguarda e coinvolge tutti gli alunni nel rispetto delle loro potenzialità e dei bisogni individuali. Spesso, tuttavia, viene calibrata sulla persona con bisogni speciali, quasi a suo uso esclusivo, senza coinvolgere la classe. E per questo non funziona.
Per questo, ogni strumento di reale inclusione, aperto alla condivisione tra chi manifesta bisogni complessi e chi no, è da accogliere e sperimentare. A condizione che lo si faccia “insieme”. Anche la Comunicazione Aumentativa e Alternativa, dunque, al pari dei libri in simboli, rappresenta un valido supporto all’inclusione scolastica, perché:
- facilita le relazioni tra pari in totale autonomia senza la mediazione dell’adulto;
- stimola il senso di appartenenza al gruppo classe;
- accresce l’attenzione e la concentrazione attraverso l’esperienza piacevole e distensiva che è la lettura condivisa;
- supporta lo sviluppo emotivo, linguistico e cognitivo.
In che modo? Traducendo il testo in simboli che agevolino la comprensione. E condividendo la lettura con il resto della classe. Per questo mi è piaciuta molto l’idea di Serena di raccontare una fiaba con la Comunicazione Aumentativa e Alternativa.
Tra ABA e CAA
A prima vista, la la Comunicazione Aumentativa e Alternativa potrebbe essere confusa con le tecniche ABA, tipiche della comunicazione per immagini che si adotta nel trattamento dell’autismo. Gli insegnanti di sostegno, spesso, sono in possesso di strumenti del genere per includere bambini con evidenti bisogni speciali. Tuttavia, l’ABA viene applicata individualmente per agevolare la comprensione di concetti educativi. E’ l’educatore, infatti, che, utilizzando i supporti visivi, stimola il bambino, mentre la classe è impegnata nelle attività scolastiche.
Nella CAA è proprio la classe, viceversa, la risorsa più importante per l’inclusione dello studente con bisogni complessi. I compagni, ad esempio, possono essere dotati ed indirizzati con naturalezza all’utilizzo di strumenti volti ad abbattere, usando la lavagna, il muro del silenzio. In questo modo tutti possono avere accesso alla vita sociale, didattica ed educativa della scuola.
Come in altri casi, in quello della Comunicazione Aumentativa e Alternativa è l’attivazione di una rete di scambi e risorse, da cui la famiglia non può ritenersi avulsa, che promuove una forma autentica di inclusione.
Per un esempio pratico, rimando all’ottimo lavoro di Serena che può essere una valida guida per attività in classe.
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