La neuroestetica come disciplina scientifica che studia l’esperienza sensibile, deriva dall’estetica tradizionale. Il campo d’indagine si divide tra teoria della percezione e teoria del gusto o del bello. Edoardo Boncinelli e Giulio Giorelli, autori dell’articolo pubblicato nel libro “Immagini della mente” di Giovanni Lucignani e Andrea Pinotti, con il loro contributo spiegano il modo in cui il nostro cervello interpreta la realtà, alla luce della selezione delle informazioni che gradisce e di quelle che rifiuta, attraverso i sensi. È il libero arbitrio della nostra mente.
Tra mente e cervello
Siamo fatti di anima e corpo. O, se preferite, di mente e cervello. Che la mente origini nel cervello può addirittura apparire banale per alcuni e scandaloso per altri. Qualunque sia la posizione, le scienze oggi chiariscono che il cervello è un organo molto complesso, costituito da un enorme numero di cellule. La sola corteccia cerebrale è composta da cento miliardi di cellule nervose, cellule speciali, fatte per comunicare tra di loro attraverso le sinapsi. Ogni neurone si stima che sia in contatto con altri diecimila neuroni, per un milione di miliardi di connessioni.
Una parte di questi contatti è patrimonio genetico dell’individuo. La parte restante è imputabile alle esperienze di vita, all’educazione, alla formazione, agli apprendimenti. Solo una minima parte di tali connessioni, infine, è del tutto casuale. Tramite lo stabilirsi di questi contatti e il rinsaldarsi degli stessi, ad esempio, si impara a parlare una lingua, a riconoscere i volti, ad apprendere nuove nozioni che permettono di affrontare la vita con relativa efficacia.
Nessun doppione
Dato il gran numero di neuroni, dunque, e data l’eterogeneità della modalità con cui si determina il corredo neurale, risulta chiaro il motivo per cui non esistono due cervelli uguali. Piuttosto, la combinazione di
- corredo genetico,
- esperienza di vita e
- una non trascurabile componente casuale
fanno del cervello di ognuno qualcosa di irripetibile. Da tutta questa complessità, che risiede alla base dell’incredibile numero di connessioni sinaptiche, trae origine l’autonomia del comportamento. Gli organismi inferiori, infatti, sono in larga parte vincolati a risposte stereotipate e istintuali. Nell’uomo, viceversa, con l’aumentare della complessità, si riduce l’importanza relativa delle risposte istintuali (che restano comunque presenti) rispetto alle risposte più complesse.
Sono proprio queste ultime che indicano il livello di “libero arbitrio” di tutte le specie viventi, in funzione del grado di complessità delle strutture del cervello di ognuno.
Il libero arbitrio
Questa linea evolutiva gerarchica indica il livello di libertà dagli istinti degli esseri usualmente definiti superiori rispetto a quelli inferiori. Un uomo è, in altre parole, più libero di un cane che è più libero di una rana che è più libera di un lombrico e via dicendo.
Tale idea evolutiva di libertà è la premessa degli studi sulla neuroestetica che, di fatto, risolve il dibattito sulla presunta contrapposizione tra una mente in grado di elaborare le informazioni e una mente in grado di produrre significato. L’una, infatti, non può esistere senza l’altra.
Vediamo come funziona.
Le informazioni provengono dal mondo esterno attraverso i sensi. Ma i sensi non riportano fedelmente il mondo, bensì lo interrogano, cercando risposte specifiche a domande altrettanto specifiche. I sensi chiedono se quella cosa sia gialla o azzurra, se una linea sia retta o verticale, orizzontale o inclinata, se quel volto sia sorridente o triste ecc.. La mente umana, quindi, si procura l’informazione attraverso i sensi ma è già definito in gran parte che cosa sia di suo interesse e che cosa no. Per questo riusciamo ad udire i suoni entro una certa frequenza e a percepire la luminosità in un dato spettro: perché le altre sensazioni non interessano alla nostra mente.
Le sensazioni
D’altro canto, le sensazioni in natura non esistono. Esse non sono altro che delle porzioni di realtà modellate dai sensi. Sono, dunque, gli organi di senso che trasformano gli stimoli in sensazioni, del tutto personali. La qual cosa vale per tutte le specie viventi.
Se prendiamo il senso della vista come esempio, diremo che esistono decine di segnali diversi che vengono analizzati separatamente ma in parallelo: alcuni di questi portano informazioni sullo stato di illuminazione della scena, altri suoi colori, altri sulla profondità, altri ancora sulla tridimensionalità e via dicendo. Le informazioni provenienti dal mondo circostante, dunque, nascono sempre come informazioni in parallelo, complete, ma, in un secondo momento, vengono trasformate in informazioni in serie, allorquando arrivano alla coscienza.
La strozzatura della clessidra
La stessa coscienza, scrivono gli autori, è, allora, come la strozzatura della clessidra. È quello il momento esatto in cui le informazioni parallelizzate diventano seriali per un attimo, prima di tornare parallele, perché catturano l’interesse della mente. Quello è il momento (mai automatico e sempre irreversibile) in cui riceviamo conferme o smentite circa le nostre aspettative.
- Se le aspettative sono confermate, la bolla di coscienza resiste e le informazioni vengono inviate alla memoria, in modo parallelizzato, con grande efficacia.
- Se c’è discrepanza tra aspettative e risultati, la bolla collassa e le informazioni vengono inviate alle memoria con scarsa efficacia.
Da qui inizia un nuovo presente, una nuova avventura interpretativa.
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