L’apprendimento efficace viene oggi spiegato con la teoria della mente e con l’empatia. Nasce così l’apprendimento personalizzato, ovvero un apprendimento che si adatta alle aspettative, agli interessi e alle capacità di chi vi è esposto. La svolta arriva con la Scoperta dei neuroni specchio ad opera di Giacomo Rizzolatti che svela alcuni dei segreti del funzionamento della nostra mente. “L’unica cosa di cui siamo assolutamente certi”, afferma Rizzolatti, “è che siamo coscienti. Non vi è dubbio però che, accanto a processi di cui siamo consci, vi sono altri processi di cui non siamo conosci. Anzi, la gran parte della nostra attività mentale si svolge in maniera incosciente. E la logica conclusione è che noi abbiamo due tipi di processi mentali, o se si vuole, due menti, una che agisce e una che esperisce quello che fa l’altra mente o quello che fa lei stessa.”
Due menti
L’evoluzione dei mammiferi superiori ha potentemente arricchito le funzioni del sistema motorio, facendo in modo che la mente-che-agisce (caratterizzata dal prodotto) sia sempre di più anche una mente-che-esperisce (caratterizzata dall’informazione) e viceversa.
Appare, allora, è evidente che la bolla di coscienza che rende seriali le informazioni si interrompe e invia le informazioni alla memoria in maniera inefficace quando la mente non percepisca che le informazioni esperite attraverso i sensi siano traducibili in azioni, in atti motori. Quando, in altre parole, le informazioni non siano utilizzabili.
Queste conoscenze rimandano a due temi importanti che sono strettamente collegati con l’apprendimento, come esperienza sensoriale capace di produrre insegnamenti utilizzabili per astrazione.
- La base motoria dell’apprendimento e
- il coinvolgimento delle emozioni per empatia (che a sua volta si basa sull’elaborazione motoria e imitativa di atti sensoriali, come vedere qualcuno compiere un’azione o comprenderne, sul piano comunicativo e relazionale, l’intenzionalità).
L’apprendimento
Apprendere, dunque, significa mettere in azione, in movimento (e-mozione), utilizzare informazioni. Ma, d’altro canto, per apprendere bene informazioni trasmesse dalla sensorialità significa coinvolgere in parallelo sia la mente che esperisce sia la mente che agisce. Il che garantisce una efficace archiviazione in memoria delle nozioni apprese.
Come, d’altronde, esattamente all’inverso, coinvolgere il corpo durante l’atto dell’apprendimento aiuta a consolidare informazioni che vengono acquisite in modo parallelizzato, anche grazie al coinvolgimento della sfera emozionale e, dunque, degli stati d’animo esperiti.
In entrambi i casi, e necessario disturbare i neuroni specchio.
Scoperti dai ricercatori dell’Università di Parma all’inizio degli anni ‘90 del secolo scorso, sono dei neuroni specializzati che hanno la sorprendente proprietà di attivarsi sia quando un individuo compie una data azione, sia quando qualcuno la vede compiere da qualcun altro.
Esperire o imitare?
Nel primo caso, l’attivazione di questi neuroni ha un evidente significato funzionale, dal momento che si tratta pur sempre di neuroni motori. Il punto è spiegare come e perché, in base allo stimolo visivo (ovvero, in base all’osservazione di un’azione compiuta da qualcun altro), essi si attivino esattamente nella stessa maniera. L’idea è che tale attivazione rifletterebbe, nella mente di chi osserva (e siamo nel secondo caso), l’evocazione di un potenziale atto motorio che consente di comprendere il significato intenzionale dei movimenti altrui e di percepirli come azione autonoma.
In tal caso, dunque, si tratta di una forma di comprensione pre-linguistica che aiuta l’apprendimento nella sua forma più primitiva e che spiega la stessa base motoria dell’apprendimento (dall’esperienza, poiché legata soprattutto alla modalità visiva, ma anche a quella uditiva, come spiegato dalla più recente scoperta dei neuroni specchio acustici).
Il sistema specchio
Nell’uomo, il sistema specchio presenta delle caratteristiche particolari. Ad esempio, si attiva non solo in relazione ad atti transitivi, come afferrare o manipolare per un fine specifico, ma anche in relazione ad atti comunicativi e a simulazioni degli stessi.
Tutto ciò è spiegato con la capacità tutta umana di imitare non solo un’azione ma anche l’intenzione di un’azione che non è ancora compiuta ma semplicemente prevista. Imitazione riconducibile non solo alla replica di un comportamento osservato ma anche all’apprendimento di un nuovo comportamento per via della previsione dell’intenzione che è a monte. Questo processo si chiama in neuroscienze, come spiegano nel libro “Immagini della mente” gli autori Giovanni Lucignani e Andrea Pinotti, mentalizzazione, cioè decentrarsi da se stessi e pensare con la testa di un’altra persona.
- La mentalizzazione è alla base della teoria della mente e dell’empatia (cognitiva, in questo caso).
- Con il nome di empatia relazionale sono, inoltre, a noi note le implicazioni relazionali e comunicative del processo imitativo,
- mentre il coinvolgimento dei neuroni specchio nella condivisione delle emozioni (primarie, come paura, dolore e disgusto) dà origine all’empatia emozionale.
L’empatia e l’arte
Quando di parla in maniera generica di empatia, tuttavia, ci si riferisce ad una particolare condizione mentale che permette alle persone di sintonizzarsi con gli stati d’animo altrui e di sentirli per risonanza emotiva. Competenza che, va detto, sconfina in tutte condizioni della mente. Nel processo comunicativo, ad esempio, agganciare le emozioni degli altri sul medesimo piano e sintonizzarsi con esse agevola il flusso delle informazioni e la sua continuità (in entrambe le direzioni).
Una delle più significative esperienze d’empatia ce la offre la storia dell’arte.
Quando, infatti, si osserva un’opera d’arte, c’è sempre una ri-creazione interiore degli stati d’animo (Jean Pierre Changeux, 1994), nel senso che lo spettatore non rimane mai passivo davanti al dipinto. Piuttosto, quando egli incontra l’opera, su di essa vi proietta uno stato interiore. Fissa, infatti, dapprima la sua attenzione su di una parte del dipinto, successivamente su di un’altra, attribuendo a una certa figura un significato, un certo valore simbolico ad ogni oggetto, al punto di attribuire
- stati mentali,
- emozioni e
- intenzioni
ai personaggi che popolano l’opera.
La teoria della mente
Il gioco della mentalizzazione avrebbe, dunque, poca presa senza una preliminare condivisione “sensori-motorio-emotiva” che rappresenta la prima forma di attribuzione di significato. Infatti, da spettatori, non abbiamo bisogno di conoscere o riconoscere un personaggio come tale, di saper la storia per entrare in sintonia con l’opera d’arte. Essa ci affascina, ci cattura, ci coinvolge, come se qualcuno allungasse una mano fuori dal dipinto per afferrarci e tirarci dentro.
Che il corpo altrui sia reale o solo dipinto attraverso linee e macchie di colore, esso, offerto alla nostra percezione, acquista senso perché suscita un repertorio di emozioni e azioni.
Azioni ed emozioni sono costitutive dei significati che attribuiamo a quelle parti del mondo che abitiamo e che popoliamo insieme con gli altri. Per questo, è importante conoscere ed apprezzare le valenze comunicative delle emozioni e delle opportunità di contatto che esse offrono tramite il processo motorio e imitativo che chiamiamo empatia e che sono alla base di ogni nuovo apprendimento funzionale ed efficace.
- Mettersi nei panni degli altri,
- ascoltarli e
- comprenderne le motivazioni
sono, infatti, le chiavi di ogni relazione. Anche di quella educativa.
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