Non accade e forse non accadrà mai. Ma sarebbe ideale che ci fossero i test psicoattitudinali anche per selezionare gli insegnanti. Solo così sarebbe attuabile una strategia di prevenzione primaria del burn-out. Ovvero, individuare in fase preliminare gli elementi di rischio nei tratti di personalità che hanno maggiore probabilità di sfociare in stress lavoro-correlato. L’alternativa, una volta immessi in ruolo, è creare idonei percorsi, come teorizzato da L. R. Mosher e L. Butti che raccomandano di utilizzare tecniche specifiche di prevenzione del burn-out. Ecco quelli più significativi.
Esercizi didattici mirati
L’équipe può impegnarsi in esercizi didattici, guidati da un esperto esterno, centrati su argomenti specifici e finalizzati all’acquisizione di nuove conoscenze e tecniche per ridurre lo stress professionale.
Inserisco questa voce al primo posto perché sempre più spazio viene assegnato dalle scuole alle attività laboratoriali creative per l’aggiornamento dei docenti. Nel corso di un aggiornamento così concepito, l’insegnante può apprendere giochi creativi ed esercizi basati sul movimento corporeo che possono portare alla luce dimensioni intime della personalità che favoriscono lo stress. Prenderne contezza, infatti, è già in sé un agire preventivo.
Gruppo staff
Attivazione del gruppo per la soluzione dei problemi (detto gruppo staff). Al bisogno, gli insegnanti di ogni classe si riuniscono e affrontano i problemi che sorgono tra colleghi. Le riunioni diventano una sorta di terapia per i partecipanti che hanno, così, modo di chiarirsi utilizzando momenti e spazi predefiniti. E’ sempre meglio che il gruppo sia coordinato da un consulente esterno.
Gruppo di discussione
Discussione dei casi problematici con consulente. Regolarmente l’équipe si riunisce per discutere i casi difficili e complessi. Ad esempio,
- decidere in merito alle segnalazioni dei casi di sospetti disturbi dell’apprendimento,
- modalità di comunicazione con le famiglie,
- preparazione dei colloqui scuola-genitori,
- adattamento della didattica ai bambini con autismo, disabilità e bisogni educativi speciali ecc..
L’incontro può riguardare questioni legate ai singoli o alla classe e deve coinvolgere gli eventuali insegnanti di sostegno. Deve, inoltre, sostenere le posizioni individuali degli insegnanti, con le loro divergenze, senza perdere di vista l’obiettivo di far emergere alla fine un consenso di gruppo. Questo gruppo è bene che sia condotto dal Dirigente Scolastico o da un consulente che conosce gli studenti. Scopo principale è sviluppare approcci individualizzati ai problemi specifici di ogni ragazzo, con particolare riferimento alle relazioni con la sua famiglia.
Aggiornarsi per apprendere nuove tecniche
Cioè, apprendere nuove tecniche per progettare strategie educative alternative o integrative. E’ il compito dell’aggiornamento, in genere. Ad esempio, in occasione di attività di laboratorio basate su esercizi didattici mirati, nel corso delle supervisioni o durante le discussioni dei casi. L’importante è che gli insegnanti vi prendano parte e che mettano in pratica le nuove tecniche apprese, sia in classe che con i colleghi.
Supervisione
Il momento più delicato (e più importante) di un’attività di prevenzione è, probabilmente, la supervisione. Monitorare le condizioni psichiche degli insegnanti, in relazione alle problematiche dei diversi territori e contesti sociali in cui le scuole insistono, è compito di un consulente esterno. La realtà dei fatti, tuttavia, dice che, nonostante questo agire sia l’ideale e il benessere nei luoghi di lavoro a forte rischio di stress sia sempre da incoraggiare, all’atto pratico, questa dimensione viene del tutto trascurata.
Vuoi perché il Dirigente Scolastico non dispone quasi mai di risorse extra per pagare uno psicologo, vuoi perché gli insegnanti non partecipano a ciò che non sia strettamente necessario. I docenti, infatti, hanno le giornate strapiene di attività curriculari e non: devono, perciò, sacrificare qualcosa. E cosa scelgono di sacrificare? L’attività più importante di cui avvertono il bisogno quando ormai è tardi e il danno è fatto. Spesso è l’Arti Terapeuta che può sopperire alla mancanza di un supervisore.
Assegnare uno spazio di espressione, ad esempio, in laboratori creativi permette di glissare sulla necessità dello psicologo e di associarvi l’apprendimento di nuove tecniche con esercizi didattici mirati.
Io ottengo ottimi risultati nel mio lavoro con il Metodo Autobiografico Creativo con la Tecnica della Fiabazione. Attraverso la narrazione di sé con il medium artistico, ogni insegnante si ritaglia quello spazio che è un piccolo sasso nella costruzione dell’edificio del proprio benessere. Anche quando le tecniche risultano difficili da replicare.
Attività extra-scolastiche di coesione
Feste, cene periodiche tra colleghi, coltivazione delle amicizie nel gruppo fuori dalla scuola sono un altro modo per assicurare fiducia, coesione e benessere. E rappresentano un efficace sistema di prevenzione del burn-out.
I Dirigenti è meglio, tuttavia, che si chiamino fuori da questi momenti di condivisione tra pari per non falsare le dinamiche relazionali all’interno del gruppo.
Cosa fare quando è troppo tardi?
Cosa può fare un insegnante quando riconosce in sé i sintomi del burn-out? Intanto, va detto che il rimedio più efficace per combattere il burn-out è la prevenzione. Ma, se si dovesse arrivare alla cura, il modo migliore per affrontare la situazione è attuare un cambiamento significativo nei modi di intendere e di svolgere la professione.
Poiché la causa è tutta lì, infatti, solo agendo su di essa, con tutte le sue dimensioni e implicazioni personologiche, trasformandone i fattori eziologici, si possono arginare gli effetti. In tal senso, non può che avere esiti positivi un percorso personale di Counseling o l’iscrizione in una scuola di Crescita Personale o di Arti Terapie.
In questo modo l’insegnante
- troverà stimoli a mettersi in gioco in quello spazio di espressione.
- Al contempo potenziando le dimensioni del sé che hanno bisogno di maggiore sostegno e
- sviluppando nuove competenze professionali.
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