La pratica autobiografica è raccontare a se stessi di sé. È parlare della propria formazione umana, spirituale, religiosa, intellettuale, valoriale, con un unico fine: rispecchiarsi in se stessi (e nella stessa formazione di vita) con modalità meno episodiche di quella praticate fino al momento dello svelamento. L’incontro con i momenti apicali della storia personale, allora, offre occasioni nuove di conoscenza (di sé e del mondo). La memoria può così essere rivisitata con modalità differenti che producono, indifferentemente, atti cognitivi o emozionali.
Il rimemorare complessivo
Ecco i quattro momenti di quello che Duccio Demerio chiama il “rimemorare complessivo” che governa la pratica autobiografica.
- Rievocare (come accade nell’attività della scrittura dell’aneddoto o nel disegno della stanza del Metodo Autobiografico Creativo) è l’incontro intimo con le esperienze sensoriali significative e che si riteneva fossero svanite.
- Ricordare (come accade nell’attività dei Monumenti dell’anima del Metodo Autobiografico Creativo) è riportare al cuore le esperienze cariche di emozioni.
- Rimembrare (come accade nell’attività della realizzazione della copertina del romanzo della vita e del collage della storia immaginaria per il Metodo Autobiografico Creativo) letteralmente è “mettere insieme le membra dei ricordi sparsi”: significa ricostruire i tasselli esistenziali del percorso di vita.
- Rammentare (come accade nell’attività della scrittura della fiaba del Metodo Autobiografico Creativo) è la ricostruzione del percorso degli apprendimenti lungo gli eventi più significativi della crescita personale.
È quando si siano attraversati questi momenti, in cui memoria e ricordi si mescolano, che si accende il potere estatico della reminiscenza come vissuto ritrovato nel presente. Questa esperienza autobiografica porta finalmente dal sé individuale al sé come specie umana.
La pratica autobiografica
La pratica autobiografica, dunque, non è mai un passatempo. Ha poco di ludico qualcosa che guida dalle retrovie il nostro pensiero e le nostre azioni. A noi è data l’alternativa tra
- credere di aver definitivamente obliato elementi che appartengono alla nostra storia oscura e
- convincerci che nel movimento mentale che chiamiamo “memoria” sia impresso una sorta di algoritmo che spiega come può ciò che siamo stati, che oggi siamo e che saremo nel futuro.
Ecco: è l’autobiografia che ha il potere di portare alla luce e di esplorare tutti gli eventi della rinascita creativa, sia cognitiva che affettiva, che è la crescita personale.
Resta vero, allora, che il lavoro autobiografico è molto impegnativo e fortemente dispendioso. Bisogna volerlo ma aiuta anche essere educati dalla famiglia all’importanza del ricordo e del racconto del passato come rete di episodi narrabili. Altrimenti, cogliere il senso del presente e programmare il futuro è impresa assai difficile.
Aspetti del lavoro autobiografico
Ogni aspetto del lavoro autobiografico porta a questo risultato, secondo una sequenza che Demetrio individua in quattro passaggi:
- autologia, come rivisitazione del pensiero endofasico,
- autografia, esplorazione di brevi scritture aneddotiche su di sé, entrambi aspetti delle vita esteriore,
- autobiologia (che segna l’ingresso nel mondo interiore della persona), riorganizzazione mentale di momenti apicali dell’esistenza,
- autobiografia, come trascrizione con registri intimistici di eventi salienti della vita.
Il racconto di sé lungo tali fasi, e in qualunque modo si presenti, è un evento intenzionale (che agisce essenzialmente sulla memoria). Cioè, occorre desiderare di raccontare di sé. Ma esiste una specifica modalità autobiografica, quella creativa, che è prevalentemente preterintenzionale (che agisce essenzialmente sul ri-cordo), cioè va oltre le intenzioni dell’autore. Ai nuovi orizzonti di senso l’autobiografia creativa conduce attraverso lo svelamento in forma di domanda davanti all’imprevedibile che si palesa con
- un disegno o
- un lavoro plastico o
- una fiaba,
perché una narrazione di tal fatta segue codici analogici (quelli preferiti per la messa in forma immediata delle emozioni), prima di essere tradotta con codici digitali. Un passaggio in più, dunque, appannaggio dell’autobiografia creativa che arricchisce di verità impreviste il messaggio svelato.
Eventi autobiografici
Ogni autobiografia trova espressione attraverso una grande varietà di stili e di modalità espressive. Se, ad esempio, prendiamo in considerazione quanto accade con il processo artistico che è centrale nel Metodo Autobiografico Creativo, ci appare più chiaro come
- scrivere una storia immaginaria,
- disegnare l’ideale copertina del romanzo della nostra vita,
- realizzare il collage della nostra storia fantastica e sognata,
- realizzare un autoritratto o
- riprodurre l’immagine del corpo con mezzi artistici
abbiano, sostanzialmente, la medesima valenza autobiografica.
Nello svelamento che il processo creativo consente, infatti, c’è contemporaneamente una presa di distanza da sé che è impossibile da realizzarsi con l’”oralizzazione interna” dei vissuti. Proprio in questa distanza vive una nuova conoscenza che è il frutto del ritrovamento
- del passato,
- della memoria,
- dei ricordi,
- delle rimembranze,
della ricostruzione di eventi significativi della nostra storia di vita che permettono all’individuo di emanciparsi rispetto al peso emotivo di ciascuno di essi proprio per effetto dell’atto catartico del mezzo grafico (la scrittura come altre forme di arte visiva) che trasforma l’autobiologia in autobiografia.
Scoprirsi diversi e piacersi
Il senso è molto chiaro: chi rimugina sul proprio passato con mille parole al vento non si affranca mai dai propri stati d’animo, spesso dolorosi, legati a trascorsi che non si dimenticano. Per contro, chi affronta la fatica autobiografica si scopre un’altra persona. E scopre, soprattutto, di poter pacificare i propri conflitti interiori perché potrà rileggere quei vissuti come se appartenessero a qualcun altro che, a questo punto, ha voglia di conoscere.
Esiste, dunque, un solo, vero, genere autobiografico che si fonda sull’intento esplicito di lasciare traccia di sé, anche dopo la morte, per dimostrare di essere stati diversi da quanto altri abbiano a lungo ritenuto. Ma tutto parte dal monologo interiore che, con il tempo, evolve in pratica autobiografica. Nel lavoro con i Monumenti dell’anima, un’attività del Metodo Autobiografico Creativo, ad esempio, il monologo interiore è il primo passo verso la pratica autobiografica. Con il lavoro artistico, la persona dà forma ai vissuti personali. Attraverso la condivisione con il gruppo, quel monologo diventa dialogo perché il partecipante va incontro a uno svelamento di sé, agevolato dalle parole degli altri ma pur sempre testimoniato da un lavoro visibile che si è evoluto e affrancato (al pari di quanto accade con la scrittura) dal suo stato primordiale di endofasia.
Arriva così la consapevolezza della maturità (che in molti oggi chiamano “crescita personale”) che è propria della vita adulta, “Sempre ammesso che la maturità sia davvero una condizione esistenziale che non ha paura di ricordare, che anzi desidera trasformare una vita di ricordi in scrittura per sé e per i posteri.” (Duccio Demetrio, La scrittura è silenzio interiore)
























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