Sensi di colpa e reazioni aggressive molto spesso dipendono dall’autostima. Persone centrate, capaci di autocontrollo e ben strutturate rispondono in modo proattivo alle sollecitazioni esterne che, nei casi contrari, svelano la mancanza di armonia. Poiché il nostro è un tempo schizofrenico, in cui le persone non posseggono un solo Io ma più Io, ognuno dei quali reagisce in modo diverso alle provocazioni dell’ambiente, nella maggior parte dei casi i comportamenti incontrollabili possono essere ricondotti ad un problema di autostima. Non possedere, infatti, una chiara e realistica visione di sé, fa sì che la persona aderisca ad un’immagine idealizzata che si sovrappone al vero Io. Ma, in questi casi, l’Io è disarmonico e troppo facilmente si svela davanti ai piccoli, grandi conflitti della quotidianità. I percorsi di consapevolezza emotiva, anche in questo caso, si rivelano molto efficaci per restituire all’individuo la corretta immagine di sé e per ripristinare benessere e pace interiore.
L’autostima
L’autostima è il grado di apprezzamento che ognuno ha verso se stesso. È, dunque, una valutazione del proprio valore, che risponde alla domanda “che cosa penso di me?” Questa condizione è il risultato di un processo lungo e soggettivo che comporta una continua valutazione di se stessi, attraverso l’autoapprovazione del proprio valore, fondata su percezioni soggettive.
Da una parte, dunque, l’autostima influenza la vita dell’individuo, dall’altra è l’individuo che determina i suoi stessi livelli di autostima (e il senso che le attribuisce), per effetto dei quali influenza fortemente la sua vita di relazione.
Percorso bidirezionale che ritroviamo nelle caratteristiche essenziali dell’autostima: da una parte una componente soggettiva (proprio la soggettività la caratterizza come il risultato di una personale percezione, dinamica e mutevole nel tempo, mentre il nostro impegno diventa quello di cercare di mantenerla in costante equilibrio), dall’altra una componente relazionale (le relazioni che ognuno intrattiene con il mondo esterno, infatti, vengono interiorizzate e rielaborate dall’individuo, il che contribuisce a determinare il giudizio di sé).
Studi di riferimento
A partire dalla metà degli anni novanta del secolo scorso e fino alle teorie più recenti, molti studiosi si sono occupati di autostima, di come accrescerla o mantenerla.
Uno dei contributi sul tema tra i più significativi dell’era moderna è, dunque, lo studio condotto da Campbell e Lavallee (1993), ricercatori di Psicologia Sociale dell’Università di British Columbia, i quali spiegano che il senso di autostima è legato ad uno stato di benessere psicologico (esattamente come la mancanza sia legata ad una condizione di malessere), in quanto capace di influenzare l’individuo su più livelli. E, cioè:
- l’aspetto cognitivo,
- la motivazione,
- le emozioni e
- il comportamento.
Davanti allo specchio
In particolare, all’origine dell’autostima, secondo Alice W. Pope (1992), c’è un confronto tra l’immagine che ognuno ha di sé e l’immagine di quello che vorrebbe essere: in tale chiave di lettura, il livello di autostima è tanto più elevato, quanto più l’immagine di sé è vicina all’immagine di ciò che si vorrebbe essere.
Anche William James definisce, del resto, l’autostima come il rapporto tra il Sé percepito e il Sé ideale. Questo dimostra perché gli individui che presentano un basso livello di autostima, e, quindi, non sono (o non si vedono) come vorrebbero essere, tendono a manifestare insicurezza intorno al proprio valore e alle proprie qualità.
Problemi di autostima?
Si tratta di persone che
- evitano molto spesso di prendere decisioni,
- non mettono in atto determinate azioni, poiché sopraffatte dalla paura di sbagliare e dalla convinzione di non essere adeguate,
- attribuiscono i fallimenti a fattori interni (colpevolizzandosi) e il successo a cause esterne (per non illudersi e non subire frustrazioni in futuro),
risultando, così, inefficaci e, in definitiva, vivendo male. Normale, dunque, che chi vive condizioni di malessere non giunga mai ad una vera e consapevole realizzazione di sé.
Al contrario, gli individui che presentano un alto livello di autostima, presentano livelli di sicurezza e convinzione elevati e incrollabili, hanno atteggiamenti positivi e proattivi, oltre ad una ferma convinzione delle proprie capacità.
I valori e la fiducia
La correlazione tra l’immagine di sé e di ciò che si vorrebbe essere comporta, peraltro, la capacità dell’individuo di agire in conformità con i propri valori, ragion per cui, ad esempio, il senso di frustrazione e di delusione attanaglia e caratterizza gli individui con bassi livelli di autostima (e con poca fiducia, di conseguenza, nel proprio valore assoluto e nelle personali gerarchie valoriali in senso più ampio).
Che fare, allora?
Io ho una mia idea, quella che ho maturato da quando mi occupo di Intelligenza Emotiva con il Metodo Autobiografico Creativo.
Il modo più efficace che ho potuto personalmente sperimentare ruota, infatti, intorno alla scoperta delle risorse creative della persona che svelano le chiavi di accesso ai processi emozionali associati all’autostima.
La creatività cura l’autostima
Così, nei laboratori di Arti Terapie e di consapevolezza emotiva e crescita personale con il Metodo Autobiografico Creativo, tante persone si pongono davanti allo specchio e mediano il dialogo con se stesse.
Accade così, naturalmente e senza forzature, nella magia creativa della scrittura di una storia di fantasia o di un prodotto artistico spontaneo, che si incontri l’antagonista, il nemico interiore simbolico, il freno emotivo che blocca l’autorealizzazione.
E’ in quel momento che si rafforza quello che Susan Harter (1983) definisce sistema di sé, come
- concetto di sé,
- autocontrollo e
- approvazione esogena.
Nel faccia a faccia con se stessi, facilitato dal gioco creativo (che si basa sulle piccole capacità “del fare“), infatti, si realizza l’incanto della presa di coscienza di sé, dell’avvicinamento alle parti profonde e nascoste della personalità, del contatto con le emozioni bloccate, represse che limitano il potenziale personale. E che, in persone con bassa autostima, fanno reagire la maschera sociale, l’unica che ha davvero bisogno dell’approvazione degli altri.
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