Raffigurare se stessi ad occhi chiusi fa emergere molte dimensioni interiori che vanno ben oltre la percezione del corpo. Anzi, lo schema corporeo crea simboli che parlano al suo autore (o alla sua autrice) e, soprattutto, del suo autore. Ecco che le immagini che vengono fuori sono di una straordinaria efficacia per raccontare quali parti della personalità emergano. Si tratta sempre del qui ed ora del momento in cui il lavoro viene realizzato ma è, in ogni caso, la foto di uno scorcio di esistenza. Tu cosa vedi subito in quest’immagine?
Lasciami un commento
Che sensazione ti trasmette? Osserva attentamente e scrivi quali emozioni ti suscita. Va bene la prima cosa che ti viene in mente. Scoprirai cose interessanti su di te. L’autore crede sempre di raccontare qualcosa di sé ma poi scopre di aver “detto” molto di più. L’elemento sorpresa è ricorrente nei miei laboratori sul #MetodoAutobiograficoCreativo.
Se ti va di dare il tuo contributo con un commento, dì semplicemente quello che ti arriva guardando questa figura. Ma attenzione: potrebbe accadere di proiettare tuoi stati d’animo sul lavoro che stai osservando. Cerca di mantenere l’obiettività. Non è una questione di sesso. Può accadere indifferentemente se sei un uomo che osserva una figura femminile o una donna che osserva una figura maschile.
Vissuti personali in forma simbolica
Vale, dunque, in tutti casi. I vissuti di ognuno di noi non hanno sesso: emergono sotto forma simbolica. La cosa difficile é dare un nome a ciascuno di essi. In fondo, le persone, credono di conoscere gli altri ma attribuiscono loro propri oggetti interni. In altre parole, proiettano su altri degli elementi percepiti come propri ma di cui si ha, spesso, scarsa consapevolezza. Il che restringe il campo obiettivo di osservazione dell’altro. Il motivo è che, principalmente, noi non consociamo i nostri stati emotivi. Dunque, valutiamo le relazioni e gli altri sulla base di un ristretto vocabolario emotivo che, invece, è fondamentale per la comprensione del mondo intorno. Bisognerebbe essere distaccati e non “inquinati” dalle personali mappe mentali. Essere inquinati dalle proprie emozioni, in fondo, ingenera aspettative, mentre sarebbe molto più utile accostarsi alle relazioni, per dirla con Bion, senza memoria né desiderio.
E’ questa conoscenza parziale che inibisce
- l’ascolto,
- l’attenzione,
- la comunicazione,
- la comprensione.
Tutto ciò che serve per poter dire di conoscere davvero se stessi e gli altri.
Molto di più di un gioco
Allora, iniziamo? Osserva attentamente la figura nella foto. Ti aiuto con alcune possibili domande a cui puoi provare a dare una risposta. La tua. Nessuna interpretazione. Si tratta, lo ripeto, di semplice osservazione ma è un esercizio utile a scoprire se tendi ad attribuire ad altri le tue emozioni. Se vuoi sapere qualcosa sulle premesse a questa attività, ti invito a leggere l’introduzione al lavoro sulle immagini dal corpo.
Chiediti, dunque:
- Che cosa noti subito?
- Che cosa potrebbe significare, secondo te, quello che hai notato subito?
- Che sta facendo?
- E’ una figura statica o in movimento?
- Che emozioni ti suscita?
- Che storia ti racconta?
- Ti va di aggiungere qualcosa?
Attenti alle proiezioni
Adesso chiediti se qualcuna delle risposte che hai dato appartiene alla tua storia personale. Se è così, potrebbe essere una proiezione. Potrebbe. Il video sottostante ti dirà se è così. Dunque, metti in conto di doverla scartare.
Solo alla fine guarda questo video in cui potrai trovare conforto al tuo… punto di vista! Ricorda: solo conoscendo se stessi si può imparare a conoscere gli altri.
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