Il 25 novembre 2020 muore a sessant’anni Diego Armando Maradona, idolo argentino del Napoli Calcio, della città di Napoli e della napoletanità, il più grande calciatore di tutti i tempi. Personaggio controverso e amato, Maradona incarna ancora oggi il riscatto delle periferie a cui ha saputo dare il colore di giocate e trionfi memorabili. In sua memoria, solo quattro giorni dopo, il 29 Novembre, il Napoli affronta la Roma indossando una maglia celebrativa ispirata a quella originale della Nazionale Argentina. Tutta la nazione argentina, con gli spalti deserti dell'ex San Paolo di Napoli, oggi Stadio Maradona, tifa per i partenopei. Tutto il mondo degli appassionati di calcio segue la partita nel ricordo del “Pibe de oro”. La partita finisce 4-0 per i padroni di casa e viene sbloccata dal “piccolo gigante” Lorenzo Insigne, un “10” naturale, su calcio di punizione, specialità del grande Diego a cui viene dedicato il gol. È solo un caso o possiamo immaginare l’influenza energetica che il pensiero collettivo, amplificato dall’onda emotiva, ha esercitato sulla motivazione e nelle gambe dei biancazzurri?Continua a leggere
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Fragile è il corpo femminile
L'immagine di copertina è una lavoro realizzato da una partecipante ad uno dei miei laboratori formativi sul Metodo Autobiografico Creativo per la consapevolezza di sé e l'intelligenza emotiva. Si intravede un corpo femminile di spalle. E' rotto, fatto a pezzi che, a fatica, si tengono insieme. Il fotogramma di un istante di vita in cui emerge tutta la fragilità del mondo interiore e la fatica di trovare un centro, un equilibrio. L'aspetto straordinario è che questo manufatto è prodotto a occhi chiusi: per questo appare come frantumato, perché precipitato dall'alto: l'autrice non ha il controllo su quello che crea, per questo si presenta vero e immediato. Mi torna utile per proporre un contributo liberamente tratto da "Le parole che ci salvano", il libro di Eugenio Borgna (che ha ispirato la mia conferenza omonima) che, tra gli altri temi, affronta quello della fragilità della femminilità.Continua a leggere
La gioia e la tristezza: emozioni contro?
Perché la gioia è così fugace, mentre la tristezza può durare tanto a lungo? Attimi come ore, giorni... Vite intere, certe volte. Siamo programmati per evoluzione a perseguire la gioia e la felicità. Abbiamo bisogno degli stati d'animo piatti e bui per ricordare a noi stessi quanto sia bello esplodere di gioia. E' il nostro cervello che deve rinnovarsi il piacere della felicità, procurandosi le scariche di dopamina per inseguire l'attimo che verrà. Quello gioiso. E' un codice innato che lega indissolubilmente quelle che, comunemente, vengono considerate emozioni opposte, "emozioni contro". La gioia, infatti, non esisterebbe senza la tristezza. E la tristezza non avrebbe senso, se non evolvesse nella gioia. Approfondiamo la conoscenza di queste due emozioni con un momento lirico, liberamente tratto da "Le parole che ci salvano" di Eugenio Borgna che ha ispirato la mia conferenza omonima per imparare a comunicare con intelligenza emotiva.Continua a leggere
Comunicare con intelligenza emotiva per salvare le relazioni
Comunicare con intelligenza emotiva vuol dire seguire il flusso delle emozioni che, dalla consapevolezza di sé guidano verso l'empatia, per ottenere il massimo dalle relazioni. E per dare il massimo alle relazioni. Vivere in armonia con se stessi, infatti, è la miglior condizione possibile per instaurare legami felici e duraturi. La conflittualità dei nostri tempi, in cui siamo così distanti dal benessere, svela, tuttavia, il distacco con cui ci rapportiamo agli altri. Il motivo è che, senza possedere coscienza della vita emotiva, immaginare i bisogni degli altri è una via senza uscita. Per questo le relazioni sono oggi così difficili. Vediamo, allora, come si riconosce chi è capace di comunicare bene, di condividere se stesso con gli altri.Continua a leggere
Ti vedo, non ti vedo: l’intrinseca fragilità delle relazioni
Tempi malati, relazioni fragili. Niente dialogo. Poche prospettive e relazioni pret-à-porter che si dissolvono nel nulla. In un'epoca degenerata, in cui lasciarsi e odiarsi è fin troppo facile, restare insieme, amici o semplicemente connessi appare davvero un atto eroico. Il motivo è che siamo posseduti dal demone dell'egoismo che distoglie dall'alterità, dall'attenzione e dal rispetto. Per questo, non possedendo più uno spazio interiore per l'altro, ci sentiamo implicitamente autorizzati a sottovalutare il peso delle parole e dei gesti che mortificano e relegano l'umanità nel baratro della più profonda solitudine. Continua, dunque, con una finestra sul mondo delle umane interazioni, il viaggio che abbiamo già intrapreso nel mare magnum della fragilità. Tratto da "Le parole che ci salvano", la mia conferenza ispirata al libro omonimo di Eugenio Borgna.Continua a leggere
Comunichiamo con il linguaggio delle parole, del silenzio e del corpo vivente
Si comunica con il linguaggio delle parole, con quello del silenzio e con quello del corpo vivente. Così, le parole (che sono impegnative per chi le dice, per chi le ascolta, mai mute ma sempre espressive di qualcosa) cambiano di significato nella misura in cui cambiano i nostri stati d’animo. Le parole cambiano il significato nella misura in cui accompagnano il linguaggio della fragilità, quella del corpo vivente, del sorriso, delle lacrime, dei gesti, il linguaggio del silenzio. Perché anche il silenzio parla, se si riesce ad ascoltarlo.
Continua a leggereLa magia delle parole nei racconti di fiabe
Le storie, grazie all’uso delle metafore, aiutano a riscrivere le pagine più sofferte e oscure della vita delle persone. Imparare dalle storie, in chiave simbolica, rende tollerabile il passato, leggero il presente e ridesta desideri e sogni per il futuro. In tal modo, il dolore patito diventa un’opportunità e l’ansia e le tensioni interne diventano energia vitale.Continua a leggere
L’oca indecisa
Anche la felicità e la libertà hanno un prezzo: il rischio. Vivere nella mediocrità dà solo l'illusione di essere al sicuro, al riparo dai pericoli e dalle incertezze. Insomma, non è sempre vero che chi si accontenta gode. Anzi, al contrario, in taluni casi, chi si accontenta non gode affatto. Occorre, piuttosto, avere il coraggio delle scelte, anche quando esse comportano il dover patire lo scotto della sensazione del vuoto sotto i piedi. Lo racconta molto bene questa fiaba, scritta da Antonella, che me ne ha fatto dono alcuni anni fa, nel corso di un mio laboratorio sul Metodo Autobiografico Creativo.
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Quando e perché ci preoccupa il giudizio degli altri?
Quando il giudizio degli altri ci preoccupa? Provo a spiegare in questo articolo quello che solitamente accade nella nostra società che non riesce a sospendere il giudizio, che, viceversa, è sempre vigile e, da molti di vista, regola i comportamenti. Una società schiacciata dal peso del giudizio esterno è necessariamente una società malata, perché sofferenti sono i modelli di relazione che può offrire. Chi dipende dal giudizio altrui, d’altro canto, ha e avrà sempre relazioni sofferenti. Ma, per non subire il giudizio esterno, occorre rinunciare a giudicare. Sempre che ne siamo capaci.
Il giudizio, l'anima e l'Io
Siamo fatti di un’anima e di un governo di sé, l’Io, di una parte istintiva e irrazionale e di una parte razionale, dunque. Se anima e Io sono armonici e saldamente fusi, se, dunque, viviamo una condizione di benessere (la medicina orientale considera malessere la mancanza di fusione tra le diverse dimensioni, ragione ed emozioni, mente e corpo), siamo strutturati, forti e corazzati abbastanza da ammettere che altri possano giudicare come meglio credono, senza che questo diventi un problema.
“L’altro mi vede così? Pazienza. Vuol dire che, per lui o per lei, in questo momento è così. Semmai, io potrò prendermi la responsabilità di mettermi in discussione, riflettendo sulle ragioni che abbiano indotto l’altra persona a giudicarmi così.” Fine del discorso.
Se, però, manca l’io, della personalità emergono le posizioni depressiva e narcisistica, in equilibrio tra le quali vive l’Io strutturato. Queste due parti, però, non sono attrezzate per elaborare il giudizio ma possono solo reagire meccanicamente ad esso (con la rabbia o con i sensi di colpa).
L'immagine di sé
L’Io, quando è presente, infatti, non è legato all’immagine di sé, esattamente come l’anima. Ciò, l’anima e l’Io non sono attaccati a ciò che vogliamo che gli altri pensino di noi ma solo alla realtà, alla verità. Per l’anima e per l’Io, l’immagine è priva di ogni interesse. Poiché, dunque, il giudizio tocca l’immagine di sé, è come se esso si facesse strada tra le maglie larghe di un Io debole che reagisce arrabbiandosi o colpevolizzandosi.
Costruire un’immagine di sé e vedersi disconfermati dal giudizio altrui è come se facesse cadere il motivo della stessa amabilità della persona. Per questo, un Io poco strutturato produce avversione verso il giudizio.
Il punto è che tutti, chi più, chi meno, recitiamo un copione sul palcoscenico della vita. E quando recitiamo diventiamo il personaggio che ci assegniamo. Anzi, secondo le circostanze, diventiamo uno dei personaggi dell’intera compagnia che portiamo in scena. Peraltro,
- più la società sposta l’attenzione sull’apparire,
- più il personaggio interno (l’immagine ideale di sé) si attiva.
- E più ancora pesa il giudizio esterno.
Il giudizio e l'intelligenza emotiva
Indubbiamente, la capacità di resistere al giudizio esterno dipende dalle relazioni d'attaccamento e dal modo in cui esse sono state vissute in età evolutiva. Ma anche da come la personalità dell'individuo si struttura nel corso delle esperienze di vita. Spesso, gestire le emozioni negative suscitate da un giudizio che, attraverso il web e le chat, si manifesta con le più disparate forme di crudele aggressione, è un fatto d'intelligenza emotiva.
Se, infatti, possedere tale capacità aiuta a prevenire la sofferenza che provoca il sentirsi puntati dal dito indice degli altri, gli studi recenti dimostrano che la competenza che chiamiamo intelligenza emotiva può essere allenata e appresa. Le attività creative, ad esempio, aiutano molto a mettersi in contatto con se stessi, come scrivere una fiaba autobiografica, isolando il personaggio interiore e arrivando alla verità che diventa consapevolezza e aiuta a riprendersi un benessere che oggi sempre più facilmente sfugge di mano. Anche a causa del facile giudizio.
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