Che cosa accade agli adolescenti quando sono in gruppo? Come, quando e perché un gruppo diventa un branco? I ragazzi, che trovano nei coetanei la famiglia sociale che li accoglie più di quella naturale, in compagnia si rendono protagonisti di azioni che da soli non compirebbero mai. Il pensiero accomuna molti educatori e studiosi. Tra di essi, Gustavo Pietropolli Charmet, con le cui parole abbiamo già iniziato a trattare l’argomento legato alle difficoltà degli adolescenti, per effetto del cambio del sistema educativo. Adesso facciamo un passo avanti e vediamo cosa c’è dietro le dinamiche perverse che portano i ragazzi a diventare violenti in gruppo per noia o per solitudine.
Il branco e la trasgressione
Nel passaggio dal sistema educativo del genitore normativo a quello del genitore amico, quelli che un tempo erano, per la famiglia,
- valori,
- regole e
- principi
si riducono a semplici stili di vita. Allora, i figli, che pure intenderebbero preservare le relazioni con i genitori amici e gli stili educativi con loro negoziati in casa, quando da adolescenti sono chiamati a scegliere tra la trasgressione (a cui li spingono i coetanei) e la famiglia, scelgono la prima.
Accade così che cedano alla logica del branco, perché sguarniti, non strutturati contro simili avversità esterne e, in fondo, indifesi. Gli adolescenti, infatti, non hanno la forza di proteggere il proprio sé e ribellarsi contro quello che pure pare loro ingiusto. Ecco che la ribellione si presenta sui banchi di scuola.
Le regole imposte dagli insegnanti vengono percepite come non funzionali a perseguire la natura stessa dei ragazzi e il conflitto, complici le famiglie, è servito.
Responsabilità o colpa?
È precisa responsabilità (e, a volte, demerito) dei genitori se i figli diventano ciò che sono, perché è stata offerta loro molta, troppa relazione che soffoca le regole. I bambini, d’altro canto, “autorizzati dalla mamma e sponsorizzati dal papà”, dice Pietropolli Charmet, anche grazie a questo, diventano molto precoci socialmente. Specie se si considera che sono troppo spesso lasciati da soli dai genitori che, al giorno d’oggi, lavorano entrambi e non possono più occuparsi dell’educazione dei figli.
Così i gruppi diventano dapprima le nuove famiglie sociali degli adolescenti (che mangiano, si muovono e si vestono insieme) e, infine, vere superpotenze a cui uniformarsi e, in definitiva, rispondere.
Atteggiamento che accresce la spavalderia che si può osservare nella cultura del selfie: un atto di venerazione di sé che viene impreziosito dallo sfondo e che è “figlio” dei tempi e dei nuovi precetti educativi.
La noia e la solitudine degli adolescenti
Da cosa dipende il fatto che i ragazzi, se possono scegliere tra il gruppo e la famiglia, scelgano il primo? Dal fatto che, molto probabilmente, in un modello educativo come quello attuale, basato su relazioni conniventi per convenienza in famiglia, essere amici dei genitori relega all’isolamento dal contesto sociale i “mammoni“.
E gli adolescenti non vogliono apparire mammoni, benché siano così legati ai genitori, sempre pronti a correre in loro soccorso.
Essere amici dei genitori, d’altro canto, conviene proprio ai genitori:
- i genitori vivono sotto costante stress, non dialogano e non ascoltano più i figli;
- i figli sono considerati competenti socialmente e, come tali, abbandonati a se stessi;
- le famiglie demandano, così, l’educazione dei figli alla scuola, preferendo mantenere con la prole una spendida relazione amicale.
I ragazzi, però, così crescono da soli e, quando vengono chiamati e accolti dal gruppo sociale dei coetanei, cadono tranquillamente nelle trame di quello. Ma, in fondo, accade poiché il gruppo colma dei vuoti:
- si identifica con la trasgressione dei divieti imposti dalle istituzioni (soprattutto dalla scuola) e
- risolve la noia e la solitudine dei ragazzi.
Fattori di rischio dei gruppi di pari
Ma aderire al gruppo presenta anche enormi problemi:
- intanto, è un elevato fattore di rischio (in termini di sviluppo di atteggiamenti antisociali, di bullismo e dipendenza);
- poi, in molti casi, la famiglia sociale è anche la morte dell’amore.
Poiché, infatti, se il gruppo chiama, il ragazzo è tenuto a rispondere, pena l’esclusione, le relazioni a due non devono interferire con il branco. Il soggetto è così grato al gruppo da sottomettersi e accettare di compiere azioni che il gruppo impone e che da solo non compierebbe.
E questo segna anche la fine dell’amore tra gli adolescenti. Infatti, quando questi ragazzi si innamorano, è come se l’amore e l’oggetto d’amore fossero al servizio della maggior realizzazione del sé (che è nel gruppo e con il gruppo dei coetanei). Ecco: le cose sono cambiate. Non è più il sé al servizio dell’amore ma l’esatto contrario. Che si traduce nella fine dell’amore romantico e nell’inizio di quello’amore amicale, di facile uso e immediato consumo.
Il branco non è il gruppo
A chi spetta, dunque, il compito di preservare
- il gruppo come fattore di crescita per l’individuo,
- nonché l’amicizia e le emozioni nel gruppo?
Uscita di scena la famiglia, non resta che la scuola. E poiché non accade, senza strumenti idonei in mano agli insegnanti che aiutino i ragazzi a vivere con intelligenza emotiva, ecco che l’indice viene puntato in quell’unica direzione che, oggi più che mai, avrebbe bisogno di tutto l’aiuto possibile.
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