Ritorna attuale, qualora mai abbia cessato per un solo istante di esserlo, il pensiero del Beato Antonio Rosmini: “Chi non è padrone di se stesso è facilmente occupabile”. Semmai, date le conseguenze dell’effetto mediasfera, oggi più che mai osservabili dall’infinito e variegato riverbero della negatività di una società allo sbando e che emula se stessa solo negli aspetti peggiori, nel degrado dei costumi e nella violenza di un clima da “tutti contro tutti“, in questo preciso momento sappiamo di esser lì a grattare il fondo. E che sarà impresa ardua risollevarsi, se lasciamo alla tv il compito di occupare, con le sue parole deviate, menti troppo poco avvezze ad esser critiche e almeno altrettanto impreparate a interpretare e discernere la spazzatura da quel poco che può ancora essere salvato.
Effetto Mediasfera
Grande dominatore della comunicazione nelle famiglie è proprio la mediasfera. Con la fine del dialogo in famiglia, infatti, la tv accesa riempie i vuoti e i silenzi. In questa atmosfera, tramontate definitivamente le relazioni in nome di un impersonale virtuale, confuso con la realtà da chi non possiede altri mezzi per non sentirsi escluso dal flusso della conoscenza tecnologica e consumistica, gli adolescenti diventano adulti freddi, tecnici e banali.
Ecco che le persone, convinte di essere tutte connesse tra loro, finiscono per diventare degli automi e per accettare passivamente, senza accorgersene, immagini e notizie che, ossessivamente, evocano modelli di vita angoscianti. Perché è così che si esercita il controllo.
In tal modo, infatti, la tv
- diffonde la paura,
- la disperazione,
- detta i tempi della risonanza emotiva agli spettatori e
- inculca modelli di pensiero piatti e privi di senso critico costruttivo.
La profezia di Bauman
In questa parte di mondo, il virtuale, che per definizione è il non esistente rappresentato, viene facilmente confuso con la vita reale. Basta pensarci: è attraverso lo schermo di una tv o di uno smartphone che osserviamo la realtà. Realtà che, tuttavia, potrebbe tranquillamente non esistere o essere diversa da come ci viene proposta (con lo scopo di manipolarci, preoccuparci e indurci all’immobilismo).
E’, in fondo, la profezia della società liquida e de-intellettualizzata di Zigmunt Bauman che si avvera. In questo modello di società tutto coincide, perfino il vero e il falso, esattamente come per tutti gli opposti, inclusi
- il presente e il futuro,
- il sempre e il mai,
- il sacro e il profano,
- l’amore e l’odio,
- la carezza e il pugno.
E’ così che, in fondo, si perde la speranza nel futuro. Se il presente e il futuro sono percepiti come lo stesso attimo e quell’attimo è il flusso in cui bisogna stare, perché
- sperare,
- aver fiducia,
- progettare?
- Perché fare qualunque cosa per un domani che forse non esiste?
Perché, in fondo, temere di pagare domani per aver commesso qualcosa di grave se il domani non è neppure contemplato? Quello che conta è solo l’istante preciso in cui tutto accade. Quell’istante è presente e futuro, sempre e mai allo stesso modo.
Futuro o presente dilatato?
Questo presente dilatato, fatto della velocità a cui si muovono le moderne tecnologie (che sembrano come una conoscenza, se non sostitutiva, almeno complementare rispetto a quella della scuola), fa crollare l’idea di un futuro.
E, senza futuro,
- muoiono i progetti (il sesso usa e getta ha sostituito l’amore),
- crolla il senso stesso delle relazioni,
- muore la fiducia,
- muore la speranza.
Non ha più senso la storia, si è perduto il rispetto per la saggezza, non esiste il confine, la distanza, perché tutto deve essere nel flusso continuo, a pena d’essere negato, cancellato, annullato. Quindi, muore anche
- l’attesa e, con essa,
- il desiderio che è fatto di attesa.
Conclusioni
D’altro canto, in questo habitat multimediale, le emozioni appaiono recluse, calcificate, bloccate. Così, l’unico modo per sentirsi vivi è provare quelle degli altri, quelle che mostra la mediasfera attraverso i reality e ogni altro show delle umane debolezze. Ma, anche questa volta, ci illudiamo che siano le nostre emozioni. Invece, restiamo ancora ingabbiati nella risonanza imposta.
Proviamo adesso a mettere insieme le cose:
- in questa società liquida, consumistica e de-intellettualizzata, la gente non ascolta, non sa più parlare e appare disorientata, confusa e banale;
- chi non sa riconoscere il valore delle parole, soprattutto delle proprie, finisce per subire quelle della tv;
- le emozioni sono negate;
- nuovi modelli che agiscono dal basso, subdolamente, si impongono nelle nostre vite.
Non c’è, allora, da meravigliarsi se siamo arrivati a questo livello di degrado e conflittualità. E che cosa potrà salvarci se non una buona educazione emotiva e sociale che riconsegni noi stessi alla nostra vita e alle sane relazioni con gli altri?
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