“Se sei impegnato a lottare con tutte le tue forze per dimostrare che sei un “grande artista” e che sei degno di attenzioni e d’amore, difficilmente riuscirai ad essere un artista. Se passi le tue giornate a studiare il modo di realizzare “qualcosa di davvero importante”, perdi di vista ciò che importa veramente. Una convinzione che ostacola moltissimo l’espressione creativa è quella secondo la quale l’arte deve essere necessariamente produzione di opere di grande pregio e valore. Nella competitiva e materialista società occidentale, è spesso considerato un’inutile perdita di tempo dedicarsi a forme d’arte che non siano, in qualche modo, “produttive”, che non portino con sé fama e denaro. Approccio che, d’altro canto, alimenta aspettative (destinate a restare spesso deluse) e senso di insicurezza.”
Le parole, queste e quelle che seguono, sono di Romina Pacella, arteterapeuta leccese, e sono tratte da “L’unicorno che vomita arcobaleni”, racconto autobiografico scritto dalla stessa nei percorsi formativi del Metodo Autobiografico Creativo sui temi di creatività, autostima e fiducia. Il testo completo, da me adattato, oggi è l’introduzione al mio libro di fiabe autobiografiche “I desideri che cadono nel mare – Fiabe per crescere, storie per imparare a conoscersi” (Stefano Centonze, Ed. Circolo Virtuoso 2018).
La sindrome del Grande Artista
Per molti anni mi è stato impossibile eseguire anche un semplice bozzetto a matita che non fosse finalizzato al raggiungimento di uno “scopo” ben preciso, come il raggiungimento di una specifica abilità. Mi ricordavo di un tempo lontanissimo in cui disegnavo e il mio spirito bambino riposava nella completezza del suo essere. Un foglio d’album dopo l’altro. Semplicemente. Terminavo un disegno e ricominciavo. Molto semplicemente.
Disegnare mi dava gioia e serenità e non mi chiedevo mai se lo stavo facendo nel modo giusto. Quindi, in un certo senso, sentivo strano e innaturale questo bisogno di “farlo bene o non farlo affatto”. Avevo un forte impulso ad agire ma la paura di sbagliare mi frenava, mi induceva a rimandare. A quando avrei avuto le conoscenze giuste o i materiali giusti o tutto il tempo necessario.
Sembra un ritornello: le persone poco creative sono pigre e svogliate. Ma, in realtà, è la paura l’unico vero ostacolo all’Atto Creativo: la paura di non essere all’altezza, la paura dell’insuccesso, dietro al quale si maschera la paura di essere soli. Così, nelle persone insicure si fa strada la tentazione di “disciplinarsi”: darsi una serie di regole da seguire, eseguire tutti gli esercizi alla perfezione, studiare bene il manuale…
(S)blocchi creativi
Tutto ciò dà un senso di sicurezza e di stabilità irresistibili. Ma è proprio in questo modo che mettiamo al centro il nostro Ego, il suo bisogno di auto-compiacimento e di conferma del valore intrinseco, dimenticandoci che il vero carburante del flusso creativo è l’entusiasmo. E che l’entusiasmo è strettamente connesso alla fiducia. L’entusiasmo, infatti, è una fonte di energia che ha a che fare con il gioco, con l’aspetto ludico delle esperienze, più che con il lavoro, con lo sforzo e con lo spirito di sacrificio.
Un altro ostacolo alla creatività che può arrivare a minare l’autostima e la fiducia è la competitività. Un pizzico di competitività è uno stimolo per l’Atto Creativo ma, quando siamo costantemente concentrati su di essa, è la paura a guidarci, il pensiero che non saremo mai all’altezza del nostro termine di paragone. E ciò non può che ostacolare il nostro percorso di crescita.
Un percorso creativo che alimenti l’autostima è un sentiero che attraversa la nostra interiorità: concentrarci sui progressi e sui successi altrui è solo un modo per disperdere energia, nell’immaturo desiderio di somigliare a qualcun altro, al posto di custodire e coltivare la nostra preziosa individualità. La competitività, invece, ci allontana dalla nostra voce interiore, indebolendo la nostra attenzione e capacità d’ascolto per i bisogni più autentici, portandoci ad assumere un atteggiamento costantemente difensivo, vittimistico e passivo, piuttosto che attivo e produttivo.
La creatività che salva la vita
La mentalità competitiva è un’istanza dell’Ego, non del nostro Essere più autentico e profondo. L’Ego vuole primeggiare. Sempre! L’Ego ci porta puntualmente a dubitare di tutto ciò che produciamo, con i suoi luoghi comuni e le generiche convinzioni su ciò che è arte e su ciò che non lo è, su ciò che è esteticamente valido ed apprezzabile, e interferisce con la capacità di portare a termine un progetto.
Così, la tentazione è liberarsi alla svelta di tutte quelle espressioni artistiche che non si rivelano fin dall’inizio come un successo sicuro. Tuttavia, il processo creativo che aiuta l’Autostima è un percorso graduale che ha bisogno di tempo per maturare, che permette di crescere con e attraverso di esso. Ecco, attraversare lo spirito giusto, camminarci attraverso, esplorarlo, restare in ascolto della flebile voce della Guida Interiore, concederci il lusso infantile del gioco, della ricerca disinteressata.
L’Ego oppone resistenza perché non può permettersi di apparire goffo e sgraziato. Lui, l’Ego, non ha tempo da perdere: vuole la gratificazione immediata e l’approvazione degli altri. Ma l’Autostima è avere l’approvazione da parte di noi stessi. E perseverare nella creatività è l’unica strada per ottenerla, l’unico autentico successo.
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