La creatività ha bisogno di protezione, perché esprime la nostra unicità. E la nostra unicità ama nascondersi. Salvo venir fuori d’impeto, nei processi creativi, nei luoghi della creatività. Ma che cos’è un luogo creativo? E’ uno spazio fisico o, piuttosto, mentale? Con quali difficoltà e resistenze ci si immerge nel processo creativo? Ecco, allora, un altro passaggio de “L’unicorno che vomita arcobaleni”, racconto autobiografico di Romina, arteterapeuta leccese, scritto nei percorsi formativi del Metodo Autobiografico Creativo. Storia di libertà desiderata, creatività, autostima e fiducia.
Dall’introduzione al mio libro di fiabe autobiografiche “I desideri che cadono nel mare – Fiabe per crescere, storie per imparare a conoscersi” (Stefano Centonze, Ed. Circolo Virtuoso 2018).
I luoghi della creatività
La creatività sboccia in un ambiente accogliente e sicuro. Il nostro Artista Interiore è come un bambino che ha bisogno di sentirsi accettato e protetto: per questo è molto importante, soprattutto all’inizio di un percorso di crescita, quando siamo ancora insicuri e dubbiosi circa le nostre capacità, evitare di esporre i nostri prodotti artistici al giudizio e alla critica altrui.
Spesso mostriamo i nostri timidi tentativi d’espressione artistica ai nostri parenti e amici, pensando di avere la loro approvazione e il loro incoraggiamento… Ma è incredibile come sia più facile esprimere un giudizio o un consiglio non richiesto, piuttosto che un semplice e genuino apprezzamento. Ciò, infatti, accade perché la maggior parte delle persone è creativamente bloccata. E le persone creativamente bloccate sono chiuse e profondamente invidiose della creatività altrui.
Il setting
In un contesto protetto, come quello del setting artiterapico, l’intero processo creativo e gli scambi relazionali si svolgono nel pieno rispetto dei partecipanti, in un rapporto di sostanziale parità e di reciprocità. Il che rende possibile una maturazione artistica ed emotiva. Ma è pur importante riuscire ad emanciparsi, col tempo e con l’aumentare della fiducia in se stessi, sia dal contesto protetto sia dalla relazione terapeutica.
Perseverando nella ricerca della creatività, l’attenzione è sempre più focalizzata sul processo e non sul risultato finale; l’ansia da perfezionismo diminuisce e l’atto creativo diventa un bisogno costante, un patto con se stessi e con l’intero creato, che l’uomo è chiamato continuamente ad onorare.
Fidati di te
Persone con bassa autostima giustificano la loro spasmodica ricerca della perfezione con il desiderio di fare le cose per bene. In realtà, il perfezionismo è una subdola forma di auto-sabotaggio che ci impedisce di andare oltre. Il perfezionismo è ossessione spacciata per passione. È ossessione per i particolari che fa perdere la visione d’insieme. L’originalità del processo creativo si perde, così, insieme alla spontaneità dell’esecuzione. Un atteggiamento che non fa che alimentare lo spietato giudice interiore, la mente logica, razionale e critica.
Così, il perfezionista non è mai del tutto soddisfatto del suo lavoro e, nel tentativo disperato di convincere e rassicurare se stesso e il mondo intero circa l’efficacia della sua azione e, in definitiva, circa il suo valore come essere umano, dimentica un principio fondamentale: che ogni Atto Creativo, anche se non genera un prodotto perfetto, ha un valore intrinseco legato all’Esperienza.
Poiché ci immobilizza nell’attimo/microcosmo del dettaglio, il perfezionismo rivela anche la paura dell’azione che, viceversa, comporta sempre un’assunzione di responsabilità. La paura, infatti, è una costante nella vita creativa di chi manca di autostima. La paura dell’abbandono sottende ad ogni scelta, in ogni ambito. Stato d’animo che viene spesso liquidato o camuffato e dissimulato con la paura di sbagliare o di non essere all’altezza che, in realtà, nasconde la paura di essere abbandonati e affonda le radici nell’infanzia e nel rapporto con i genitori.
Per questo la creatività, che è un atto catartico, un esorcismo, rende liberi e felici.
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