A proposito di attenzione, si racconta che, anni or sono, la polizia di dogana tra Stati Uniti e Messico fu messa in allerta circa il contrabbando in atto ad opera di un finto contadino messicano che ogni giorno attraversava a piedi la frontiera, spingendo un carretto di legno ricolmo di sterco di cavallo. Sicché, ad ogni passaggio, più volte a giorno, i doganieri erano costretti a togliere la giacca, rimboccare le maniche delle camicie e affondare mani e braccia in quel carico di letame per setacciare in profondità alla ricerca di non si sa bene cosa. Quell’uomo creò uno stress enorme alla polizia di frontiera e non fu mai beccato. Circa venticinque anni dopo, quando terminò quel mal odorante via vai, da una soffiata scoprirono che per tutti quegli anni il peone aveva contrabbandato carretti di legno, gli stessi con cui aveva attraversato il confine ogni giorno, senza che mai i tutori della legge riuscissero a vedere oltre il carico di letame che l’uomo trasportava per distrarli.
L’attenzione e il buio della mente
Si chiama scotoma mentale o buio della mente la nostra incapacità di avere un’attenzione complessiva sulla realtà che osserviamo. In altre parole, sulla base della nostra esperienza, cultura, storia personale, formazione ma anche sulla base del nostro gradimento, strutturiamo una mappa della realtà alla quale anteponiamo dei filtri.
Più questa mappa si restringe, anche a causa delle moderne tecnologie che, di fatto, ci isolano dal mondo circostante, meno siamo attenti a quello che accade intorno a noi. Per questo sviluppiamo convinzioni e credenze limitanti: perché siamo noi a decidere, inconsciamente, quello che vogliamo vedere anche negli altri. Perciò vediamo esattamente solo ciò che ci aspettiamo di vedere.
Poiché, dunque, non riusciamo più a mantenere l’attenzione, ecco che reagiamo distruttivamente verso le sfide della realtà. Cioè, trasformiamo tutto ciò che non viaggia alla nostra velocità in aggressività maligna, per dirla con Erich Fromm. Per questo i nostri bambini si ammalano di iperattività che, a lungo andare può anche degenere in comportamenti devianti, di prevaricazione, conosciuti anche al mondo della scuola.
Perché non siamo attenti?
Per definizione, l’attenzione è un meccanismo cognitivo che consente di dare rilevanza ad alcuni stimoli, scartandone altri. Quando il nostro cervello riceve degli stimoli dal mondo circostante, tende a ignorare quelli noti, già depositati della memoria. Perseverando in tale atteggiamento inconscio, generiamo gli stereotipi che erroneamente ci convincono di sapere già tutto di quello stiamo osservando. Così, creiamo categorie ed etichette anche rispetto alle persone che incontriamo e che, con il tempo, finiamo per dare per scontate.
Il tema, attuale nel nostro agire quotidiano, rimanda alla nostra convinzione di riuscire a prestare attenzione a più cose contemporaneamente. O che l’eccesso di stimoli dovrebbe sviluppare la nostra capacità attentiva. Niente di più sbagliato. L’eccesso di stimoli, a cui tutti siamo esposti, determina la reazione opposta: non riuscire a focalizzarci sul presente. Le neuroscienze, infatti, spiegano che quando cerchiamo di dirigere la nostra attenzione su più cose allo stesso tempo, il processo di comprensione di alcune di queste si interrompe bruscamente.
Questo perché il cervello è in grado di dedicarsi a un solo compito alla volta. Anche se tiene in memoria più cose. Perché viviamo spesso nel caos, nella confusione e nell’insoddisfazione.
Il caso Skoda
Qualche tempo fa, la casa automobilistica Skoda lanciò una campagna interattiva dal titolo “The New Attention Stealing Skoda Fabia” per dimostrare come la bellezza della loro auto fosse in grado di rapire a tal punto lo sguardo da rendere l’osservatore incapace di notare qualsiasi altra cosa attorno (belle ragazze incluse).
Il montaggio è stato realizzato ad hoc per sfidare l’utente a rilevare quel che accade sullo schermo mentre la sua attenzione è focalizzata su un punto preciso del video. In questo caso, naturalmente, la voce fuori campo invita ad osservare l’automobile parcheggiata al centro dell’inquadratura, in una strada cittadina old style.
Il video è caratterizzato da una serie di fotogrammi neri che ne accentuano il look retrò e mantengono viva la curiosità dello spettatore. In realtà, ad ogni taglio, corrisponde una piccola modifica dello scenario, impercettibile ad una prima visione ma che porta, in meno di un minuto, ad un’immagine completamente trasformata. Il suo intento pubblicitario ha mostrato come sia possibile manipolare i livelli di attenzione dello spettatore.
Un rimedio c’é
Sarebbe scontato dire che dovremmo cambiare stile di vita e concederci spazi diversi in cui
- rallentare,
- goderci di più il nostro tempo,
- coltivare le emozioni, la creatività e il contatto con noi stessi.
Ad esempio, la pratica artistica e un lavoro sul riconoscimento delle emozioni aiutano molto. Non scopriamo niente di nuovo, probabilmente, per comprendere come
- attenzione,
- benessere e
- creatività
siano strettamente collegati tra loro.
Tuttavia, ritengo interessante proporti una teoria. Si tratta della “Legge del tempo e del caos” di Ray Kurzweil, informatico e saggista statunitense, di cui parlo nel mio libro Comunicare Efficacemente: “Avete fatto caso che, al rientro da una vacanza particolarmente ricca di esperienze – quale potrebbe essere quella in Nuova Guinea o tra le rovine di antiche civiltà -, sembra di essere mancati molto più a lungo del tempo effettivamente trascorso fuori di casa? Questo senso di dilatamento temporale è dovuto all’attenzione profusa nelle nuove esperienze. Allora, per vivere più a lungo – o per averne la sensazione -, meglio disseminare la propria esistenza di “pietre miliari” lungo il normale “sistema di caos” del vivere quotidiano.”
Possiamo fare tanto per essere migliori. La domanda è: lo vogliamo davvero o ci va bene così?
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