L’emozione può essere definita come un’esperienza complessa, multidimensionale e processuale, che media il rapporto tra l’organismo e l’ambiente. L’organismo risponde ad uno stimolo esterno modificando il suo normale stato di quiete, con l’impulso all’azione e con specifiche reazioni fisiologiche interne. In termini evolutivi o darwiniani (“The expression of the emotions in man and animals”), la principale funzione delle emozioni consiste nel rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza. Reazione che non utilizzi, cioè, processi cognitivi ed elaborazione cosciente. Quando, però, si entra in questo campo, compaiono i sentimenti.
Le emozioni principali
Nell’approccio categoriale di Paul Ekman confluiscono quelle che lo psicologo statunitense considera le emozioni di base. E cioè:
- gioia, stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri;
- tristezza, che si origina a seguito di una perdita o da uno scopo non raggiunto;
- sorpresa, come esito di un evento inaspettato, seguito da paura o gioia;
- disgusto, risposta repulsiva caratterizzata da un’espressione facciale specifica;
- disprezzo, totale mancanza di stima e disdegnato rifiuto verso persone o cose, considerate prive di dignità morale o intellettuale;
- paura, emozione dominata dall’istinto che ha come obiettivo la sopravvivenza in una situazione percepita come pericolosa;
- rabbia, generata dalla frustrazione che si può manifestare attraverso l’aggressività.
In realtà, occorre precisare che:
- Ekman associa disprezzo e disgusto, annoverando tra le emozioni principali l’interesse, come emozione caratterizzata da attenzione focalizzata verso un cosa o una persona. A queste spontanee condizioni dell’animo umano, Izard aggiunge anche timidezza, vergogna e colpa;
- la rabbia è sempre un’emozione secondaria che sorge in conseguenza di un’altra emozione (spesso, paura o sorpresa).
I sentimenti
Amore, amicizia, fiducia, stima, simpatia, antipatia, spensieratezza, preoccupazione, perdono, invidia, gelosia e simili non sono emozioni. Sono sentimenti, ovvero rappresentazioni di emozioni in cui c’è una forte componente cognitiva che, almeno al momento dell’insorgenza, manca del tutto negli stati emotivi. Cioè, nei sentimenti c’è sempre un’emozione sullo sfondo, netta o sfumata, e, in superficie, una cosciente elaborazione di quello che si prova. Per dirla con un esempio scolastico, chi prova gioia nella vicinanza di un’altra persona, sa distinguere se il sentimento di fondo sia amore o amicizia o stima.
La consapevolezza che caratterizza i sentimenti, infatti, procrastina nel tempo la durata dello stato mentale sullo sfondo. Le emozioni, peraltro, tendono a durare mediamente solo pochi istanti, mentre i sentimenti sono più duraturi e accompagnano gli uomini lungo tutto l’arco della loro esistenza.
Comprendiamo, dunque, come la consapevolezza di ciò che si prova aiuti la stabilità dei sentimenti. Vivere in armonia con le emozioni permette, così, di strutturare sentimenti sani e consapevoli. Le emozioni distruttive, infatti, se riconosciute, possono essere controllate, non lasciano spazio a confusioni che generano confusione anche nei sentimenti. La persona che le prova può distrarsi da esse e fare in modo che i suoi comportamenti non le suscitino negli altri. Le stesse energie vengono così convertite e canalizzate in altro per preservare le relazioni che possono essere improntate sull’ascolto, sulla comprensione e sul rispetto.
Sfumature di emozioni
- Avete presente l’espressione mimica di una persona a metà strada tra la sorpresa e il disgusto? Immaginate di guardarvi allo specchio mentre, seduti al ristorante, il figlio del vostro vicino dovesse vomitarvi, d’un tratto, la pappa sui pantaloni. Probabilmente, seguirebbe un momento di rabbia che tratterrete, data la situazione.
- E quella di un’altra tra la rabbia ed il disprezzo? Ripassatevi qualche scena della serie TV Gomorra e fate caso alle facce dei più violenti e determinati quando infieriscono sulle loro vittime.
- E tra la timidezza e la paura? Provate a pensare allo studente che conoscete che arrossisce quando viene interrogato alla cattedra mentre sa di non essere preparato.
Ecco: le emozioni possono essere, per così dire, nette o sfumate. La prime sono quelle pure (già complicate da leggere sul volto degli altri) ma, in verità, meno comuni delle seconde. Le sfumature di emozioni, d’altro canto, richiedono una grande preparazione per la loro decodifica, oltre al possesso di un ricco vocabolario emotivo. In verità, senza una sufficiente alfabetizzazione emotiva, ogni segnale riconducibile ad una data condizione dell’animo appare indecifrabile. Ma le emozioni sfumate presentano difficoltà di grado certamente superiore.
Encoding, decoding ed empatia
Poiché, infatti, viviamo di relazioni e di comunicazione, dimensioni in cui le emozioni hanno un ruolo determinante (i segnali non verbali comunicano emozioni, in definitiva), senza un corretto vocabolario delle emozioni risultano impraticabili sia i meccanismi di deconding che quelli di encoding, descritti da Stewart Hall nel 1980. Ovvero, di
- decodifica, nel processo comunicativo, degli elementi del comportamento non verbale che viene trasmesso (sia agli altri che dagli altri) inconsapevolmente, e di
- codifica dei nessi di relazione tra i segnali non verbali e i tratti della personalità.
Cioè, se non possediamo una corretta alfabetizzazione emotiva, non potremo mai decodificare i segnali emotivi che gli altri ci trasmettono mentre comunicano con noi, né risalire con certezza, loro tramite, alla personalità degli individui con cui interagiamo.
Davanti ad un simile corto circuito emozionale, è inibita ogni forma di sintonia empatica.
Quattro tipi di empatia
Parlo di diverse forme di empatia perché l’empatia emozionale, di cui mi sono già occupato, non è la sola di rispecchiamento degli altrui stati interiori. Esiste, infatti, un’empatia
- comportamentale, quella che permette di capire il perché del comportamento e le catene di comportamenti correlati;
- quella emozionale, l’abilità di percepire per imitazione le emozioni vissute dagli altri.
- C’è, poi, l’empatia cognitiva, che consente di comprendere le credenze, i valori, le ideologie, le strutture mentali che le persone posseggono e a cui si ancorano.
- Infine, c’è un’empatia di tipo relazionale, quella che permette di leggere la mappa delle relazioni delle persone e le loro valenze affettive (capire con chi si rapportano volontariamente o per obbligo, con chi devono rapportarsi per decidere, lavorare o vivere).
Come possiamo, allora, sintonizzarci per empatia con gli altri e provare ciò che essi provano senza un corretto vocabolario? Vale a dire, se non sappiamo dare un nome agli stati emotivi per averli sperimentati in prima persona?
Le funzioni delle emozioni
Atteso, dunque, che i sentimenti si basano su emozioni, nette o sfumate, qual è il ruolo delle emozioni? In altre parole, qual è la funzione di utilità che rivestono per il nostro organismo?
Le emozioni assolvono principalmente a due funzioni. Hanno, cioè:
- una funzione relazionale (comunicazione agli altri delle proprie reazioni psicofisiologiche) e
- una funzione autoregolativa (comprensione delle proprie modificazioni psicofisiologiche).
Su questi principi si basa l’intelligenza emotiva teorizzata da Mayer e Salovey e divenuta celebre con il libro di Goleman. Per Goleman, l’intelligenza emotiva è la capacità di
- motivare se stessi,
- persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni,
- controllare gli impulsi e rimandare la giustificazione,
- modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare,
- essere empatici e
- sperare.
Per questo, per Goleman, l’intelligenza emotiva, che può essere appresa, è più importante del QI nel predire il successo nella vita.
L’EQ, infatti, si occupa delle competenze emozionali che, oltre all’espressione e alla comprensione, includono la regolazione delle emozioni, un’attività psichica complessa e articolata che rappresenta il principale requisito e che è alla base del buon funzionamento sociale.
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