L’apprendimento delle informazioni durante gli anni della scuola è legato alla memorizzazione degli aspetti cognitivi dei contenuti ricevuti che sono sempre associati a vissuti emotivi. Se l’insegnamento viene trasmesso con il sorriso, quella conoscenza viene ricordata duecento volte di più di altri contenuti trasmessi in maniera piatta o associati a vissuti di frustrazione. Così si esprime, in una sua conferenza, la Prof.ssa Daniela Lucangeli, Psicologa e Docente Universitaria, tra le personalità più accreditate nello studio delle correlazioni tra emozioni e apprendimento. Per la bellissima immagine di copertina, devo un sentito ringraziamento a Pasqua Piccoli, corsista di Arti Terapie nella Scuola Artedo di Lecce.
Il clima di apprendimento
Se l’insegnante trasmette fiducia, con quel contenuto viene rievocata la fiducia. Se egli trasmette paura o messaggi emotivi del tipo “sei un incapace”, sarà naturale che vengano rievocati ricordi emozionali sgradevoli che si tendono a reprimere.
Il ruolo educativo del genitore prima e dell’insegnante poi, dunque, è straordinariamente determinante nella strutturazione di un adeguato clima di apprendimento che è in stretta dipendenza (e non in semplice correlazione) con la qualità del clima relazionale in cui le informazioni possono attecchire e dare i frutti o, viceversa, fallire e produrre frustrazione.
Le ricerche in ambito sociale, infatti, dimostrano largamente che le relazioni inadeguate conducono ad un’instabile rappresentazione della realtà. E anche un apprendimento è una rappresentazione della realtà. Secondo l’educatore americano David Kolb, la matrice di un buon apprendimento è data dal rispetto ordinato di quattro step precisi:
- esperienza concreta;
- osservazione riflessiva;
- concettualizzazione astratta;
- sperimentazione attiva dei contenuti appresi.
Che diventano e restano contenuti utili al problema solving personale da adulti e al consolidamento delle abilità di vita.
Apprendere senza le emozioni
Se, tuttavia, nel processo di
- formazione,
- educazione e
- istruzione
non vengono coinvolte le emozioni, parte dei circuiti che permettono di memorizzare le nozioni restano inattivi. Ad esempio, l’amigdala, situata nei circuiti limbici, laddove nascono le emozioni, che funge da filtro dei dati che immagazziniamo nell’ippocampo.
Archiviare informazioni con una forte valenza emotiva, infatti, rende più facilmente recuperabile dalla memoria implicita quell’informazione che potrà essere reimpiegata all’occorrenza. A maggior ragione se l’emozione a cui quella nozione è collegata ha una forte valenza positiva.
Apprendimento e neuroscienze
Un’altra, più evoluta, ragione, di natura scientifica, avvalora quanto fin qui detto. Per il nostro cervello tutto è apprendimento. Ogni esperienza lo è, in effetti, poiché ogni attività cerebrale che la registra la codifica come segnale elettrico.
Cioè, ogni volta che impariamo qualcosa, è la trasmissione di un impulso nervoso attraverso le sinapsi che fa viaggiare quell’informazione fino alle aree in cui essa viene catalogata e selezionata. Solo dopo essa può essere scartata, perché stereotipata, o essere inviata all’archivio sotto forma di nuove idee da conservare.
E questa è, di fatto, la scoperta di Kandel sulla memoria intelligente depositata nei neuroni. Ora accade che le informazioni stereotipate vengono accompagnate sempre da un’attività elettrica molto blanda, come se le sinapsi si depotenziassero, diversamente da quello che accade per le informazioni ricche di valenze emotive che, invece, le rinvigoriscono, coinvolgendo un maggior numero di stazioni intermedie.
Naturalmente, tutto ciò è dimostrato da studi condotti con strumenti di neuroimaging.
Apprendimento e abitudine
Se, pertanto, il clima relazionale è povero e inadeguato, l’apprendimento risulta
- mnemonico,
- frammentario,
- disfunzionale e
- inefficace.
In tutti i casi, destinato a durare poco. Questa forma di apprendimento è codificata con un termine che, in genere, noi usiamo per descrivere altro: abitudine, che è la forma più elementare di apprendimento, appunto.
La matrice di Kolb
Nella matrice di Kolb, pretendere di imparare qualcosa in questo modo genera il tentativo inconscio di passare direttamente dall’esperienza alla sperimentazione, scavalcando due tappe indispensabili per il consolidamento dell’apprendimento. Per questo esso non produce i risultati sperati.
Addirittura, in taluni casi, un clima relazionale avverso alle inclinazioni del discente, quando non percepito emotivamente ostile, può anche diventare motore di disturbi. Insorgono, così, difficoltà di generare nessi efficaci di causalità tra gli eventi, di spazio e tempo.
Accorgersi subito che un insegnamento non sta producendo gli effetti sperati è, dunque, un campanello di allarme che si manifesta con le difficoltà
- di linguaggio,
- di apprendimento e
- nello sviluppo armonico complessivo della personalità del bambino
che, con la crescita, tendono a causare disturbi emotivi e comportamentali che si acuiscono in età adulta.
Emozioni e Intelligenza Emotiva
Emozioni e apprendimento sono, dunque, strettamente collegati in quanto processi che nascono nella nostra mente e che si influenzano a vicenda. E la competenza emotiva nell’adulto, infatti, quella che chiamiamo intelligenza emotiva, che diventerà la cartina al tornasole
- dei processi di sintonia empatica,
- della gestione delle emozioni distruttive (come la rabbia) e
- delle capacità di autogovernarsi,
dipende molto dalle emozioni esperite nell’età evolutiva. Se esse sono gratificanti, diventa più facile intrattenente relazioni sane di quanto non accada con quelle negative che si manifestano nelle relazioni patologiche.
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