La Speranza. Dipinto di Giorgio Vasari del 1542. La copertina ideale per il monologo che F., nel 2011, un’insegnante del II Circolo Didattico di Brindisi, scrive durante un percorso di aggiornamento. Titolo del progetto: “La relazione educativa: dimensioni emotive e dinamiche di gruppo“. Insieme abbiamo lavorato sulla narrazione autobiografica per la consapevolezza di sé, con la costruzione di fiabe e storie e con le Arti Terapie. Al termine, ad ognuno ho assegnato un monologo da scrivere per dar voce ad una condizione dello spirito. Eccovi il secondo appuntamento: L’allegoria della Speranza, pubblicato in appendice de “La tecnica della fiabazione“, la prima stesura del mio attuale libro “Il Metodo Autobiografico Creativo“.
Secondo appuntamento
Daniel Goleman, il celebre psicologo, sostiene che la speranza sia uno dei requisiti più importanti per la persona con elevati livelli d’Intelligenza Emotiva. Perché la speranza permette di riporre fiducia in se stessi e nei propri mezzi e di guardare al futuro con ottimismo. Specie nei momenti bui, quelli in cui bisogna fare appello alle proprie risorse interiori per distrarsi dalle emozioni negative.
Il breve testo, scritto da F., è la parte che l’autrice ha pensato per il suo ruolo nell’Invito della Follia, liberamente tratto dal più famoso racconto di Davide Saliva che a noi è servito per dar vita a emozioni, sentimenti e altre comuni condizioni umane.
E’ il secondo appuntamento settimanale con i racconti autobiografici scritti per “pillole teatrali”, non destinate ad andare in scena ma solo ad agevolare la riflessione, che terminerà con la pubblicazione del canovaccio in cui sono inseriti. Una rubrica da seguire per trarre ispirazione per lavori con i ragazzi delle prime tre classi della scuola primaria sull’alfabetizzazione emotiva.
L’allegoria della Speranza
Mi chiamo Speranza. Speranza… che bel nome!
Il mio colore preferito? Il rosa, naturalmente!
E’ così dolce lasciarmi pervadere di rosa quando il nero sta per sopraffarmi! L’angoscia, la paura, mie nemiche, mi assalgono. Sembra una lotta impari, in cui rischio di soccombere. Mi sento sola, le forze stanno per abbandonarmi, vado incontro al fato ineluttabile quasi con rassegnazione…
Rassegnazione? Mai! Tal senso non mi appartiene! Con fatica emergo dalle tenebre, i colori sfumano, lentamente, tutto appare più chiaro, nitido, quasi d’incanto. In fondo perché no?
Mi guardo intorno, lo splendore della natura mi toglie il fiato.
Il sole esulta e la notte svanisce, come per un inaspettato miracolo.
Seppur riuscirò a strappare almeno un sorriso ad un bimbo, disperato e piangente, avrà un irrinunciabile senso il mio esistere.
0 commenti