L’incontro con l’ombra svela la verità. Raccolti in noi stessi per cercare il vero senso delle cose e aspettare una guida che indichi la via, le risposte arrivano ascoltando il cuore. Senza aver paura di evocare il buio che abbiamo dentro. Nulla da temere dalla notte per chi raggiunge la consapevolezza. Una storia di formazione che, in una forma molto diversa, mi ha regalato Monica Montin. Il suo racconto originario, scritto in quel di Padova, nel corso di un laboratorio sul Metodo Autobiografico Creativo, mi ha offerto la possibilità di ritornare sulla dicotomia junghiana di persona e ombra (tema a me molto caro) o, se preferite, sul binomio protagonista-antagonista riferito all’analisi della fiaba classica di Vladimir Propp in chiave psicoanalitica freudiana. Di tanto le sono grato. Anche questa storia è inserita nella raccolta “I desideri che cadono nel mare” (Stefano Centonze, Ed. Circolo Virtuoso, 2018).
La notte buia
La notte era buia. Ma quella notte lo era più delle altre. Solo una luna opaca accendeva i contorni di un paesaggio nel bosco.
Nel piccolo laghetto, appena illuminato dallo sguardo di quella luna, c’era lei, seduta sopra una grossa pietra. Un luogo magico in un’atmosfera magica.
La donna andava spesso lì, lontano dalla città, e si fermava ad ascoltare i consigli del vento. Ma quella notte il vento non c’era. Una cosa c’era: silenzio. Ce n’era così tanto che si poteva sentire il sibilo che quel poco di luce produceva rimbalzando sulla superficie dell’acqua. Nulla poteva accadere. E i pesci erano tutti a riva perché era bello stare lì, con lei, nel vuoto sordo della beatitudine.
Al centro del laghetto c’era, poi, un ponticello di legno che lo attraversava.
Un invito quel ponte. A bagnarsi i piedi.
La notte era buia. Ma quella notte lo era più delle altre. Così la donna si avvide solo all’ultimo dell’ombra sul ponte, mentre lei, le gambe penzoloni, si rinfrescava.
Quel luogo non aveva mai visto nessun altro. A parte lei. Che era lì per quello tutte le notti d’estate.
Alzò la testa molto lentamente: “Ciao”, disse. “Come hai fatto a trovare questo posto?”.
L’ombra non fa paura
E l’ombra: “Cercavo te e sono arrivata fin qui”.
Poi più nulla. Rimasero così, in silenzio. L’ombra in piedi, lei seduta.
Il vento non c’era. C’erano solo lui, lei e la luna.
Lei non sapeva se credere a quell’incontro. Il vento che non c’era non gliene aveva parlato. E lei si fidava molto del vento, come di se stessa. Ma quell’ombra, senza proferire parola, raccontava di cose che lei non aveva mai sentito prima.
Era bellissima, avvolta nell’oscurità, e diceva tutta la verità.
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