Una storia di formazione per i più piccoli, un viaggio tra mille emozioni e sussulti. Una guida per insegnanti e genitori per educare i più piccoli all’alfabetizzazione emotiva e espressioni mimiche degli stati d’animo e ai valori fondanti del vivere insieme. Una storia che parla anche alla famiglia di amicizia, fiducia, solidarietà, di amore per i genitori, di mutuo aiuto, di rapporto con l’autorità e con la giustizia. Un racconto di fantasia, scritta nella sua prima stesura da Letizia Moro, corsista in Arti Terapie nella Scuola Artedo di Padova, durante un mio laboratorio sulla narrazione di sé con il mio Metodo Autobiografico Creativo, che ho adattato alla divulgazione.
La strana magia del cugino Pino
C’era una volta un polpo triste che non poteva piangere.
Carlino, era questo il suo nome, viveva per la maggior parte del giorno nascosto tra le rocce, alla base di un’alta scogliera.
Dal suo nascondiglio guardava le altre creature marine e fantasticava sulla loro vita. Scrutava i banchi di alici che nuotavano veloci, come squadre di amici affiatati, e, nella sua totale solitudine, sospirava. Fissava le castagnole nuotare lente e serene, che gli ricordavano un po’ le stelle placide e tranquille nella fissità del cielo, e si domandava se, anche lui, come loro, avrebbe mai trovato pace nel suo cuore. Osservava i ricci di mare, che apparivano creature calme ma che in realtà litigavano spesso tra loro, come fratelli che si contendono un gioco. E, anche in quei momenti, pensava che sarebbe stato bello avere qualcuno accanto con cui discutere, addirittura litigare, piuttosto che stare sempre solo.
L’unico momento in cui il polpo si sentiva un po’ meno triste era di notte, quando usciva dal suo nascondiglio per cercare qualcosa da mangiare. Di notte, il mare si riempiva di minuscole creature che a tratti emanavano luci fosforescenti e l’acqua si trasformava in un tappeto luccicante che lo ammaliava. Il polpo adorava tutto ciò che di luminoso esisteva al mondo.
L’incontro di Carlino
Un giorno, mentre se ne stava rintanato nel suo nascondiglio, fu attorniato da una nube di acqua scura, marcia e puzzolente, che lo fece quasi soffocare al punto di costringerlo a scappare fuori dalla sua tana. Ma sempre restando ben riparato tra gli scogli.
Quando fu fuori, restò strabiliato a vedere che sull’uscio del suo nascondiglio stazionava una strana creatura che gli assomigliava ma che non aveva mai visto prima. Aveva, sì, i tentacoli come lui ma erano più corti e li teneva in una posizione strana.
Ma la cosa più sorprendente era che questa creatura non aveva colori, come le altre creature del mare. Anzi, era tutta bianca… era di un bianco che ricordava quello della scogliera nei giorni caldi d’estate, quando il sole la investiva coi suoi raggi e lei rifletteva luce accecante tutto intorno.
Incuteva paura quella strana creatura. Almeno, a lui ne faceva.
Così, per non farsi vedere, si ritrasse per cercare di mimetizzarsi e non farsi scoprire. Ma servì a ben poco: l’essere tutto bianco, infatti, avvertito un leggero spostamento dell’acqua, si voltò e lo vide!
Le prime parole della bianca creatura
«Ehi, amico, scusa, sai dirmi dove posso trovare qualcosa da mangiare? Sono molto affamato e quasi a corto di inchiostro per stanare le prede», disse.
Il polpo, pensando di essere candidato a diventare la sua cena, cercò di divincolarsi e di fuggire ma fu prontamente bloccato dai forti tentacoli della bianca creatura: «Ehi, dico, ma che maleducato che sei! Ti faccio una domanda e tu scappi via? Ti ho fatto, per caso, qualcosa in un’altra vita che in questo momento mi sfugge?».
«Ti prego non farmi del male. Non mangiarmi. Io non ti ho fatto niente!».
«Lo dicevo io che non ci siamo mai incontrati prima d’ora», sospirò felice la creatura. «E anche se ci fossimo già incontrati, nessuno dei due avrebbe potuto fare del male all’altro. Siamo simili io e te e siamo buoni tutti e due».
Pericolo scampato!
Il piccolo polpo riprese colore e tirò un sospiro di sollievo: «Perché dici che siamo simili? Io non so chi sei».
«Ma come? Siamo cugini! Io sono la seppia albina. Mi chiamo Pino».
«Sei tu il cugino Pino? Non lo sapevo proprio. A essere sincero, ci sono tante cose che non so».
«E adesso perché sei diventato triste tutto d’un tratto?», gli chiese la seppia.
«Non sono triste: sono solo un po’ preoccupato. Perché quello che non so, la mia ignoranza, insomma, dipende dalla mia solitudine. Devi sapere che io vivo sempre solo, isolato da tutte le altre creature marine ed esco dalla mia tana solo di notte per mangiare qualcosina».
«E perché?»
«E’ così da tanto tempo, da quando, da piccolo, i miei genitori sono misteriosamente scomparsi e Re Cernia mi ha cacciato dal villaggio».
«E perché ti ha cacciato dal villaggio?»
Le ragioni del polpo
«Perché io, trovandomi da solo e spaesato, quella notte ho cercato i miei genitori in tutte le case del villaggio marino. Ed essendo disperato perché non riuscivo a trovarli, ho pianto tanto ma le mie lacrime sono risultate velenose per la maggior parte degli abitanti del mare. Molti hanno avuto paura di me e così Re Cernia mi ha ordinato di vivere separato e nascosto da tutti per non fare più del male a nessuno. E così vivo da allora».
«Accipicchia», esclamò la seppia, con una faccia esterrefatta molto più che semplicemente sorpresa. «Che storia triste! Che storia da piangere».
«No, per favore. Che poi scopriamo che sei velenoso pure tu e non sappiamo che fine ci fanno fare».
«Ma che velenoso e velenoso! E poi io non piango mai. Io il mio inchiostro lo uso solo ogni tanto. Così, per stanare piccoli pesciolini da mangiare o, al massimo, per condire i cibi che mi piacciono di più».
«Ah, ecco chi ha riempito la mia tana di quell’orribile acqua tossica!»
«Eh, sì. Volevo stanare qualche granchio e invece ho solo spaventato te. Mi spiace. Senti, invece, la storia che mi hai raccontato è davvero triste. Ma sei sicuro che non ci sia una via d’uscita al tuo problema?».
E il polpo: «Che io sappia, no. Ci vorrebbe un miracolo. O almeno una magia!»
Serve una magia
«Senti…. Mi viene in mente una cosa. Ho un’idea…», disse quasi sussurrando e guardandosi attorno circospetto. «Io sono figlio del Mago Stregone Grande Seppia. Mio padre è bravissimo a fare magie. Andremo insieme da lui e vedrai che troverà una soluzione. Però, ti avverto: una volta arrivati da lui gli dovrai parlare da solo, perché quando mi vede si arrabbia e mi fa la predica».
«E come mai?»
«Perché sono l’unico di tutta la famiglia che non ha mai imparato l’arte di fare magie. E per lui questo è inaccettabile».
«Tutto qua?»
«Eh! »
«Eh….»
«No, no: eh!” La faccia di Pino era quella di uno che aveva chiuso la questione. Ma vedendo l’amico polpo con il punto interrogativo disegnato in mezzo alla fronte (voleva dire che non ci stava capendo niente), decise di spendere ancora un po’ di fiato: «Voi polpi non lo immaginate neppure quanto testardo possa essere un padre seppia quando si impunta!»
E su queste parole si incamminarono.
Il Mago Stregone
Giunti che furono nei pressi della dimora della Grande Seppia, il Mago Stregone, vedendo il figlio avvicinarsi, arrossì dalla vergogna e si nascose gli occhi sotto i tentacoli. A Pino, affranto, non restò che mandare avanti Carlino a raccontare a suo padre la triste storia.
Lo Stregone rimase in silenzio per un po’, sgomento e attonito. Quell’espressione, pian piano, divenne interesse per il piccolo amico. Poi, improvvisamente, prese in mano un ciuffo di alghe e disse: «Ecco quello che farai. Ti preparerò una crema magica che dovrai portare sempre con te. Quando ti verrà da piangere basterà che te ne spalmi una puntina attorno agli occhi e lei neutralizzerà qualsiasi veleno tu abbia in corpo».
Così disse e così fece.
Nella sua grotta ricca di reperti, collezionati dopo le mareggiate, di anfore sbeccate e di bottiglie accartocciate, ebbe inizio il rito magico.
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La magia ha inizio
Per prima cosa, con una formula magica, si trasformò in un piccolo osso di seppia. Poi, muovendosi come una lama di coltello, sminuzzò alcune alghe verdi e le ridusse in polvere. Infine, sciogliendo la polvere con l’acqua del mare e mescolandola alla bava di mille molluschi, preparò la crema magica. Oltre a neutralizzare i veleni, il preparato magico aveva anche la caratteristica di non finire mai.
«Ecco, è pronta. Prima di andare via, però, fai entrare mio figlio: voglio parlargli in tua presenza».
Così Pino entrò, intimidito, con gli occhi bassi e i tentacoli tremolanti, in attesa della solita sgridata. Invece, Grande Seppia gli avvinghiò i tentacoli al collo e lo abbracciò.
«Figliolo», disse «sono fiero di te».
Pino lo guardò incredulo. Il padre continuò: «Quando ormai avevo perso ogni speranza, hai compiuto la tua prima magia: hai aiutato una creatura che ne aveva disperatamente bisogno. Hai dato una prova così alta del senso d’amicizia e di solidarietà da far vergognare tutti di aver dubitato di te. Anche me. Solo il cuore di un Mago può tanto. Adesso puoi finire l’opera che hai iniziato nel modo giusto, procurando il bene.
Grande Seppia istruisce il figlio
Conduci Carlino da Re Cernia e ricorda al sovrano che a cacciare le creature in difficoltà senza aiutarle si commette peccato. Fagli capire che, se in futuro avrà altri problemi con gli abitanti del suo villaggio, potrà sempre inviare Carlino da me e insieme cercheremo ogni pacifica soluzione. Ma nessun nostro simile dovrà essere mai più messo alla porta.
Poi, compiuta la tua missione, ora che sei un giovane saggio, aiuta Carlino a scoprire il mare e i suoi segreti».
Infine, rivolgendosi affettuosamente al polpo, continuò: «Carlino, da questo momento questa è casa tua. Se e quando ti sentirai solo, potrai tornare qui da noi e sarai sempre il benvenuto».
Il pianto liberatorio di Carlino
Per la generosità e il calore delle parole del Mago Stregone, Carlino pianse di gioia. E fu la prima volta che, con la crema magica attorno agli occhi, si concesse di farlo senza timore. Pianse tanto e a lungo, sfogando tutte le lacrime che aveva dovuto trattenere in anni e anni di solitudine.
Quando si riprese dalle forti emozioni che la Grande Seppia gli aveva permesso di liberare, si sentiva un polpo rinato.
E, infatti, Re Cernia si dimostrò molto comprensivo davanti a questo giovanotto che parlava con tanta sincerità da farlo sciogliere. Per questo lo riammise nelle strade del villaggio marino.
Il ritorno di mamma e papà
Ma, soprattutto, Carlino poté nuotare libero, alla luce del sole che gli faceva brillare i tentacoli. Incontrò così tanti pesci a cui raccontò la sua storia incredibile. Finché tutti, commossi dalle sue coraggiose avventure, si misero all’opera per ritrovare i suoi genitori.
Fu una notte di luglio che Carlino vide far ritorno alla sua amata scogliera il papà e la mamma. E fu la notte più bella e più lunga dell’estate. Quella stessa notte tutti e tre si persero in un abbraccio mentre contemplavano in silenzio e con il cuore ricolmo di felicità le luci fosforescenti nel mare e il luccichio delle stelle su in alto nel cielo.
Delle loro peripezie non raccontarono mai nulla.
Non importavano più. L’unica cosa che importava era che fossero di nuovo lì, come una famiglia.
E tanto bastava per addormentarsi sereni.
Speciale Giornata Mondiale del Libro
[EDUCARE ALLE EMOZIONI A SCUOLA CON LA LETTURA]
Per la Giornata Mondiale del Libro e della Lettura, patrocinata dell’UNESCO, dal 23 Aprile, questo sito ospita la versione sonora della fiaba “La strana magia del cugino Pino” da proiettare in classe su LIM (o supporti similari) a cura degli insegnanti.
L’iniziativa, che ho chiamato “fiaba (sonora) in classe“, è di #Artedo e di #Scuola4All, la Rivista del portale “Italia4All Scuola”, ed ha lo scopo di educare alle emozioni i ragazzi delle scuole primarie (ma anche secondarie) e di far riflettere sulle regole della sana convivenza. Il progetto, nato in seguito alla proposta avanzatami della Prof.ssa Rosa Liccardo del 69° Circolo Didattico di Napoli, oltre alla lettura della storia, prevede il coinvolgimento delle classi, dei genitori e degli insegnanti in un dibattito su:
- riconoscimento ed espressione mimica delle emozioni;
- senso comunicativo delle emozioni;
- emozioni e valori.
La versione sonora della fiaba ha la mia voce narrante su sottofondo musicale di Christian Tappa, mio fraterno amico e collega Musicoterapeuta che ringrazio che avermi prestato la sua “Acqua”.
Ai partecipanti a qualunque titolo all’iniziativa “fiaba (sonora) in classe” , ovvero a chi la utilizzerà per finalità educative, chiedo la cortesia di un commento in questa stessa pagina con un breve racconto dell’esperienza (dove, con chi, con quali risultati ecc.).
E ora siamo davvero pronti.
Versione sonora della fiaba
Consigliata la proiezione in classe su LIM.
Tutorial per insegnanti ed educatori
A insegnanti ed educatori che utilizzano questa fiaba per l’alfabetizzazione emotiva dei ragazzi e per la discussione in classe è consigliata la visione del tutorial che segue che fornisce spunti e idee per l’utilizzo corretto e mirato della storia a fini educativi.
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