Ci sono anch’io tra quelli che si sono sottoposti all’autoritratto terapeutico. Insieme ad altre persone di tutte le età, immortalate nel laboratorio di Cristina Núñez, artista spagnola contemporanea. Corpi maschili, femminili, nudi, coperti, tatuati o dipinti con il body painting. Espressioni di emozioni, catturate dall’obiettivo, che raccontano esperienze e vissuti, spesso dolorosi, da esorcizzare. Alcuni distolgono lo sguardo ma anche così raccontano tutto. “Che cosa voglio evitare di vedere?” Oppure: “Questo volto è il mio? Lo riconosco? O è solo la mia facciata sociale, la mia maschera? E’ quello che vorrei che gli altri vedessero di me o ciò che realmente sento di essere?”
L’autoritratto come affermazione dell’io
Faccia a faccia con se stessi si scoprono universi inesplorati. In arte e in fotografia esistono molti esempi di artisti che si sono ritratti con l’inconscio desiderio di comprendere meglio se stessi. Per questo l’autoritratto ha a che fare con la consapevolezza di sé. Perché è un modo nuovo, creativo, di vedersi, specchiarsi e comprendersi. E’ la rappresentazione che diamo di noi stessi al mondo, un mezzo attraverso il quale si dà un volto all’identità personale.
Frida Khalo, artista dei primi anni del’900, di madre messicana e di padre austro-ungarico, realizza, nel corso della sua vita, all’incirca cinquantacinque autoritratti. Per l’artista, la verità è da ricercarsi non tanto nella propria vita, quanto piuttosto nell’affermazione del proprio io. Poiché è proprio la sua stessa immagina che analizza.
Vittima di un terribile incidente che la costringe a convivere con la sua infermità, Frida Khalo cerca costantemente di definire la propria identità. Autoritraendosi, l’artista compie un viaggio attorno a ciò che la caratterizza:
- le sue origini messicane,
- la sua condizione di donna e
- di disabile.
Dimensioni dell’identità che
- si compensano,
- si offrono da guida per la ricerca di una collocazione nel mondo e
- costituiscono il suo rifugio.
La fotografia e l’autoritratto terapeutico
Il medium creativo, che sia arte o arteterapia, è un mezzo che molti artisti hanno utilizzato per esorcizzare la sofferenza. La Khalo riesce, con l’autoritratto, a ricostruire la storia della sua vita, come accade a Cristina Núñez.
Nata in Spagna agli inizi degli anni ’60, dopo un passato da tossicodipendente, la Núñez deve la sua fama di artista proprio all’autoritratto terapeutico. Approccio innovativo, fatto di scatti fotografici in cui lo sguardo curativo ricade su se stessa.
Dopo sei anni di autoritratti, l’artista inizia ad esplorare il rapporto tra corpo ed anima, dove visi e nudi si incontrano per favorire il processo di cura di sé e di crescita dell’autostima. Cristina Núñez coniuga tecnica fotografica e autobiografia, sperimentando il percorso su di sé, prima di condividerlo con gli altri. Le persone che si rivolgono a questa particolare “terapia” nel suo laboratorio (le foto in copertina, disponibili sul web, sono scattate da lei, ad eccezione della mai), vengono così invitate a rappresentare le emozioni più comuni. Rivivere e immortalare con uno scatto
- rabbia,
- disperazione,
- terrore o
- gioia
aiuta la comprensione di sé e degli altri. Una declinazione decisamente artistica che ha, tuttavia, diversi aspetti in comune con l’Arteterapia.
Sulla strada della consapevolezza
Osservare la propria immagine riflessa in uno specchio (o restituita dall’autoritratto) è un atto che restituisce ciò che siamo o che pensiamo di essere. O quello che pensiamo che gli altri vedano di noi. Dal dipinto emergono tutti quegli aspetti che caratterizzano un modo di essere e in esso viene proiettato ciò che si sente.
Prendere coscienza della propria immagine reale comporta una presa di coscienza
- di se stessi e
- della propria interiorità.
Cristina Nunez, ad esempio, fotografando il suo corpo e le sue emozioni, prende coscienza della sua condizione di tossicodipendente. E’ proprio da lì che inizia la sua lotta personale contro il suo Minotauro interiore per uscire dal labirinto che si è costruita e ritornare a nuova vita. Con rinnovata energia e acquisendo la consapevolezza di possedere forza e coraggio.
Ma la strada verso la consapevolezza è impervia e in salita. Perché nasce dall’osservazione neutra, senza pregiudizio. Con tutte le difficoltà che comporta non farsi condizionare da
- cultura,
- educazione,
- esperienze e
- paure,
normalmente coinvolte nel processo dinamico di osservazione della realtà.
Ecco, dunque, perché nei laboratori sul Metodo Autobiografico Creativo la consapevolezza di sé (che spalanca le porte alla conoscenza degli altri e del mondo) diventa un obiettivo possibile.
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