Devo un ringraziamento ad una mamma che mi ha concesso di utilizzare questo disegno della famiglia fatto dal suo bambino di nove anni. La foto era postata su facebook e mi è sembrata subito molto indicativa della percezione, anche emotiva, che il bambino ha di sé, durante l’infanzia. Prima di procedere con la lettura dell’articolo, dunque, invito ad osservare le proporzioni delle figure rappresentate, perfettamente naturali nei primi anni della scuola d’infanzia, i tratti marcati del bambino e il dettaglio dell’espressione dei volti, tanto della madre, con il fratellino in braccio, che del padre. La figura paterna, peraltro, sembra disegnata in pantaloncini mentre fa sport, quasi a caricarne di tenerezza il ruolo genitoriale. Ruolo paterno che, nel corso dei decenni, si è spostato sempre di più verso una dimensione relazionale, sul piano educativo, che vede nella collaborazione amorevole con i figli l’impegno alla realizzazione della loro natura, con la contemporanea rinuncia dell’esercizio del ruolo del censore che impone il rispetto delle regole in nome della cultura. Questo disegno, in altre parole, è l’immagine perfetta della famiglia dei nostri tempi.
Evoluzione del disegno infantile
Il disegno è certamente l’espressione più autentica e originale della personalità infantile. I primi tentativi grafici dei bambini si collocano intorno ai 18-20 mesi: i segni della matita sul foglio, gli scarabocchi, sono essenzialmente il prodotto di colpi, a volte così energici da provocare dei buchi sul foglio. Ad un certo punto, esattamente, intorno ai 2 anni, il bambino scopre l’esistenza di un rapporto tra i suoi movimenti e i segni ottenuti. A questo stadio il bambino varia i suoi movimenti e può fare a piacere linee
- verticali,
- orizzontali o
- circonferenze.
Verso i tre anni il bambino comincia a dare un nome al suo scarabocchio, mostrando così di volergli attribuire dei significati. Il bambino, in altre parole, “scarabocchia a significato”. Cioè, lo fa non più per il solo piacere del movimento ma per rappresentare in maniera intenzionale sensazioni interne vissute intensamente.
A quattro anni i suoi disegni acquistano organicità e significato comprensibili anche all’adulto. Emergono le prime, schematiche figure umane. Il bambino esce definitivamente dalla fase dello scarabocchio per entrare in quella figurativa. È a quest’età che egli comincia a raffigurare la persona. Della figura umana traccia pochi elementi schematici:
- un cerchio è la testa da cui partono
- dei raggi che sono le braccia e
- le gambe.
L’omino cefalopode
Compare il cosiddetto “omino cefalopode”, comune ai bambini di tutto il mondo. Ben presto, all’interno del cerchio compaiono due grandi occhi, mentre solo dopo inizia a raffigurare anche la bocca e il naso. Tra i quattro e i cinque anni il bambino disegna il primo abbozzo di tronco (e spesso ci mette l’ombelico). A cinque anni l’omino è riconoscibilissimo:
- oltre agli occhi, al naso e alla bocca, compare il tronco, da cui spuntano le braccia e le gambe.
- Per ultime compaiono le orecchie, spesso di dimensioni eccessive per il gusto della nuova scoperta.
- L’occhio acquista il suo contorno e nel centro porta il segno della pupilla.
- Il tronco si allunga e si allarga fino a diventare più ampio della testa,
- mentre le gambe e le braccia sono bidimensionali.
Raramente appaiono cenni di vestiario, come cappello, bottoni, pantaloni, ecc. L’omino è quasi sempre rappresentato in posizione verticale.
Dimensioni e proporzioni
A sei anni lo schema mentale che il bambino ha del proprio corpo è più completo. E, infatti, l’omino
- si arricchisce del collo,
- delle mani al fondo delle braccia,
- mentre, a proposito delle proporzioni, l’altezza totale della figura è circa 4 volte la sua larghezza.
Dopo i sei anni, le persone amate vengono rappresentate con più cura e hanno dimensioni maggiori delle altre. Nel disegno, compare, dunque, una rappresentazione significativa della famiglia. Man mano che il bambino cresce, la razionalità prende il sopravvento e i rapporti tra le parti diventano più realistici, anche se per i temi più sentiti permangono certe sproporzioni. Se, infatti, un bambino disegna tutti gli oggetti e le persone sempre nelle loro esatte proporzioni, senza mai dare risalto a nulla in particolare, può significare che la sua partecipazione emotiva a ciò che rappresenta è scarsa.
La figura in evidenza può differenziarsi non solo per le dimensioni ma anche per la sua collocazione spaziale, che è quasi sempre centrale, come si vede nella foto di copertina. Invito a osservare, nell’immagine di copertina, le spalle enormi del bambino in posizione centrale, squadrate, più larghe di quelle del padre, e il tratto marcato con cui egli si raffigura. A differenza delle linee “morbide” con cui sono raffigurati i genitori.
I tre temi dei disegni infantili
L’attività grafica, durante i primi anni della scuola d’infanzia, oltre ad essere uno dei mezzi che il bambino possiede per analizzare, descrivere e narrare gli avvenimenti e le cose, è anche uno strumento d’espressione della propria vita emotiva. In generale, la forza e l’intensità del tratto grafico sono indicative sia dell’energia del soggetto che dello stato emotivo al momento dell’esecuzione del disegno.
Sono tre i temi dei disegni importanti dal punto di vista della rappresentazione del mondo interiore del bambino: il disegno libero, l’autoritratto e il disegno della famiglia.
- Il disegno libero si rivela interessante perché, disegnando, il bambino tende ad esplicitare i propri conflitti e le proprie ansie.
- Con l’autoritratto, in genere, il bambino riproduce con discreta fedeltà la percezione che ha di sé ed il livello di adattamento all’ambiente circostante.
- Attraverso il disegno della famiglia, invece, fornisce elementi interessanti sul rapporto genitori-figli e su come questo cambi con la crescita.
L’autoritratto infantile
L’autoritratto che il bambino disegna esprime la percezione che egli ha del suo corpo e dei suoi desideri.
- Se un omino è armonioso nel suo insieme, ci sono delle buone possibilità che il bambino sia ben adattato.
- Al contrario, se l’omino è di dimensioni molto ridotte e nel foglio si raffigura in basso o in un angolo, ciò può nascondere una bassa autostima e un senso di inferiorità rispetto agli altri.
Anche l’assenza di mani e di braccia può essere sintomo di autosvalutazione e d’insicurezza. Il bambino che ha una stima smisurata di sé, disegna, viceversa, l’omino di proporzioni enormi. Un’estensione dell’autoritratto può essere considerata la rappresentazione del gruppo dei coetanei. Infatti, disegnando un gruppo di bambini, il soggetto finisce per proiettare la sua posizione reale nel gruppo (leader, gregario, isolato) e i suoi rapporti con gli altri bambini. È molto differente, infatti, che egli rappresenti sé stesso, ad esempio, al centro di un girotondo o come uno dei tanti che fanno parte del cerchio.
Il disegno della famiglia
Quando la percezione del bambino rispetto ai componenti della famiglia è che essi siano affiatati, solitamente, egli li rappresenta mentre svolgono insieme un’attività o si tengono per mano. In un siffatto ritratto di famiglia, il bambino si disegna più vicino al genitore con cui si sente più a suo agio o che ama di più. Ma se, al contrario, un bambino penserà, ad esempio, che il fratellino super-fantastico (il testo in pseudo-inglese della foto di copertina è straordinario!) sia più amato dai genitori, tenderà a disegnarlo in mezzo alla coppia. Ma in questa foto, al centro, c’è ancora lui, l’autore del ritratto di famiglia, benché la mamma tenga in braccio il neonato, com’è comprensibile che sia.
Sul piano affettivo, dunque, a me l’immagine dà l’idea di un buon contenimento da parte delle due figure genitoriali. Ma il bambino non è per mano a mamma e papà, perché entrambi occupati in altro:
- la prima è presa dal fratellino;
- il secondo dalle sue cose (sembrerebbe avere dei pesi da body building in mano).
Al centro della famiglia
Sembrerebbe essere il bambino il personaggio “al centro” della famiglia. Insomma, quello con le spalle larghe sembra proprio lui. Ma ci mancano alcune informazioni. Ad esempio, il personaggio valorizzato è, spesso, il primo ad essere disegnato, perché è il primo a cui il bambino pensa e su cui focalizza la sua attenzione. Ma, personalmente, non ho idea di come abbia proceduto il bambino nel suo disegno. A intuito, mi sembra che sia lui, anche perché le dimensioni del personaggio principale, in proporzione, sono quasi sempre superiori a quelle degli altri.
Non di raro, peraltro, il personaggio valorizzato
- è presentato di profilo o in movimento, mentre gli altri sono di fronte e statici, e
- con una maggior cura dei dettagli (accessori di prestigio come la pipa, la borsetta, la collana ecc.).
Attenzione alla dinamica
Elementi che mancano al personaggio principale di questo disegno della famiglia (il bambino). L’unico personaggio con dei dettagli è, infatti, il padre, che indossa pantaloncini corti e fa sport. Il fatto che il bambino volga lo sguardo verso la figura paterna, tuttavia, dà l’idea che egli tenda verso quella per due ragioni che mi appaiono ragionevoli:
- da una parte, per identificazione con un immaginario ideale, benché sia laterale nel quadretto di famiglia;
- dall’altra, per via delle attenzioni della mamma verso il fratellino.
Ora, è chiaro che questa non è affatto un’interpretazione ma semplicemente un report di sensazioni personali. Molto, infatti, lo determina anche la dinamica della produzione del disegno, cosa che può essere osservata da genitori e insegnanti “in presa diretta”. Se, infatti, un personaggio si sente svalutato nella sua famiglia, tende a essere disegnato per ultimo, più piccolo oppure fuori dal gruppo, oltre che in posizione statica e con un numero limitato di dettagli.
Ma non è certamente questo il caso.
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