Quando osserviamo qualcosa, come una forma che ci sembra di riconoscere nelle nuvole, la nostra attenzione si ferma davanti a figure che già conosciamo. Sono immagini depositate nella nostra memoria inconscia che la nostra intenzione rievoca. Questo, in fondo, è il motivo per cui a noi sembrano qualcosa e ad altri no. Oppure, questo è lo stesso motivo per cui in un dipinto astratto vediamo volti e oggetti che altri non vedono in alcun modo. Siamo, dunque, noi che, con la familiarità, spesso inconsapevole, con talune forme, le portiamo fuori e ci sembra di vederle. Anzi, siamo noi che intendiamo vederle e vi ci soffermiamo l’attenzione. La differenza tra vedere in quest’immagine un angelo o un demone è tutta qui.
Intenzione e scotoma mentale
Allo stesso modo, se decidiamo di non vedere qualcosa, riusciamo ad ignorare anche ciò che abbiamo sotto gli occhi in ogni momento di tutti i giorni. Anche in questo caso, è la nostra intenzione di non vedere che sposta altrove l’attenzione. O, meglio, l’intenzione della nostra mente di seguire i sentieri più comodi del pensiero riproduttivo, agli antipodi del pensiero laterale creativo. In parole semplici, alla nostra mente non piace sforzarsi: perciò si ferma, tendenzialmente, alla prima immagine che riconosce. Si chiama scotoma mentale, buio della mente, argomento di cui ho già parlato in un articolo di qualche tempo fa dal titolo “Come si può rimediare ai deficit dell’attenzione?“.
Da che cosa dipende? Di sicuro, una delle cause è il nostro vedere selettivo che prima struttura e poi dipende dalle nostre mappe mentali che confinano ad uno stato permanente di attenzione parziale. Cioè, siamo mediamente distratti e questo agevola il fatto che “ci accontentiamo” di quello che si vede subito, senza approfondire.
La creatività è la soluzione
Noi oggi sappiamo come un’esperienza “altra”, come un viaggio o un momento di relax, benessere e divertimento, agevoli la comparsa dell’insight creativo (questione di onde elettromagnetiche di tipo alfa che caratterizzano l’attività elettrica del cervello in tali occasioni extra-ordinarie). Ma la stessa esperienza facilita i processi attentivi. Ecco perché intenzione, attenzione e creatività sono strettamente collegate tra loro.
Ma occorre cambiare stile di vita o concedersi spazi diversi in cui coltivare la consapevolezza e il contatto con se stessi per potenziare l’attenzione e la capacità di rispondere positivamente e con creatività anche alle sfide della quotidianità. Perché, più siamo attenti, più siamo creativi, più sviluppiamo il nostro potenziale come esseri umani.
Essere attenti, infatti, significa tendere a, essere proiettati verso, ovvero è molto di più di una passiva registrazione di stimoli. L’attenzione è un’azione dinamica che il soggetto compie dinnanzi all’oggetto della propria osservazione. Il che richiede intenzione, presenza, consapevolezza e comporta l’acquisizione di un metodo attraverso un training, un percorso, una ricerca che nasce e finisce in noi stessi. Improbabile che ciò avvenga nella frenesia del nostro movimento veloce, tra discussioni in famiglia e con i colleghi, traffico, clacson che suonano inferociti, autobus da prendere e appuntamenti a cui presentarsi in orario o stando seduti dietro ad una scrivania. Anche perché viviamo facendo sempre più cose contemporaneamente, distraendo continuamente l’attenzione dal presente.
Il Sistema di Attivazione Reticolare e l’intenzione
L’intenzione, dunque, attraverso il Sistema di Attivazione Reticolare (il sistema di connessioni che collega il cervello al midollo spinale), indica verso quale stimolo sensoriale (dove e su cosa) dirigere l’attenzione, mentre la creatività è strumentale all’attivazione di questo processo.
Dal punto di vista fisiologico, funziona in questo modo: l’intenzione filtra le informazioni dall’esterno (anche quella di vedere creativamente, come nella foto in evidenza, delle forme nelle nuvole) e stimola dei geni che producono nuovi neurotrasmettitori che, a loro volta, stimolano nuove connessioni sinaptiche.
Più questo avviene, più il cervello si attiva e diventa creativo, aumentando così la probabilità di produrre rivelazioni creative. Grazie all’apertura simultanea di una miriade di cassetti che contengono informazioni già acquisite, che in tal modo si rimescolano con quelle nuove appena prodotte. A questo punto, fa soffermare l’attenzione su qualcosa in particolare, qualcosa che interessa. In quest’arco di tempo in cui l’attenzione è focalizzata, l’informazione ricevuta dall’esperienza acquista senso e porta il soggetto a comportarsi di conseguenza.
Le tre componenti
Dal punto di vista del funzionamento della nostra mente, tre sono le componenti che indirizzano l’attenzione:
- le mappe di salienza,
- il controllo esecutivo e
- il rivelatore di pericolo.
Delle mappe di salienza mi sono già occupato (e consiglio la lettura dell’articolo linkato). Esse, insieme alle altre due componenti, spiegano una buona parte delle situazioni attenzionali nelle quali ci imbattiamo.
- La conservazione delle funzioni esecutive è, d’altro canto, strettamente connessa all’odierna strutturazione della nostra società: l’abbondanza di stimoli sonori e visivi, legati alla moltiplicazione multimediale o all’accelerazione dei ritmi della vita, rende difficile la concentrazione stabile. Gli insegnanti, ad esempio, ogni giorno osservano, non senza preoccupazione, la riduzione delle capacità attentive in molti studenti. Non sorprende, dunque, che l’attenzione sia, dunque, dominata da molte forze contrarie tra loro. Per questo è così difficile rimanere concentrati a lungo su di un obiettivo specifico. Il che, in qualche modo, incoraggia il proliferare di strumenti e tecniche, come la mindfullness, le arti terapie, lo yoga e altre forme di meditazione che, attraverso esercizi mirati, permettono di intervenire per recuperare il controllo attenzionale.
- I rivelatori di pericoli, infine, completano la panoramica. Non mi dilungo ma, brevemente, ricordo quanta attenzione noi poniamo alle situazioni di pericolo o a tutti quegli episodi in cui ci siamo sentiti in pericolo. E che ricordiamo con vivida memoria, proprio perché, o mentre accadevano o subito dopo, hanno catturato tutta la nostra attenzione.
Vediamo quello che ci aspettiamo di vedere
Le tre personalissime componenti, attraverso cui si esprime il nostro Sistema di Attivazione Reticolare, strutturano il nostro modo di prestare attenzione a ciò che ci accade intorno con l’ausilio dell’intenzione. Nel caso della foto dell’articolo, che ho avuto la fortuna di scattare personalmente, ognuno ci vede ciò che l’intenzione dice che rappresenta, sulla base di contenuti intrapsichici inconsci. E’, dunque, l’intenzione che vuole trovare ciò che si è prefissa di trovare. Sicché, la coscienza adatterà in vario modo le immagini fino a quando la mente non avrà riconosciuto ciò che ha già deciso di trovare.
Ma naturalmente, più pratichiamo la creatività, più siamo creativi, più immagini vedremo: esse fluiranno, compariranno e si rimescoleranno in nuove forme, esattamente come sostiene Eric Kandel nella sua teoria della memoria intelligente, generando nuove informazioni per il nostro cervello. E maggiori possibilità di comparsa di un insight creativo, quello che ci fa vincere le sfide della nostra quotidianità.
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