“La strega incarna i desideri, i timori e le altre tendenze della nostra psiche che sono incompatibili con il nostro io”, scrive Carl Gustav Jung. Nelle fiabe, come nell’immaginario collettivo, essa vive isolata da tutto e da tutti, spesso nascosta in fondo al mare, nel cuore di una buia foresta o al centro della terra. Ma cosa c’entra con ognuno di noi?
La strega nella fiaba
L’etimologia del termine si traduce in donna (stria), che ammalia con le parole (stroliga). Come accade ad Hansel e Gretel o a Biancaneve, nell’immagine. L’incontro con la strega, in questa come in tutte le fiabe, non è mai né casuale né privo di significato. Si manifesta al protagonista (o ai protagonisti) con le sembianze di un’anziana, sola e saggia, o di una ripugnante vecchia mostruosa, in alcuni casi capace perfino di volare. E, ha sempre con sé un dono:
- una pozione,
- un frutto
- o un “consiglio”.
Figura femminile carismatica e maga esperta in incantesimi, può provocare o togliere il malocchio, leggere il futuro nella mano, nello specchio o negli occhi e usare poteri distruttivi e malefici.
La strega nella fiaba autobiografica
Per l’implicazione del suo ruolo, la comparsa della strega nella narrazione autobiografica rimanda, quasi naturalmente all’antagonista. Cioè, rappresenta l’ostacolo tra il protagonista e il compimento della sua missione.
Nella lettura psicoanalitica della fiaba operata da Vladimir Propp, coevo di Freud, l’antagonista è la parte buia, negata e rimossa del protagonista. Dunque, la strega, nella narrazione autobiografica di chi la evoca, è un insieme di figure archetipiche in cui trovano rifugio le pulsioni antagoniste-complementari che, regolando l’intero cosmo, appartengono anche a ciascuno di noi.
Cioè, ognuno di noi è Cappucetto Rosso e il Lupo cattivo nello stesso tempo; Biancaneve e la strega. Tutto ciò che il Metodo Autobiografico Creativo con la Tecnica della Fiabazione agevola è l’incontro delle diverse parti e una salvifica mediazione tra di esse.
L’archetipo della strega
Le sue sembianze, i suoi poteri, il corpo stanco, ricurvo e agile al tempo stesso sono il calco negativo ed occulto del femmineo idealizzato. Nel suo lavoro ‘‘Archetipi dell’inconscio collettivo”, Jung definisce la strega come la proiezione dell’inconscio femminile dell’uomo. O, meglio, “una segreta partecipazione alla sua femminilità”. (da C.G. Jung).
Nella psicologia del profondo, l’immagine della strega è legata all’archetipo della Grande Madre (o della Madre Terra) che, come nel mito greco di Demetra (Cerere per i romani), è, al tempo stesso,
- attraente e spaventosa,
- generosa e crudele,
- creatrice e distruttiva,
- coerente e paradossale.
Rappresenta e simboleggia le pulsioni istintive e i desideri rimossi dall’inconscio, perché intollerabili per l’io o incompatibili con esso.
Bipolarità dell’archetipo della strega
“Affrontare la strega”, scrive l’analista Anna Michelini Tocci nel suo lavoro “Bipolarità dell’archetipo della strega nelle fiabe”, pubblicato nella Rivista di Psicologia Analitica, “è per il paziente un compito difficilissimo.
Ma è necessario per iniziare la strada della sua vita di individuo, per attivare l’altro polo dell’archetipo, per creare un legame con la parte positiva della strega, cioè con la vecchia buona e soccorrevole”.
Gentilissimo Dottor Centonze, mi chiamo Sonia Salsi, ricercatrice indipendente Unibo, vorrei citare l’articolo della dottoressa Anna Michelini Tocci “Bipolarità dell’archetipo della strega nelle fiabe, mi potrebbe per favore riferire il riferimento bibliografico in cui è pubblicato l’articolo ?, grazie di cuore, Sonia
Buonasera, Dottoressa. Non riesco ad essere più preciso di quanto riportato in articolo. Devo averlo letto sul web. Cari saluti.