Chi vive al governo della propria vita sa anche come sfruttare le emozioni che prova. Cioè, come volgere a proprio vantaggio le situazioni emotivamente cariche e, spesso, complesse da gestire. Questa abilità è quella che caratterizza i grandi manager e, in genere, molte persone che hanno successo nel loro lavoro e nelle relazioni. Ancora una volta protagonista è Moira Mikolajczak, ricercatrice presso il Fondo Nazionale Belga e la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Lovanio, autrice di numerosi studi sul tema delle emozioni. Tra cui, quello da cui è tratto questo lavoro.
Sfruttare le emozioni
A questo punto, abbiamo appreso quattro competenze fondamentali dell’intelligenza emotiva. Sappiamo che serve per:
(Continuerò a usare il termine di controllo delle delle emozioni, benché molti preferiscono parlare di gestione delle emozioni. Per me vanno bene entrambi come sinonimi, benché non lo siano, specie per gli psicologici cognitivisti).
Ognuna di queste competenze, dicevo, ha la sua funzione nella nostra crescita personale.
Per completare l’indagine sui livelli dell’intelligenza emotiva occorre, tuttavia, capire che cosa farsene di queste competenze. Ovvero, come mettere a frutto le conoscenze maturate intorno alle emozioni. Potremmo anche dire, come sfruttare le emozioni per la nostra vita di persone “emotivamente intelligenti”.
Campanelli d’allarme
Le emozioni hanno da sempre la funzione del campanello d’allarme per l’organismo. Ci dicono “fai attenzione: sta accadendo qualcosa che può alterare il tuo equilibrio”. Ci vuole una maturazione affettiva per esercitare questo tipo di controllo sulle emozioni.
Per questo l’adolescente innamorato balbetta quando incontra l’oggetto dei suoi desideri, mentre al cinquantenne non accade. Almeno così dovrebbe essere.
Non solo. Un uomo maturo e sanamente strutturato, che sa riconoscere le informazioni emotive sulla base del suo vocabolario nato dall’esperienza, può volgere a proprio vantaggio ciò che prova. E decidere se controllarlo, come e quando esprimerlo.
Un esempio
Mettiamo che io sia un tipo “fumantino“, a capo di un’organizzazione che si regge su equilibri fragili. In questa realtà il mio malcontento è alto, nei periodi di minor produzione. Quando è così, i miei interventi appaiono aggressivi, poiché molto direttivi e autoritari. In queste occasioni, il gruppo si sfalda e impiego sempre troppa fatica a rimettere insieme gli equilibri che preesistevano alla rottura. Specie a causa dell’amplificatore delle chat di gruppo su whatsapp che accrescono il disorientamento, tra veri e presunti destinatari.
Supponiamo, tuttavia, che, allo stesso tempo, io non sia sempre così. E che sia consapevole del fatto che, modificando il tono della mia leadership, i risultati siano diversi a seconda dei momenti e delle evenienze.
Che cosa potrei fare per volgere a mio vantaggio la situazione? Cioè, come sfruttare il potenziale dell’intelligenza emotiva per trasformare in positivo un atteggiamento negativo?
Cambio di strategia
Memore dei risultati e delle conseguenze di interventi isterici, decido di affidare la comunicazione con il gruppo al più accogliente dei miei collaboratori. Io mi defilo. Conosco i miei limiti e so che lui è molto apprezzato per le sue doti di ascolto.
Gli dico di ascoltare ma di far rispettare le regole. Il gruppo per un po’ capisce ma, alla lunga, si irrigidisce anche con lui. E’ sempre così quando ci sono regole da rispettare e da far rispettare. Così, alla fine della fiera, è il gruppo a chiedere il mio intervento per dirimere i conflitti con il mio collaboratore.
Cioè, defilandomi dal ruolo del cattivo, finisco per diventare il buono.
Le insidie delle emozioni positive
Stesso esempio potrebbe essere portato con le emozioni positive. Se, infatti, consideriamo opportunamente l’eccitazione di un momento di gioia, ogni decisione presa sotto l’effetto di quest’emozione potrebbe nascondere delle insidie. Come perdere per un momento l’obiettività della valutazione.
In fondo, perché mai i figli danno le brutte notizie ai genitori quando questi ultimi sono felici? Come fanno gli impiegati con il loro capo. Non è anche questo un esempio di sfruttamento delle altrui emozioni positive?
Se, dunque, siamo abbastanza attenti e sappiamo dare il giusto nome alle emozioni, quelle che proviamo e quelle che facciamo provare agli altri, le informazioni in nostro possesso diventano fondamentali per organizzare reazioni congrue.
Ecco che cosa vuol dire sviluppare la competenza che permette di mettere a frutto le conoscenze intorno alle emozioni. La natura, come sempre e anche in questo senso, è la metafora perfetta della vita: il branco sa cogliere la paura del membro più debole per scampare ai pericoli e mettersi in salvo.
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