Viviamo in un’epoca difficile che fa vivere le relazioni come un fastidio più che come un piacere. La parte del nostro cervello deputata alla difesa e alla fuga è sempre in allerta. Certo, sono cambiate le condizioni di pericolosità che ledono la nostra incolumità ma esse non sono affatto diminuite. Anzi. Il nostro cervello è settato per scongiurare dolore e dispiacere più di quanto non lo sia per ricercare benessere e felicità. Per questo, che anche se sarà lui a cercarci, dobbiamo sapere che il nostro cliente sarà comunque inizialmente chiuso e diffidente. Per questo sta a noi metterlo a suo agio. Cercare, dunque, di far vivere un’esperienza positiva e unica quando è con noi, in presenza o sul web, è l’unica garanzia che ci rinnoverà la sua fiducia anche in futuro.
I 6 consigli del marketing relazionale
Ecco, alla luce di quanto fin qui detto, quelli che possono essere i migliori consigli da seguire. Non importa che vendiamo prodotti, collochiamo servizi o proponiamo noi stessi. Sono consigli che valgono per le relazioni che vogliamo portare all’efficacia.
- Adottare una comunicazione coerente.
- Creare situazioni di comfort.
- Seguire i segnali sociali.
- Essere sempre trasparenti e chiari.
- Permettere una prova.
- “Essere” prima di “fare”.
Una comunicazione coerente
Occorre imparare a far coincidere il tipo di messaggio che vogliamo lanciare con quello che i nostri potenziali clienti vogliono ricevere e possono comprendere. Dobbiamo, quindi, tener presente che ognuno ha la propria mappa mentale che solo conoscendo il maggior numero di informazioni (estrazione sociale, culturale, età, provenienza) potremo immaginare. Una volta entrati in contatto, potremo informarci sui gusti, facendo attenzione a non dare la caccia alle notizie. Nessuno, in fondo, ama iniziare una conoscenza con un terzo grado. Ma una conoscenza approfondita è alla radice dell’empatia che si instaura tra chi offre un servizio e chi lo usa e ne fa perdere i comportamenti.
Creare situazioni di comfort
Consapevoli di ciò, dobbiamo metterci nei panni dei nostri clienti e creare situazioni di comfort per scongiurare quelle di pericolo che noi per primi non vorremmo vivere. Per questo la sensazione di perdita, che è innato con l’atto del pagare, deve essere mitigato dal contesto relazionale positivo della vendita. Pagare ci costa sempre, anche quando stiamo acquistando qualcosa che desideriamo. Pagare ci toglie qualcosa che per noi è faticoso accumulare e che serve per il nostro sostentamento. L’atto in sé mina la sicurezza che ricerchiamo nel vivere: ancestralmente, rappresenta la stessa sensazione che proviamo quando le nostre provviste scarseggiano e viviamo l’incertezza del futuro. Questo crea panico e disorientamento, come quando i viveri stanno per finire, poiché il meccanismo legato alla sofferenza è più profondo di quello legato al piacere (funzione del cervello antico) e ci ha preparati all’evenienza di dover fuggire e di difenderci.
Quando accadono cose negative, la cosa difficile è trovare il giusto punto di vista!
Seguire i segnali sociali
Seguiamo i segnali sociali perché sono importantissimi. I nostro clienti e amici vivono sui social almeno quanto noi: un “like” o un “follow” gratifica il loro operato non meno di quanto non accada con noi a parti invertite.
Essere sempre trasparenti e chiari
Vale sempre. Specie se ci sono delle condizioni economiche da rispettare. Ogni volta che un cliente deve pagare affronterà un senso di perdita e di sconfitta. Per controbilanciare la sensazione, alcuni consigliano di usare parte di credito, PayPal o bonifici che, non dando la sensazione fisica del fruscio del denaro contante, attutiranno il senso di perdita che è associato al pagamento. Per me, è meglio ancora associare sconti o omaggi che danno al cliente un senso di rivincita a fronte di una perdita. Se egli riceve un vantaggio, crederà di più alla nostra vicinanza, alla nostra onesta, e alla nostra serietà; si sentirà rispettato e associare all’acquisto una sensazione positiva che vorrà ripetere. Così egli diventerà il nostro migliore alleato.
Permettere una prova
Mettiamo il nostro cliente nella condizione di provare prima di acquistare. E’ la base del marketing esperienziale, tema su cui tornerò in un altro momento. Invitiamolo ad una presentazione, concediamogli una prova gratuita. Ogni percorso cognitivo che non si traduce in un’esperienza concreta è, per definizione, inutile poiché rimane sterile. Ecco perché bisogna tradurre in azioni quello che è nelle nostre intenzioni.
“Essere” prima di “fare”
Traduciamo quello cha abbiamo appreso fin qui in un comportamento, in uno stile: le buone abitudini, come le cattive, si prendono solo con la pratica di ogni giorno. Visto che occorre decidere che tipo di clienti vogliamo cercare, dobbiamo, di conseguenza, decidere che tipo di venditori vogliamo essere.
Conclusioni
Quando si agisce bene, il fallimento non esiste. Anche una lamentela diventa una possibilità di crescita, un indizio per noi per fare meglio o diversamente la volta successiva. La nostra mente tende a ripetere in modo automatico e schematico gli stessi comportamenti, facendoli rientrare in una routine che ci fanno dimenticare il motivo per cui facciamo una determinata cosa.
In fondo, Einstein diceva: “quando accadono cose negative, la cosa difficile è trovare il giusto punto di vista”.
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