Cambiamenti è il nome di una compagnia teatrale. O, almeno, lo era nel 2009, quando fui chiamato ad organizzare attività per la riabilitazione espressiva con le Arti Terapie in favore di un gruppo di persone in Comunità Terapeutica per pazienti psichiatrici. Dapprima, la musica e la musicoterapia. Poi, la scelta del linguaggio teatrale e della teatroterapia. Con mia grande sorpresa, mi trovai davanti un gruppo di attori. Potere delle Arti Terapie, pensai, che ti permettono di essere altro da te e dalle patologie. All’improvviso, durante un laboratorio, Fernando, uno di loro, mi chiese: “E se portassimo in scena i nostri lavori?”. Il resto è storia di prove sul palco, spettacoli, amicizia e di una indimenticabile tournée estiva.
Cambiamenti
Siamo a Taviano, in provincia di Lecce, nella primavera del 2009. Il mio progetto di musicoterapia e teatroterapia volge al termine. Mancano pochi laboratori. Poi, l’idea. Ne parlo con Antonio e Maria, i direttori della comunità Cambiamenti. Si fa. Da conduttore, eccomi nei panni del regista. Ed ecco che un gruppo di venticinque persone, pazienti schizofrenici per tutti, diventano attori. Manifesti, sei date nelle Marine del basso Salento in agosto. In cartellone, Cambiamenti, inteso come Cambia-menti ma anche trasformazioni, quelle a cui ho assistito grazie al potere del teatro.
Non so se la comunità esista ancora o se il progetto sia continuato dopo quell’anno. Ma so che per tutti noi sarà un’esperienza che non potremo dimenticare.
Il progetto
Nasce come un percorso finalizzato alla riabilitazione di un gruppo di 25 pazienti psichiatrici adulti, prevalentemente con diagnosi di schizofrenia. Siamo partiti insieme, io e il dr. Greco, lo psichiatra della struttura. In equipe con gli educatori, abbiamo condotto uno studio individualizzato sulla storia personale e sulla carriera clinica di ognuno. Prima le persone, poi i sintomi. Giusto per non cadere nel tranello della farmacoterapia e della medicina occidentale che riduce la gente in categorie, organizzate per classi psicopatologiche.
- Giuseppe ha deliri e allucinazioni;
- Anna disturbi del pensiero e depressione, associati alle più comuni manifestazioni sintomatiche da regressione sociale;
- Cosimo ha forti deficit dell’attenzione. Non riesce a concentrarsi – così dice -. E’ distratto, apatico e non sa programmare alcuna attività finalizzata;
- Marcella dice di essere devastata dalla sua incapacità a ricordare.
“Riusciranno ad imparare una parte?”, mi chiedo.
Il paziente psicotico
Il paziente psicotico vive in maniera confusiva il rapporto tra l’ambiente circostante e un Sé frammentato, anche quando è compensato con la farmacoterapia. Gli ospiti di Cambiamenti sono persone con una lunga carriera psichiatrica alle spalle. Per loro, dunque, il mondo interiore e quello esteriore sono la stessa cosa. E’ come se il paziente psicotico si sentisse assorbito da ciò che lo circonda, confuso con esso. Per questo non distingue una voce che viene dalla sua mente e che crede venga da fuori. Come pure per le immagini, frutto di allucinazioni, che crede di vedere.
Perciò, il lavoro con il corpo, tipico del teatro, della danza e di altra pratiche creative consente di creare un’intercapedine che tra ciò che è dentro e ciò che è fuori. Questo spazio, creato dal gioco e dalla finzione, consente, dunque, un’osservazione di queste evoluzioni. Se ciò che prima era dentro, lo tiro fuori grazie alla creatività, posso osservarlo in modo diverso. Posso non subirlo. Se, una volta che il prodotto artistico è fuori, me ne riapproprio distinguendolo dai miei confini corporei, posso riappropriarmi della mia identità personale. E da qui posso partire per ricercare, in un secondo momento, processi d’interazione con gli altri.
Le Arti Terapie in psichiatria
Dal punto di vista clinico, le Arti Terapie non mirano alla riabilitazione della patologia franca. Semmai, al ripristino, attraverso l’arte, di canali di comunicazione che sono in corto circuito a causa di un malfunzionamento delle strutture cerebrali deputate all’elaborazione del pensiero. Quindi, riabilitazione espressiva e prevenzione di ulteriori peggioramenti sono le finalità che è possibile perseguire con un progetto come quello che ho condotto in Cambiamenti.
Nei setting allestiti negli spazi della comunità, abbiamo lavorato quasi sei mesi per questi obiettivi. Sviluppare:
- la presa di coscienza dei vissuti corporei;
- le competenze emotive e relazionali che sottendono i processi cognitivi e sociali;
- le potenzialità creative e artistiche, intese come risorse interne che attivano percorsi di autostima e fiducia in sé e nell’altro;
- la capacità di entrare in contatto con il proprio corpo, attraverso la consapevolezza dei propri confini corporei, quale proiezione del proprio essere-nel-mondo; sviluppare la capacità di entrare in relazione con il diverso-da-sé in un clima di integrazione e collaborazione;
- le capacità di socializzazione mediante la sperimentazione di diversi ruoli e delle dinamiche di gruppo;
- la capacità di gestire aggressività, conflitti e contribuire a creare un clima di mutuo aiuto tra tutti i componenti del gruppo.
Ultimo ma non ultimo, abbiamo lavorato per divertirci e per stare bene insieme. Il benessere psicofisico va sempre valorizzato.
Si va in scena!
Poi, però, terminato il progetto di Arti Terapie, siamo andati in scena. Si Sto arrivando!, le Arti terapie non vanno in scena. Infatti, da questo momento, il percorso è diventato tipicamente teatrale, “artistico”. Per quanto possibile, ovviamente. Ma i risultati sono stati eccezionali. Le tecniche teatrali, corporee e di recitazione per preparare il gruppo degli “attori” alle performance hanno preso il posto di schede di osservazione del setting e di pratiche tipiche della relazione d’aiuto. L’allestimento degli spazi diventava montare le quinte, provare l’amplificazione e rassicurare la compagnia che fremeva prima dell’inizio dello spettacolo. Io la chiamavo frenesia da applausi. Ed era anche così.
Non so dire se il merito sia stato di più della prima parte del progetto o della resa teatrale. Credo, tuttavia, di entrambe. In fondo, durante i laboratori di Arti Terapie abbiamo tirato fuori parti di noi che, successivamente, sono diventate i personaggi. O, meglio, le caratterizzazioni dei personaggi. Così è stato bellissimo vedere Antonio, che sente le voci, rispondere al telefono di una voce che lo ammorba con la descrizione di una serie di sintomi che, in modo, egli aveva davvero.
Da qui il titolo dello spettacolo “L’equilibrista: riflessioni semiserie su talune condizioni umane”. Proprio per tracciare una linea immaginaria, che separa la salute dalla malattia, lungo la quale camminiamo. Correndo il rischio di cadere dalla parte sbagliata. Ma senza perdere la voglia di scherzarci anche un po’ su.
Siamo stati in sei piazze affollate, durante altrettante feste patronali. E abbiamo riso e scherzato più di un po’. Per questo ricordo oggi, in questo mio tributo, la mia estate teatrale del 2009. Non senza un velo di nostalgia.
(Nella foto, Arti Terapeuti Artedo durante un’attività di training)
Mi chiamo Alessandra e c’ ero anche io nel lontano 2009 come paziente della comunità psichiatrica che mi ospitava ed ho preso parte anche io alla preparazione della rappresentazione “Amore e Follia”. Credo che quel giorno delle prove in cui mi dicesti che dovevo esprimere, con un monologo, a testa mia, l’emozione della “A RABBIA”, mi rimarrà in presso per sempre. Non ricordo che dissi ma dopo avvertii una liberazione come da un macigno che mi opprimeva tanto da farmi perdere la libertà di essere e di accettarmi per quella che sono. Ti sono grata Stefano, sono grata anche ad Antonio e a tutti i ragazzi e ai collaboratori della comunità. Vi tengo nel cuore come un tesoro prezioso!!!
Ciao, Alessandra. Ti ringrazio anche da qui. Ricordo benissimo quell’esperienza che è stata molto ricca anche per me.
Di tutto questo, ringrazio ancora oggi ognuno di voi. Te, in particolare, per queste belle parole.
Un abbraccio e a presto.
Stefano