Immagina di avere davanti una bambola, una casetta (per la bambola), due scatole (una gialla e una marrone) e un pesciolino-giocattolo che è nascosto nella scatola gialla. Gli oggetti sono davanti a te. Ad un tratto, alla presenza della bambola, sposti il giocattolo dalla scatola in cui si trova a quella vuota. Successivamente, sposti la bambola nella casetta e, mentre la bambola non assiste alla scena, riporti il giocattolo dalla scatola marrone alla scatola gialla. Alla fine di tutto, porti fuori dalla casetta la bambola. Dove credi che andrà a cercare il giocattolo? Nella scatola gialla o in quella marrone?
Per definire la stupidità infinita da cui siamo circondati, bisogna partire dall’estremo opposto. Parliamo, dunque, dell’intelligenza umana.
L’intelligenza che ci rende superiori
In che modo può essere definita l’intelligenza e in che cosa si distingue da quella degli animali? Degli animali sappiamo che:
- sono intelligenti;
- provano e sanno esprimere emozioni;
- sono capaci di organizzarsi in collettività.
Dove sta, allora, la superiorità della razza umana? Essenzialmente in due aspetti.
- Il primo, evidente, è che l’uomo è l’unico essere vivente che riesca a finalizzare il proprio comportamento intelligente. Ciò in ragione delle relazioni tra i tre cervelli: quello antico, quello intermedio (emozionale) e quello recente (la neocorteccia).
- Per il secondo, mi serve ritornare sull’esempio da cui sono partito.
Dov’è il pesciolino?
Se farai la domanda che ho lasciato in sospeso all’inizio ad un bambino di quattro anni, ti risponderà che la bambola cercherà il pesciolino-giocattolo nella scatola gialla. Egli, infatti, data la sua età, conosce solo il proprio modello dei contenuti mentali che proietta sugli altri. Ma un adulto normodotato risponderà che la bambola cercherà il giocattolo nella scatola marrone, dato che sa bene che la bambola non ha assistito all’azione con cui lo abbiamo riportato nella prima scatola.
Che cosa dimostra questo? Semplicemente che l’uomo possiede la capacità straordinaria di
- costruire il proprio modello dei contenuti della mente;
- costruire il modello dei contenuti della mente della bambola;
- confrontare i due modelli tra loro.
L’intelligenza sociale
Potendo, dunque, pensare il modello dei contenuti mentali della bambola, dal confronto emerge che il secondo è inscritto nel primo, ovvero, il modello dei contenuti mentali dell’uomo contiene quello della bambola. Bene, questa capacità è quella che dal 1920, quando Edward Thorndike coniò il temine, viene comunemente chiamata “intelligenza sociale”. Si tratta della capacità, tutta umana, di pensare l’altrui pensiero, prevederlo, anticiparlo e mettere questa abilità al servizio di una relazione efficace e gratificante.
Se, ad esempio, so che da un mio comportamento adirato riceverò, per contagio emotivo, un feedback di rabbia, perché so che è quello che scatterà nella mente dell’altra persona, potrò adottare un comportamento differente. Sempre che mi interessi preservare quella relazione.
Un terzo livello, ancora più alto, di osservare l’intero processo, che Paolo Legrenzi chiama autoriflessione nel libro “La mente”, fonda l’intelligenza dell’uomo. A questo livello si colloca la capacità di pensare dall’esterno i due modelli di contenuti mentali, l’uno comprendente l’altro.
Ed ecco spiegato il secondo punto delle ragioni della superiorità della razza umana rispetto alle altre conosciute. L’uomo è intelligente perché può inglobare più livelli di comprensione dei modelli mentali altrui.
La stupidità
Impensabile un livello ancora superiore, un quarto livello: già la frase “io so che tu sai che io so”, che schematizza il concetto, crea una certa confusione (come il dantesco “Credo ch’ei credette ch’io credesse”). Figuriamoci andare oltre (benché non impossibile). Ma, per deduzione, possiamo adesso delineare il profilo della persona stupida.
Accettata la validità di questo principio, infatti, occorre sapere che tutto ciò che non lo rispetta, come ad esempio:
- non capire se stessi;
- non capire gli altri;
- non capire il mondo;
connota la stupidità.
Stupidi di diritto
E’ lecito, a questo punto, chiedersi se non avere consapevolezza di sé (non capire se stessi) sia da considerarsi un limite tipo della persona stupida. E probabilmente sarebbe così se, nel mondo, quella di non capire se stessi (e di fuggire da se stessi) non fosse una necessità, talvolta. Una protezione dal dolore che provoca la consapevolezza. Dico “sarebbe” poiché, alla luce di quanto detto, il mondo sarebbe popolato prevalentemente da persone stupide (e forse lo è davvero ma fate un po’ voi!). Vuoi riconoscerle? Fatti un rapido calcolo: quante persone conosci che
- non chiedono mai scusa;
- non sanno rispettare un impegno;
- sanno sempre tutto loro;
- credono di non sbagliare mai.
Continua tu.
Se non sono stupide, in che modo si sposano queste caratteristiche con i modelli della mente che comprendono i modelli altrui? Le persone così non hanno cognizione di sé. Quindi, non possono averne degli altri.
Nel Medio Evo Pietro Metastasio, anche se la frase viene attribuita a Dante Alighieri, scriveva “ciascun dal proprio cuor l’altrui misura”. Allora, mi domando: come appare una persona agli occhi di uno stupido di diritto?
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