Perché ti ama? Per quale motivo lo ami? Sai perché ti piace? Che cosa ti attrae di lui o di lei? Gli innamorati tendono a razionalizzare i sentimenti, più per coccolare l’autostima del partner che per il fatto di aver colto una qualità irrinunciabile. E’ una domanda che hai fatto anche tu? Ricordi la risposta? Secondo gli studi, le persone che non sanno dire il perché della loro attrazione tendono a mantenere relazioni d’amore più durature. Perciò, se la persona che ami non può spiegare che cosa abbia fatto scattare in lei quella scintilla, allora va tutto bene. In questo caso, statisticamente, resterà più fedele alla sua scelta e la vostra relazione durerà di più.
La relazione di coppia
In uno studio del 1993, due ricercatori di cui parla la psicologa americana Susan Weinschenk nel suo libro Neuro Web Design, Wilson e Kraft, sottoposero all’esperimento un buon numero di giovani coppie. Fu chiesto loro di trascrivere su carta le ragioni per cui a ciascuno piacesse l’altro. La durata media delle relazioni del campione analizzato fu successivamente messo a confronto con la media di un gruppo di controllo. A questo secondo gruppo non era stato richiesta la medesima analisi. L’evidenza fu che analizzare troppo razionalmente le scelte, a lungo andare, fa perdere interesse per quella relazione.
Poiché, infatti, scegliamo irrazionalmente, sull’onda delle emozioni che ci procura assumere quella data decisione, la fedeltà alla scelta fatta perdura se non ci si sta troppo su a rifletterci. Cioè, se si presta un maggiore ascolto alle sensazioni quando si è sul punto di compiere una scelta. Vale anche nel caso di una relazione sentimentale.
Un esperimento analogo fu condotto osservando gli acquirenti di un negozio di tele. La scelta istantanea di un dipinto, rispetto a quella di chi ripassava più volte dal punto vendita per decidere con calma, in un’intervista successiva dimostrava l’esattezza del test di Wilson. I più contenti dell’acquisto erano i clienti che avevano fatto la loro scelta sull’onda dell’impulso del momento, mentre gli altri avevano anche dimenticato di aver comprato quel quadro.
Decisioni irrazionali
Ti risulta che sia così? Ora, questo non è il Vangelo. Si tratta semplicemente di una statistica che considera delle medie. Ma è un dato che tiene conto anche delle più recenti indagini, come quella con fMRI (Risonanza Magnetica Funzionale). Tale strumento, infatti, permette di osservare la concentrazione dell’attività nelle diverse aree del cervello. Bene: quando scegliamo, la maggiore attività è nell’emisfero destro, quello creativo ed emotivo.
Scegliamo, dunque, qualsiasi cosa (un paio di scarpe come una relazione) sulla base delle informazioni emotive che ci manda la “via bassa”. Subito dopo entra in gioco la sfera razionale che giustifica il nostro operato.
Emozioni o ragione?
Ma che cos’è la “via bassa”? Possiamo definirla come un sistema che, muovendosi a velocità elevatissima, veicola, senza sforzo alcuno, messaggi automatici, quelle generati dalle emozioni, al di là della consapevolezza. Questa via è composta da gigantesche reti neurali che governano e guidano la maggior parte delle nostre azioni e, di conseguenza, delle nostre decisioni, sotto la spinta delle emozioni. E’ contrapposta, di fatto, alla “via alta”, le cui reti neurali regolano risposte intenzionali, deliberate, metodiche e graduali. La via alta è quella al cui sviluppo noi tutti (o quasi) ci dedichiamo in prevalenza: studiamo, ci diplomiamo, ci laureiamo, ci specializziamo ecc..
Accrescere le competenze a questo livello ci qualifica come persone complete, di successo, in qualche modo capaci e intelligenti? Tra la due vie, quella che permea tutta la nostra esistenza è proprio quella emotiva, che poi è quella che ci guida dal buio del nostro inconscio. Ecco: dovremmo dedicarci di più alla conoscenza di quella dimensione per conquistare quella consapevolezza di noi stessi che è alla base della comprensione del mondo.
L’intelligenza emotiva
Adesso ci spieghiamo anche a che serve l’intelligenza emotiva: a farci valutare correttamente le ricadute sul piano emotivo delle nostre scelte.
In definitiva, bisognerebbe essere:
- consapevoli di sé, per sviluppare intelligenza emotiva;
- emotivamente intelligenti, per prendere le decisioni più giuste per noi.
E per non dover ammettere domani: “me lo sentivo che non c’era da fidarsi”.
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