È un luogo comune che le persone dotate di spiccata sensibilità siano anche quelle emotivamente più intelligenti o esiste un fondamento a supporto di questa teoria? Le ricerche scientifiche, come spiegano Nicolas Gauvrit e Clarisse Carrè nell’articolo Il cervello ipersensibile, pubblicato nel numero di Gennaio 2023 della rivista di psicologia e neuroscienze Mind, lasciano ipotizzare che un legame esista, benché non vi sia ancora conferma.
Genetica della sensibilità
Le ricerche sulla personalità sostengono che i fattori genetici esercitino un ruolo chiave sulla sensibilità degli individui, ovvero sulla soglia che determina l’accesso alla vita emotiva o il limite di resistenza oltre la quale gli stati d’animo prendono il sopravvento.
Lo conferma uno studio condotto nel 2015 da Tena Vukasović e Denis Bratko, ricercatori dell’Università di Zagabria, su di una popolazione di centomila soggetti da cui emerge, appunto, che la personalità ha base biologica per una percentuale variabile dai ventidue ai quarantasette punti. Cioè, poco meno della metà della personalità di un individuo è dovuta al corredo genetico.
Gli studi disponibili
Anche se i sessantadue studi della ricerca di Vukasović e Bratko non hanno riguardato espressamente la sensibilità, sono serviti come spunto per ulteriori ricerche sull’argomento e sulle correlazioni con i tratti di personalità, condotte da Elham Assary dell’Università di Londra nel 2021 su di un campione di circa tremila gemelli. Dallo studio è emerso che i gemelli omozigoti, che condividono la totalità dei geni, hanno tra loro un carattere più simile di quanto non accada con i gemelli dizigoti, che di geni ne condividono solo la metà.
Tale differenza di affinità sarebbe, secondo gli scienziati, la dimostrazione che la stima di ereditarietà della sensibilità si attesta non oltre il 47%, il che significa che il 47% della variazione di sensibilità tra le persone è dovuto alla genetica. In diversi studi, i ricercatori hanno individuato come responsabile della sensibilità un gene che trasporta la serotonina, il neurotrasmettitore che, in quantità insufficienti, è associato all’ansia.
Si tratta di un gene, presumibilmente quello chiamato 5-HTT, lo stesso isolato a Lovanio dall’equipe di Moïra Mikolajczak e associato all’ereditarietà dei deficit emotivi, composto da due alleli, entrambi dalla forma corta, caratterizzanti le persone ansiose. Poiché, infatti, l’ansia aumenta l’emotività, è plausibile pensare che questo gene sia in grado di spiegare le variazioni di sensibilità tra individui, in base alle caratteristiche degli alleli (se di forma corta o lunga), anche se l’attività di un solo gene può spiegare queste conclusioni solo in parte. Resta, tuttavia, vero che i geni influenzano il grado di sensibilità, benché non sia ancora chiaro quali siano coinvolti, poiché potrebbero essere numerosi, come la maggior parte dei tratti psicologici ed ereditabili.
Ipersensibilità e intelligenza emotiva
Peraltro, un’indagine condotta nel 2014 all’Università di New York dalla neuroscienziata Bianca Acevedo confermerebbe che le personalità ad alta sensibilità (chiamate personalità HSPS, Highly Sensitive Person Scale) presentino una maggiore attivazione anche nelle aree cerebrali dell’attenzione, dell’integrazione sensoriale e della pianificazione delle azioni, implicate nella consapevolezza e nell’empatia. E, di conseguenza, nella perspicacia e nell’intelligenza emotiva, come dimostrato dalla loro maggiore capacità di percepire, integrare e rispondere alle informazioni relative gli stati emotivi altrui e di riconoscere le espressioni delle emozioni sul volto delle altre persone, come osservato in altre ricerche.
Secondo queste teorie, un individuo sensibile è mediamente più creativo e può notare cambiamenti anche minimi nel suo ambiente che gli altri difficilmente notano, non perché possieda una dotazione sensoriale più sviluppata ma solo per la maggior capacità di focalizzazione dell’attenzione, anche in condizioni di diffuso rumore di fondo.
Se, dunque, le persone sensibili sono anche più attente, è ipotizzabile, per estensione, che il tempo che esse impiegano a notare un dettaglio visivo in un ambiente è molto ridotto rispetto a quanto non accada agli altri soggetti, come confermato, da un’indagine del 2021 condotta all’Università di Gerusalemme da Asael Sklar. È, dunque, altrettanto facilmente ipotizzabile, dato il legame tra emozioni e sensibilità e tra emozioni e decisioni, una maggior attitudine delle persone sensibili nel compiere scelte migliori, ovvero guidate dalla previsione della loro ricaduta sulla vita emotiva, in tempi più brevi.
Un legame poco chiaro
Tuttavia, quanto fin qui detto non basta ad attribuire in assoluto alle persone sensibili l’etichetta di persone emotivamente intelligenti, poiché, se per alcuni neuroscienziati l’ipersensibilità è un tratto di personalità di primaria importanza, per altri le basi della sensibilità non sono ancora chiare e l’associazione con l’intelligenza emotiva è priva di ogni fondamento. D’altro canto, essere troppo sensibili può, a volte, portare a decisioni affrettate e non ponderate o a non valutare opportunamente i rischi connessi con determinate scelte, cosa da cui mette in guardia proprio l’intelligenza emotiva, quale scienza dell’eccellenza. O a soffrire, se la persona ha un’immagine negativa di sé o bassa autostima. Per non parlare dei casi in cui l’ipersensibilità sia sinonimo di vulnerabilità e venga associata ad un problema psicologico.
Inoltre, i ricercatori non sono tutti d’accordo che la sensibilità sia un tratto di personalità unico o se viceversa comprenda diversi aspetti. Nei bambini, ad esempio, esistono almeno due diversi tipi di sensibilità:
- la reattività sensoriale, ovvero l’essere sopraffatti dagli stimoli che provocano reazioni troppo intense, e
- la coscienza percettiva, ovvero la capacità di rilevare anche i minimi cambiamenti.
Aspetti che, per una ragione ancora poco chiara, sembrano fondersi negli adulti.
E questo è, probabilmente, il più grande mistero che le neuroscienze sono chiamate a risolvere, prima che sia dimostrato il collegamento e le reciproche influenze tra ipersensibilità e intelligenza emotiva, al di là di ogni plausibile ipotesi teorica. Se non altro, in attesa che il legame venga dimostrato, esistono specifici percorsi di crescita personale che risolvono il dubbio se fidarsi o meno della propria sensibilità come indicatore di competenze emotive.
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