Si direbbe che la nostra riconoscibilità individuale e sociale si realizzi proprio grazie all’esistenza di un unico stile adulto. E può anche andar bene, per un po’. Poi, però, con il tempo, grazie all’indagine che caratterizza l’autobiografia, meglio ancora se ingentilita dai mezzi espressivi tipici dell’arte e della creatività, si scopre che in realtà questo stesso stile non è altro che una miriade di stili che spesso sono anche in contraddizione tra loro. Ecco, allora, che la nostra maturità si traduce nel definirsi possibilisti. Cioè, per diventare grandi, sarebbe meglio ammettere l’esistenza di un motivo ricorrente, dominante, di fondo, una caratteristica principale, immediatamente riconoscibile, intorno a cui si sviluppano universi inesplorati.
La condizione di adulto
Quando è che un individuo si sente finalmente adulto? Possiamo dire che accade quando si sente dentro di sé un senso di pienezza che esprime
- equilibrio,
- armonia,
- saggezza,
principalmente dopo la pacificazione con le inquietudini profonde con i dolori legati ai ricordi. Giulio Cesare Giacobbe spiega che la personalità dell’adulto si sviluppa quando cessa, una volta per tutte, la dipendenza dagli altri, che caratterizza, per definizione, la personalità del bambino. Duccio Demetrio dice che l’adultità coincide con la tregua autobiografica, il venire a patti con se stessi, con gli altri e con la vita. facendo pace con il passato. Proprio in considerazione della scoperta della pluralità delle dimensioni che lo caratterizzano.
Sperimentare il senso di pace, l’emozione del ristoro autobiografico che chiamiamo “tregua”, alimenta il senso di pienezza. Divenire adulti è, allora, non è un dato anagrafico. Piuttosto, la condizione di adulto è lo stato d’animo indispensabile per evolvere se stessi, dopo aver attraversato la vergogna di vivere al contempo tante voci, tante dimensioni della personalità solo apparentemente in contraddizione tra loro, di cui nessuna è in grado di diventare con decisione un “io apicale“.
L’adulto plurale
L’adulto plurale è, allora, il risultato di un’indagine. Indagine che apre alla scoperta di essere una popolazione di io all’interno del medesimo Sé che agevola il percorso di pacificazione degli opposti. Il momento arriva quando si scopre di essere in due e anche in più di due dentro, senza che questo sia un problema. Un bel problema, tuttavia, per chi si ostini a voler essere sempre uguale a se stesso!
È così che questa tregua interiore, che finalmente l’adulto si può concedere grazie al dialogo interiore e al lavoro autobiografico, genera
- una unitarietà e
- una sintesi intellettuale
- ed emotiva
tra aspetti che potevano apparire, nell’età adulta, agli antipodi tra loro. Ma che in questa nuova età della vita rendono la maturità complessa e conscia di poter continuare a creare nuove connessioni tra le diverse parti di sé.
La maturità
Occorre, dunque, approfittare della ricchezza della maturità. Se la giovinezza e la vecchiaia non fanno altro che vivere,
- la prima, del desiderio di ciò che non si è ancora,
- la seconda, della nostalgia di ciò che non si è più,
bisogna, ad un certo punto dell’esistenza, imparare a fare della vita, come scrive Plutarco nella lettera a Paccio in “La serenità interiore” , una mescolanza armoniosa a noi conveniente.
Anche Montaigne, filosofo francese del Rinascimento, affronta quest’idea e nei saggi scrive: “Questa variazione e contraddizione che si vede in noi, così nobile, ha fatto sì che qualcuno pensa che abbiamo due anime. Due altre ciascune potenze che si accompagnano ed agitano, ciascuno a modo suo verso il bene, l’una, l’altra verso il male. Io do alla mia anima ora un aspetto ora un altro, secondo la parte in cui mi adagio. Tutti i contrari si trovano in me, secondo qualche verso, per qualche occasione, timido e insolente, casto, lussurioso, chiacchierone e taciturno, laborioso e indolente, ingegnoso, stupido e triste.”
Ancora Montaigne: “Si trova altrettanta differenza in noi, quanta fra noi e gli altri.” Con ciò intendendo che lo spazio autobiografico è quel luogo interiore che aiuta a far emergere la magia sconcertante della molteplicità. È proprio questa magia che ci permette di autoeducarci a studiare tutto ciò che, nella nostra complessità di esseri umani, siamo diventati.
Autobiografia e maturità
Il pensiero di Montaigne ha influenzato per altro molti romanzieri del 1800 e del 1900. Prust, Hesse, Pessoa sono tra questi e spiegano allo stesso modo l’uomo di oggi.
Tuttavia va detto che non a tutti è consentito di raggiungere la maturità psicologica, poiché non a tutti è concesso di prendere consapevolezza di questa multiformità che è connaturata con la condizione umana. Perché, per il senso comune l’uno è sempre preferibile alla molteplicità: meglio l’uniformità al vivere più vite in una sola, condizione quest’ultima che sembra destinata a rimanere retaggio
- di una ambiguità pericolosa,
- di un qualche tradimento di se stessi. della propria sanità mentale o, peggio ancora, di una colpa.
Se, dunque, gli adulti hanno bisogno di scoprire di essere in tanti dentro di sé, non sappiamo
- che cosa accadrà in futuro,
- se la strada che conduce alla molteplicità sarà ancora una meta ideale in futuro e
- se, soprattutto, potrà esserlo per tutti.
Certo è anche il Sé adulto plurale può diventare patologico, in conseguenza di
- una malattia,
- di una nevrosi, o,
- addirittura, di una psicosi, una condizione a rischio di dispersione dell’individualità.
Che cos’è, infatti, la depressione se non la crisi più drammatica di una vita adulta che non tollera la coesistenza di tante personalità, tutte dinamiche e connesse tra loro? Per questo, arrendersi alla molteplicità e tollerare le naturali contraddizioni sono la salvezza dell’individuo.
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