Impossible lasciare l’insegnamento? Eppure è quello che è realmente successo a Jessica Gentry, trentaquattrenne maestra di scuola primaria alla Stone Spring Elementary School di Harrisonburg (Stati Uniti). “Non lo faccio per i soldi”, ha scritto in un suo post divenuto virale su facebook con oltre 150.000 condivisioni. Che aggiunge (immagine di repertorio per questioni di privacy): “Non chiudo con l’insegnamento per cercare un lavoro pagato meglio”. A noi non resta che interrogarci sulle cause che spingono gli insegnanti a salvarsi dal rischio di perdere la salute, abbandonando il posto di lavoro a scuola per non cadere vittime del burnout. Jessica ha spiegato le vere ragioni dietro la sua difficile decisione di rinunciare all’insegnamento dopo 12 anni: “Lasciate che vi dica perché coloro che trasudano passione per l’insegnamento lasciano l’occupazione come se i loro capelli fossero in fiamme”.
Lascio l’insegnamento
L’ormai ex-maestra della Stone Spring Elementary School prosegue il post delineando i cinque principali motivi che l’hanno indotta a rinunciare alla propria professione:
- il pessimo comportamento degli studenti a causa della mancanza di coinvolgimento dei genitori. Secondo la maestra americana, non sono stati i bambini a cambiare ma sono stati i genitori a modificare il loro comportamento nei confronti dei propri figli;
- la crescente tendenza delle scuole ad abbracciare la tecnologia invece di favorire e privilegiare la costruzione di relazioni. La situazione non è più quella di una volta, il che si ripercuote inevitabilmente sulla vita dei bambini e dell’intera istituzione scolastica;
- il poco tempo a disposizione degli insegnanti per realizzare una buona pianificazione didattica. Le scuole, secondo la Gentry, preferiscono investire e puntare tutto sul progresso tecnologico, a discapito dell’insegnamento classico, quello tradizionale che si fa in classe senza l’utilizzo dei dispositivi elettronici;
- genitori che osteggiano sistematicamente gli insegnanti invece di collaborare con loro. “Noi insegnanti siamo troppo al servizio dei genitori. Sono arrivata al punto in cui ho dei genitori che mi criticano severamente per aver detto di no ai loro figli, affermando che non dovrei farlo in nessun caso”;
- la propria salute fisica e mentale messa sempre più a repentaglio. Tutte queste ragioni hanno portato Jessica a vivere una crisi depressiva, al culmine della quale è arrivata la sua decisione.
Sperare nel cambiamento
Jessica Gentry spera che il suo post possa contribuire a ispirare e favorire il cambiamento all’interno dell’istituzione scolastica: “Mi piacerebbe lavorare con chi è disposto ad ascoltare per cambiare il percorso attuale del nostro sistema educativo pubblico. Ho promesso ai miei colleghi quando me ne sono andata che sarei stata la loro voce, visto che molti hanno paura di essere rimproverati per aver parlato”.
Il passo verso il cambiamento, tuttavia, è più semplice di quanto non possa apparire. E non servono necessariamente idee geniali o grandi stravolgimenti: basta scegliere gli insegnanti giusti o aggiornare (in alcuni casi formare) quelli già di ruolo alle reali necessità.
Da parte mia, profondo l’impegno per la costruzione di una Scuola dell’Intelligenza Emotiva, che tenga conto proprio di tutte le ragioni di Jessica e dei suoi colleghi che in tutto il mondo vivono le medesime condizioni di lavoro, proponendo al Governo Italiano l’adozione di una Legge ad hoc per la tutela dell’insegnamento nel nostro Paese. E per il ripristino dell’efficacia dell’apprendimento.
Il patto educativo
L’“impresa famiglia” e l’“azienda scuola”, scrivo in un mio articolo disponibile su questo sito, sembrano, soprattutto a causa delle recenti interruzioni, aver perduto l’opportunità del mutuo aiuto. Ma l’emergenza ha necessariamente richiesto la più ampia collaborazione per mantenere vivo il patto educativo. Certo, gli interventi sulla genitorialità sono passati in secondo piano ma dovrebbero restare al centro del progetto di fondo della holding educativa e dei piani ministeriali. Ed è quello che ci aspettiamo da una Scuola dell’Intelligenza Emotiva.
Investire sulla genitorialità affinché anche la scuola possa recuperare credibilità si pone, infatti, come strada maestra per promuovere il benessere della holding educativa. In Italia progetti di questo tipo sono numerosi, ma si va avanti “a macchia di leopardo”, senza indicazioni univoche. E questo anche se fin dal 1999 il Decreto 275 del Presidente della Repubblica auspica la promozione, all’interno delle scuole, di iniziative di informazione e formazione destinate ai genitori degli alunni.
Nelle scuole in cui si è realizzata una seria programmazione, attraverso
- il dialogo,
- il patto,
- la partecipazione e
- il coinvolgimento continuo dei genitori,
si riesce solitamente a superare qualsiasi tipo di difficoltà e ogni atteggiamento prevenuto.
Riconnettere gli obiettivi educativi
In un momento storico caratterizzato da frammentazione e disconnessioni crescenti, è assolutamente prioritario ricollegare gli obiettivi educativi lungo un continuum, dalla famiglia alla scuola, tenendo conto dell’attuale crisi della famiglia e dei limiti odierni della scuola.
L’istruzione, infatti, si rivela tanto più efficace quanto più l’insegnante riesca a espandere il contesto educativo intorno all’alunno (il ragazzo, la famiglia, le istituzioni, il territorio). È così che lo sforzo della holding educativa produrrà soggetti più sani.
La fatica di educare
Che il mestiere di genitore sia complesso e difficile è risaputo. Che invece l’insegnamento sia un lavoro faticoso ancora in pochi lo riescono a comprendere. L’augurio, naturalmente, è che tutti gli insegnanti facciano tesoro dell’esperienza di Jessica per correre ai ripari prima che sia troppo tardi.
Perché, come tutte le professioni ad alta esposizione relazionale, l’insegnamento affatica emotivamente. Il che obbliga a ricercare in se stessi ogni giorno
- energie,
- competenze,
- motivazioni ed
- emozioni
utili a stabilire i migliori contatti con gli alunni. Ma bisogna possedere competenze emotive che aiutino
- l’autocontrollo,
- il benessere e
- la creatività
che sono funzionali all’ideazione strategica di soluzioni per un buon clima di relazione e di apprendimento in classe.
Io insegno e basta!
La posizione minimalista “Io insegno e basta” si sta rivelando sempre più fallimentare, obsoleta, definitamente superata (bisognerebbe spiegarlo ai pochi che restano ancora arroccati su questa posizione!) e non paga più. Paradossalmente, anzi, espone il docente a maggiore stress e frustrazioni.
La scuola del futuro è la Scuola dell’Intelligenza Emotiva, sull’esempio delle buone prassi di Paesi in cui sono già in atto sperimentazioni di successo. Gli insegnanti sono scelti tra i migliori, i più giovani e i più motivati. Tutti indistintamente, tuttavia, possiedono le competenze di base a cui conviene ispirarsi per star bene a scuola e formare con consapevolezza i cittadini di domani:
- riconoscere e isolare le fonti di stress e coltivare momenti dedicati al benessere e al relax (non esistono né didattica né formazione in assenza di benessere e di entusiasmo);
- allenare la creatività personale e stimolarla negli studenti;
- formarsi all’intelligenza emotiva e applicarla in classe;
- introdurre in classe il linguaggio delle emozioni e dei sentimenti;
- stimolare forme di apprendimento multisensoriale creativo.
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