Insegnare in modo globale vuol dire coinvolgere i sensi e la sfera emotiva. Tale modalità attiva un apprendimento ideale per qualunque studente. Offrire immagini all’apprendimento dei ragazzi, dunque, nutre la motivazione e l’entusiasmo e restituisce affidabilità all’insegnante. La fretta, lo stress, la disattenzione, l’approssimazione, le emozioni di frustrazione sono, di conseguenza, i peggiori nemici del buon insegnamento che può avvenire solo nella lentezza. È nella lentezza che si trova il tempo di conoscere i ragazzi, scoprirne i talenti, valorizzarli, inventare strategie creative per contattarli e coinvolgerli.
La Slow Education
Per i lettori del mio sito, non è una novità. Ho affrontato in moltissimi articoli il tema della centralità del senso della vista e delle immagini emozionali per creare un clima di attenzione in classe. Funziona così l’acquisizione delle conoscenze che creano memoria implicita (o, se vogliamo, sapere implicito, il più efficace). Nel mio master online “Intelligenza Emotiva negli ambienti di apprendimento” parlo diffusamente di un apprendimento multisensoriale creativo che, sfrutta, per l’appunto, l’enorme potenziale, talvolta inespresso, della nostra mente.
Il contributo di questo articolo, allora, vuole andare nella direzioni di mettere insieme tradizione e innovazione della relazione educativa:
- sottolineare la necessità di apprendere lentamente;
- ribadire la funzione evolutiva dell’insegnamento, necessario al pari di altre funzioni vitali primarie;
- rilanciare l’importanza, che spesso il docente trascura, di imparare mentre si insegna. Poiché questo rende gli insegnanti persone e professionisti migliori.
Un importante contributo, in tal senso, lo offre Ken Robinson, autore di Scuola creativa, il libro che mi ha permesso di scoprire Joe Harrison e l’educazione lenta, movimento con cui ben si sposa la mia idea di apprendimento multisensoriale creativo. Consiglio ogni approfondimento, leggendo articoli simili su questo sito.
Il Prof. Harrison, educazione musicale e fondatore della Slow Education, corrente pedagogica ispirata al Movimento Slow di Carl Honoré, autore di “Elogio della lentezza” (2014), lavora, infatti, al programma del governo britannico “Creative Partnership” a Manchester per introdurre la creatività a scuola. La sua ricerca porta alla luce i risultati che si possono ottenere quando a scuola si passa tempo a conoscere gli studenti, ad ascoltarli e a creare programmi specifici di insegnamento incentrati sui loro interessi e sulle loro capacità.
Docendo discimus
L’insegnamento, d’altro canto, ha anche una funzione evolutiva che non può dissolversi nella frenesia dei programmi ministeriali. Tale funzione precede perfino la teoria della mente che è alla base dell’empatia: avere un modello dei contenuti della mente che può ospitare altri modelli dei contenuti della mente aiuta a comprendere gli altri e a cogliere le differenze che intercorrono. Certo, l’insegnante capace di empatia si avvantaggia dei benefici che comporta sapersi mettere nei panni degli altri. Ma, per mettersi mentalmente al posto dell’altro e attribuirgli intenzioni e pensieri, occorre andare piano, rallentare. La fretta è nemica dell’empatia. Quindi bisogna ridurre la velocità.
È così che scopriamo la meraviglia di crescere mentre esercitiamo il ruolo docente, poiché comprendiamo di poter insegnare imparando. Cioè, di imparare qualcosa, su di noi e sugli altri, ogni volta che insegniamo.
Ovvero, impariamo su quello che stiamo insegnando e, soprattutto, apprendiamo come calibrarlo (e calibrare la nostra conoscenza) sulla conoscenza degli altri. Insegnare diventa, così, un mettere in neretto informazioni che traduciamo nel linguaggio e nel pensiero degli altri,
- semplificando i concetti chiave,
- riassumendoli e
- rendendoli fruibili.
Osservare, allora, la conoscenza dalla prospettiva dell’altro è il combustibile dell’apprendimento.
Empatia e insegnamento
Chi, allora, possiede elevate doti empatiche, l’insegnante con elevati livelli di intelligenza emotiva, può imitare nella propria mente la prospettiva dell’altro e ammettere che due persone diverse possano giungere a conclusioni differenti rispetto alla stessa conoscenza.
Diventa, in tal modo, facile comprendere che l’altro possiede un corpus di conoscenze diverse e
- una prospettiva affettiva,
- una sensibilità altra e
- un altro stile di ragionamento.
Se è vero, allora, che per ben insegnare occorre mettersi nei panni di chi impara, è vero anche il contrario. Cioè, che quando si è esposti al processo di apprendimento, occorre mettersi al posto di chi insegna.
La Flipperd Classroom
Per questo quando gli studenti fanno da insegnanti ai loro pari imparano di più (come accade, ad esempio, nel modello della Flipped Classroom).
Il modello d’insegnamento tra pari (o, qualunque, l’altro stile d’insegnamento che si basi sul principio di Seneca “docendo discimus”), peraltro, è particolarmente efficace perché permette il realizzarsi delle seguenti condizioni:
- chi insegna sperimenta e mette alla prova le nuove conoscenze, il che permette di individuare gli errori, colmare le lacune e produrre nuove idee;
- chi insegna stabilisce metafore e analogie, mette in relazione diversi concetti e assegna una priorità alle informazioni di cui dispone.
Insegnare non è solo enumerare i fatti ma costruire una storia che li racconti, sapientemente e con un chiaro stile comunicativo, all’interno di una trama.
0 commenti