Si fa presto a dire: mettiamoci in cerchio e suoniamo tutti insieme. Ed ecco che stiamo facendo musicoterapia. La preparazione di un setting, lo spazio fisico e l’allestimento dei materiali necessari per svolgere un laboratorio creativo, richiede accorgimenti e preparazione, anche a seconda dei destinatari di un intervento. Quando, così, si opera in una scuola, vien quasi da pensare che sia una passeggiata di salute lavorare con i bambini. E’ l’errore più comune che commettono i musicoterapeuti in formazione o alle prime esperienze. Chiedete agli insegnanti.
Il rifiuto
Una seduta, un incontro di musicoterapia, è un patto fiduciario. Se le proposte del conduttore non sono gradite, egli può non ricevere la fiducia dei ragazzi. Oppure può anche succedere che qualcuno dei partecipanti si rifiuti di eseguire le consegne.
“Ma il bambino può rifiutarsi!” Certo che può farlo. Per tante ragioni.
C’è un’identificazione fortissima del sé con lo strumento musicale e, allo stesso tempo, un proiezione di vissuti interni sia su quello che sui suoni che produce. Se il bambino rifiuta, può voler dire che, in quel contesto, uno strumento musicale o un evento sonoro evocano sensazioni spiacevoli, anche da un punto di vista tattile, visivo, del calore, del colore, della forma, che possono dipendere
- dalla fantasia di quel momento o
- dalla tendenza all’opposizione da parte del bambino.
In entrambi i casi, serve affrontare e risolvere la situazione. In che modo può farlo la musicoterapia?
Il gruppo di Musicoterapia a scuola
In un caso come questo, è compito del facilitatore, il Musicoterapeuta che conduce il gruppo, inviare delle proposte accoglienti che aiutino il bambino a risolvere l’impasse. Il coinvolgimento degli altri piccoli partecipanti (immaginiamo di essere in una classe) in giochi creativi e di movimento sulle note di brani musicali, scelti dal repertorio per quella fascia di età, o improvvisando insieme con gli strumenti musicali, può contribuire a creare il clima di accoglienza di cui ha bisogno il componente che si emargina.
Se si improvvisa con gli strumenti, il conduttore può, ad esempio, proporre un utilizzo non convenzionale dello strumento, ovvero una modalità di approcciarlo in maniera differente da quanto si farebbe se lo si suonasse in modo convenzionale. In questo modo, con Bartolo, un adolescente con lieve ritardo che era intimorito dalla chitarra, percuotere la cassa trasformò uno strumento a corde in un tamburo.
Il caso di Bartolo
Con lui ho fatto sedute individuali lungo quasi i due anni in cui è stato in affido in un centro per minori non distante da dove abito. Dopo il primo incontro (ero meno esperto di adesso), in cui gli avevo messo davanti un ricco strumentario, mi confidò che “per suonare una chitarra, bisogna essere bravi. E io non so farlo”. Si lasciò coinvolgere nel battere la cassa ma poi non misi più la chitarra nel setting. Tuttavia, in quel momento, avevo risolto il suo rifiuto.
Se un bambino esercita il proprio diritto alla controleadership, la sua osservazione è fondamentale per una restituzione dei suoi comportamenti, anche sul piano non verbale, a insegnanti e familiari. In genere, è verso una di queste figure che è indirizzata l’opposizione. Una delle ragioni può essere, ad esempio, che lui si senta forzato a tenere condotte che, in alcuni momenti, rifiuta e che sfoghi il suo diritto di rivalsa negando forme di autorità (come il conduttore di un setting di musicoterapia) verso cui non sente obblighi, dato che nessuna punizione scatterebbe se si rifiutasse di prendere parte ad una attività extrascolastica. Ed è proprio qui che un esperto musicoterapeuta si gioca il superamento del rifiuto.
Il rifiuto e l’accettazione
Il rifiuto è una parte dell’accettazione, poiché comporta un implicito riconoscimento dell’altro. Far leva, dunque, sul fatto che il gruppo ha tempo per aspettarlo e che il suo rifiuto è sacrosanto, se non si sente in condizioni di partecipare, lo fa sentire accolto. Questa sorpresa lo incuriosisce, lo avvicina al gruppo e, una volta dentro, prima con lo sguardo, poi con l’attenzione, infine, partecipando, ne acquisisce, per una via non impositiva, le regole.
Poche occasioni sono migliori del gioco per ottenere ciò.
Niente si presta più della creatività per dare una forma sonora ad un contenuto sofferto.
Per questo, specialmente se si opera con le discipline analogiche come le arti terapie, il rifiuto è sempre una risorsa: perché permette di creare gli alleati migliori se si è abbastanza pazienti da trovare il come esso possa essere espresso e risolto.
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