Il Metodo Autobiografico Creativo è un percorso per approdare alla consapevolezza di sé e per allenare l’intelligenza emotiva. Attraverso tecniche plastiche e pittoriche, di attivazione corporea, di scrittura creativa, per alcuni tratti tipiche delle Arti Terapie, i partecipanti sono immersi per tutto il viaggio in un clima fiabesco in cui, ad ogni passo, si fanno incontri sorprendenti. Il più strabiliante dei quali è certamente il dialogo interiore, che definisco “dialogo con l’Ombra“, quello in cui le persone che vi prendono parte si raffigurano a occhi chiusi, realizzando, in fondo, una rappresentazione simbolica di sé, in cui compaiono luci e ombre della vita. Ecco quello che hanno scritto i partecipanti.
Una fase del Metodo Autobiografico Creativo
“In questa autorappresentazione i miei compagni di formazione hanno visto la disciplina di una figura militare. In effetti, senza accorgermene, mi sono raffigurata con i tipici pantaloni con tasche grandi, l’elmetto in testa e il binocolo al collo. Altri hanno restituito l’impressione di una figura materna, protettiva, accogliente, con i piedi ben piantati per terra e allo stesso tempo autorevole e ferma. Penso che ci siano tutte queste cose. E non me l’aspettavo che si vedessero così chiaramente.” (M. C.)
“La riproduzione di me stessa su un piccolo panetto di das ha suscitato negli altri componenti del gruppo un senso di fanciullezza. Un’immagine che riconduce all’infanzia. Piccola figura femminile con accanto un cagnolino, ricca di dettagli come i bottoni, i ricami sul vestito, le scarpe. Hanno notato pure il collo: qualcuno ha chiesto se sono ansiosa. E, sì, lo sono. E sono anche razionale e cervellotica: si vede dalla grande testa, dicono. Sembra ci sia anche qualcosa che opprime ma è un momento particolare questo. Dicono anche (per via dei tanti bottoni) che sono “una persona che non si sbottona”. Mi ritrovo in tutto.” (M. M.)
“La lettura della mia immagine da parte dei miei compagni di viaggio, in termini di sensazioni trasmesse, ha evidenziato un atteggiamento di accoglienza (braccia aperte), la presenza di elementi femminili accentuati (seni e fianchi) e le tracce della recente maternità sul ventre. Quel che doveva diventare un collo è rimasto un pezzo di das staccato dal resto e schiacciato sulla gola, a rappresentare qualcosa di non detto che pesa e toglie il fiato. Penso che in molti abbiano qualche “non detto” a cui dover dare voce. Solo che non mi aspettavo che venisse fuori in un gioco creativo.” (Y. S.)
“I partecipanti al laboratorio hanno espresso subito apprezzamento per il mio lavoro, definendolo “molto bello” e dalle sembianze di una “bambolina”. Mi hanno detto che l’ho fatto “identico a me” e che rispecchia perfettamente il modo in cui loro mi vedono. Secondo qualcuno, ho cercato di coprirmi con della biancheria intima (sembra che quello sia uno slip), per non lasciare il corpo completamente nudo. Secondo altri, le mani molto grandi e la postura aperta delle braccia, indicano rispettivamente generosità e apertura verso gli altri. Nel complesso hanno restituito un’immagine positiva di me. Mi piace e me la tengo stretta.” (F. M.)
“Mi dicono che la mia creazione dia un senso di sgretolamento interiore, frenato dalla presenza di una forza superiore, il figlio in grembo preso con un’enorme mano, che mi dà forza e protezione. In effetti, per me questo è un periodo di forte stress fisico e mentale. Sinceramente, non immaginavo che creare qualcosa a occhi chiusi potesse esternare lo stato, positivo o negativo, che si sta vivendo dentro. E che cosa il nostro corpo vuole comunicarci, poiché, a volte, presi da mille cose, sottovalutiamo o diamo per scontato ogni suo messaggio.” (C. M.)
“Come potete vedere dalle foto il risultato non è quello che volevo raggiungere: nella foto di sinistra è rappresentato il ritratto appena finito. Volevo esprimere la voglia di rialzarmi, di non restare incollato al pavimento. In effetti, in questo momento mi sento a terra sto cercando di rialzarmi. Ma, come vedete dalla seconda foto, il capoccione ha fatto chinare il mio lavoro, portando la testa sul ginocchio, in una posizione che agli altri ha trasmesso una sensazione di tristezza, quasi di disperazione. C’è anche però chi ha notato la posizione delle mani e dei piedi, ben saldi a terra, a rappresentare un attaccamento alla realtà e alla concretezza. Ciò che è evidente in entrambe le foto è il “capoccione” che esprime l’essere razionale e alle volte troppo pensieroso. Bellissimo lavoro che mi ha fatto molto riflettere.” (M. P.)
“Le parole che i miei compagni hanno espresso guardando la mia “opera d’arte” sono state: libertà, autostima, accettare la sfida, spirito fanciullesco. Secondo me, ci sono anche cose che non hanno voluto vedere. Ma devo vederle io. E io adesso le vedo. Come, ad esempio, dare un calcio indietro è dare un calcio a ciò che è stato, chiudere con un certo passato.” (E. S.)
“Una testa sferica e grande che contiene molte cose: pensieri, ragionamenti… poca cura dei dettagli e una femminilità “vestita”, quasi celata. Credo che la mia Ombra sia nella sfera della femminilità.” (V. M.)
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