Immaginiamo di trovarci in un posto con una lingua totalmente diversa o che non riusciamo a ben comprendere: sentiamo sorgere un senso di profondo disagio perché manca una comunicazione completa, reale, intima. Ma riusciamo a tranquillizzarci perché il nostro soggiorno avrà termine e, con il rientro a casa, potremo tornare ad esprimerci, a parlare in rapporto allo stesso quadro di riferimento, a trovare uno scambio vero, uno scambio pieno. Pensiamo invece al disagio di questi bambini che non possono tornare a casa, in un mondo dove devono rincorrere punti di riferimento… che rimangono stranieri, soprattutto se noi siamo per loro stranieri, chiudendoci nell’incomprensione.
E’ con questa immagine che il Miur, nelle linee guida allegate al Decreto attuativo della Legge 170, spiega le difficoltà che affrontano i bambini con un disturbo dell’apprendimento ed il ruolo fondamentale che, in queste situazioni, è demandato agli insegnanti.
Riprogettare l’apprendimento?
Non si tratta, infatti, solo di progettare un intervento educativo ma di offrire all’allievo un campo vivo di esperienze sociali a lui accettabili. Una provvista di riserve affettive, una valorizzazione dei suoi comportamenti adeguati, un terreno neutro di ripresa dei contatti e un esercizio crescente del senso di responsabilità personale. Questa prospettiva implica una precisa responsabilità del docente?
Perché non si tratta solo di trasmettere un sentimento rassicurante e protettivo ma, soprattutto, di creare le possibilità affinché tutti gli alunni possano confrontarsi e rispecchiarsi in una nuova esperienza interpersonale. In che modo? Imparando ad affrontare positivamente ogni nuovo compito.
Per realizzare questi obiettivi, bisogna principalmente
- garantire a tutti i calore, supporto, sostegno, nutrimento, sopravvivenza e sicurezza.
- Ancora: garantire un attaccamento affettivo sicuro e
- permettere al ragazzo di acquisire un rafforzamento dell’identità e dell’autostima.
Il rapporto relazionale implica la condivisione di esperienze quotidiane, la valorizzazione di tutti i gesti e i riti. L’insegnante ha, per questo, il compito di stabilire con i suoi alunni un rapporto fondato sul rispetto reciproco e sulla responsabilità condivisa. Nella relazione tra alunno e insegnante, il fare insieme è la formula magica. Sempre. Non solo nei casi di deficit dell’apprendimento.
Empatia e rispecchiamento
Per costruire una relazione condivisa, è necessario che l’insegnante sia in grado di percepire ciò che avviene nell’altro, di entrare in una risonanza affettiva, che gli consenta di mettersi nei panni dell’altro. Cogliendo i movimenti affettivi, distinguendoli dai propri e stabilendo con i suoi alunni un rapporto fondato sulla reciprocità. Ecco il senso dell’empatia a scuola.
L’insegnante dovrà costruire un clima di fiducia, al fine di favore l’intimità con l’allievo, di avvicinarsi al suo mondo, riconoscendo, nelle apparenti distorsioni relazionali, elementi di realtà condivisibile. Egli è fondamento per modificare il senso di frustrazione, di sfiducia, di insicurezza di molti studenti. Specie in quelli con DSA, disturbi specifici dell’apprendimento.
Se l’obiettivo è migliorare la comunicazione, l’accettazione incondizionata dell’altro, del diverso e la disponibilità all’ascolto, sono propedeutiche a qualunque intervento educativo. Esse, infatti, danno all’allievo la possibilità di riappropriarsi di un vissuto relazionale che costituisce la base sulla quale si innesterà l’intero percorso.
Un efficace intervento educativo
E’ possibile riconoscere, nel comportamento dell’insegnante, un fattore fondamentale per il sereno inserimento scolastico e per la crescita armonica degli allievi. Il modo in cui gli insegnanti si rapportano agli alunni, infatti, influenza la formazione delle strutture interattive nella classe. E, in particolare, l’inserimento o l’isolamento degli stessi. Mi riferisco, ad esempio, a come definiscono il contatto, a come lodano, a come riconoscono i contributi e le risorse.
Affinché gli allievi sperimentino le situazioni sociali e di rendimento come costruttive per la loro formazione, è compito degli insegnanti realizzare un agire educativo di incoraggiamento. Azioni, in altre parole, che aiutino i discendenti ad affrontare le richieste della vita scolastica come compiti possibili e superabili, garantendo loro il necessario supporto. Magari, rammentando loro che
- servirà dare il massimo,
- che non occorrerà essere necessariamente i primi della classe e che
- un brutto voto non pregiudicherà il loro successo da adulti.
Le tre chiavi
Ecco, dunque, la ricetta in tre punti per realizzare una relazione empaticamente orientata. Leggendoli, vi sembreranno quasi scontati. Ma, allora, perché torniamo sempre sullo stesso punto? Evidentemente abbiamo una lunga strada da fare per diventare educatori efficaci, ancora prima che insegnanti efficaci.
- Accettare l’alunno. Accettare l’altro, in quanto persona, significa accogliere incondizionatamente la sua differenza, il suo modo di essere, il suo punto di vista, rinunciando anche a soddisfare le proprie aspettative. L’accettazione comporta l’assunzione di una postura che esprime avvicinamento e interesse per l’altro. Come disporsi accanto più che di fronte, ricercare un contatto visivo, ascoltare più che parlare.
- Comprendere l’alunno. Cioè, rivolgere l’attenzione sugli stati affettivi degli allievi, essere disponibile ad accogliere una varietà di percezioni, di sentimenti, spinte affettive manifestate, comprenderli senza pregiudizi, incoraggiarli a comunicare. La partecipazione per essere significativa, deve accompagnarsi a un movimento complementare che guarda la distanza necessaria per integrare nella propria prospettiva l’esperienza vissuta con l’altro. Per darle un senso personale, uno sguardo benevolo.
- Restituire. Il rapporto educativo deve essere considerato un rapporto circolare in cui tutti gli interventi dell’insegnante sono restituzioni inconsapevoli di un vissuto che si è formato nell’interazione con l’allievo. La comunicazione dell’insegnante sarà tanto più autentica se si rapporterà con sincerità, spontaneità, attraverso messaggi verbali e non verbali.
Una didattica trasversale
Gli interventi dell’insegnante, affinché siano accolti, vanno, pertanto, modulati sulla sensibilità dell’alunno, sui suoi bisogni, sulle sue risorse e in base allo sviluppo della relazione. Ciò comporta una disponibilità a mettere in discussione i propri interventi, la propria modalità di relazionarsi, ad accogliere i commenti dell’alunno, trasformandoli in stimolo per rimodulare schemi comportamentali ormai obsoleti.
E’ anche per questo che il nuovo aggiornamento degli insegnanti è sulle dimensioni emotive della relazione educativa. Piace a molti. Non a tutti. Ma la rivoluzione che tutti si aspettano nel mondo della scuola passa da qui.
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