La musica, il linguaggio universale. In che modo diventa anche strumento pedagogico? Prova a chiedere ad un bambino: “E se sostituissimo le parole con dei suoni?” Fino ad alcuni anni fa ho condotto con un certa sistematicità laboratori di musicoterapia nelle scuole. L’ho fatto con i più piccoli e anche con gli insegnanti. A questi ultimi ho provato a spiegare come riuscivo a catturare l’attenzione degli scolari: “Non serve urlare. Se il concetto di silenzio non viene acquisito, allora, facciamolo diventare un gioco.” Un gioco musicale, naturalmente.
In musica il silenzio è una pausa. In pedagogia il silenzio è ascolto. Di sé e dell’altro. Se c’è silenzio, ogni bambino può accorgersi di chi gli sta intorno, cosa che non accade nel caos delle case e, spesso, anche delle classi. Se il bambino si accorge di chi ha accanto e fa silenzio, gli lascia uno spazio di espressione, lo riconosce, ne ammette la diversità. Ma se il silenzio glielo imponi, egli non lo farà. Se glielo fai percepire come una conquista, vorrà essere il primo della classe. Allora, sfruttiamo il potere della musica come strumento di coesione sociale per imparare e per insegnare divertendoci.
La Musicoterapia
Questo è un po’ il senso della Musicoterapia nella scuola. Non una terapia, dunque. Anzi, tutt’altro. Un gioco. Fatto di semplici strumentini in legno, pelle e metalli che suonano praticamente da soli. Con la musicoterapia a scuola si possono perseguire, dal punto di vista del bambino, obiettivi come:
- imparare ad ascoltare,
- coltivare il benessere psicofisico (dimensione importantissima anche per i più piccoli),
- migliorare l’attenzione,
- accettare e accogliere l’altro con i suoi diversi tempi di risposta,
- riconoscere le emozioni (in quanti posseggono un corretto vocabolario emotivo?) e
- riscoprire la creatività.
Per finalità che possono essere di
- prevenzione di difficoltà relazionali, di attenzione, di ascolto ecc. o
- di sostegno alle strategie educative, così abilmente già portate avanti dagli insegnanti.
Cioè, con la musicoterapia ci si può aiutare ad imparare. E chi non ama imparare, se può farlo divertendosi?
Gertrud Orff, moglie e allieva del noto compositore, nel suo Musicoterapia Orff, un manuale essenziale di pedagogia musicale, riferisce di molti casi di bambini, sia normodotati che con deficit anche severi, alcuni con disturbi dello spettro autistico o con handicap psicofisico grave, altri con deficit motori, della vista e del comportamento. Riferisce di come siano stati tutti trattati con strategie multisensoriali a base di bagni sonori e accomunati da un obiettivo: entrare nel loro mondo, instaurare un contatto. In una parola: comunicare.
Insegnare con la musica
Se riesci a comunicare usando il gioco, puoi insegnare qualunque cosa ad un bambino che necessita di precetti o sostegni educativi.
A discriminare alto-basso, lontano-vicino, destra-sinistra. Ecco che la musica diventa movimento, perché attiva e aiuta a stimolare una lateralità che videogiochi e smartphone (a qualunque età ormai) fanno perdere. Puoi anche insegnare a distinguere il silenzio dal caos, il pieno dal vuoto, se il tuo obiettivo è sviluppare la sua attenzione. Puoi anche scoprire quelle risorse altre che di solito non emergono e valorizzare forme diverse d’intelligenza, ben oltre quella legata al profitto scolastico.
Se riesci a comunicare usando il gioco, puoi aiutare un bambino ipodotato che necessita di rinforzi espressivi. Perché spesso, per essere liberi, basta un tamburo, un pennello, dei colori e un grande foglio con cui esprimersi.
Ecco che cosa vuol dire creare una dimensione musicale nella quale esprimersi spontaneamente con musica, movimento, danza e colore. La parola viene molto dopo. Dopo che la creatività, ridestando emozioni che il bambino ha bisogno di imparare a riconoscere, avrà fatto il suo corso.
In tutto questo c’è il labile confine che separa la pedagogia (e la formazione) dalla terapia.
O non è forse vero che educare vuol dire anche trasformare?
Molto interessante. Qualche esempio di come fate?
Molto interessante. Qualche esempio di come fate?
Gentilissima Mariantonia, fare degli esempi non è semplice. Chi conduce laboratori come i nostri si forma in scuole apposite per farlo. Se può esserle utile, i link a piè pagina rimandano a corsi online a cui sono abbinati anche giochi di creatività basati su tecniche di Arti Terapie. Sono tutte idee utili che possono servire per ideare attività con i gruppi. Grazie del suo commento.
Stefano Centonze
Ad esempio, scorrendo la home del sito Discentes, troverà almeno 100 giochi da riproporre. Può seguire il link.
Spero di esserle stato utile.
http://www.discentes.net/categoria-prodotto/corsi-online/