C’è una scuola che dobbiamo farci piacere e una scuola che vorremmo, quella che funziona. È da un po’ che, attraverso riforme, si sta tentando di trascinare la scuola sui binari dell’eccellenza. Negli ultimi anni, ad esempio, in Italia – mi riferisco, naturalmente, al periodo immediatamente precedente l’emergenza sanitaria -, per affrontare e risolvere gli innumerevoli problemi educativi, si stanno diffondendo attività di formazione intensiva rivolte alle famiglie, strutturate in vere e proprie “Scuole per genitori”. Alcune Direzioni didattiche, per recuperare il contributo delle famiglie al progetto educativo, prima che le attività fosse interrotte dai lockdown e trasferite online, hanno già avviato la sperimentazione di introdurre nell’offerta formativa programmi di supporto alla genitorialità. Serve anche questo, indubbiamente. Il passo verso il cambiamento, tuttavia, è più semplice di quanto non possa apparire. E non servono necessariamente idee geniali o grandi stravolgimenti: basta scegliere gli insegnanti giusti o aggiornare (in alcuni casi formare) quelli già di ruolo alle reali necessità.
Il patto educativo
L’“impresa famiglia” e l’“azienda scuola” sembrano, soprattutto a causa delle interruzioni, aver perduto l’opportunità del mutuo aiuto. Ma l’emergenza ha necessariamente richiesto la più ampia collaborazione per mantenere vivo il patto educativo. Certo, gli interventi sulla genitorialità sono passati in secondo piano ma restano al centro del progetto di fondo della holding educativa e dei piani ministeriali. Ed è quello che ci aspettiamo da una Scuola dell’Intelligenza Emotiva.
Investire sulla genitorialità affinché anche la scuola possa recuperare credibilità si pone, infatti, come strada maestra per promuovere il benessere della holding educativa. In Italia progetti di questo tipo sono numerosi, ma si va avanti “a macchia di leopardo”, senza indicazioni univoche. E questo anche se fin dal 1999 il Decreto 275 del Presidente della Repubblica auspica la promozione, all’interno delle scuole, di iniziative di informazione e formazione destinate ai genitori degli alunni.
Nelle scuole in cui si è realizzata una seria programmazione, attraverso il dialogo, il patto, la partecipazione e il coinvolgimento continuo dei genitori, si riesce solitamente a superare qualsiasi tipo di difficoltà e ogni atteggiamento prevenuto.
Obiettivi sempre attuali
Svolti all’interno delle scuole in compresenza con gli insegnanti, tali incontri possono implementare
- nuove forme di alleanza educativa,
- sviluppando fiducia,
- competenze,
- relazioni e attitudini sottoutilizzate.
Aspetti indispensabili per connettersi insieme (docenti e genitori) con i propri figli-alunni. In un momento storico caratterizzato da frammentazione e disconnessioni crescenti, è assolutamente prioritario ricollegare gli obiettivi educativi lungo un continuum, dalla famiglia alla scuola, tenendo conto dell’attuale crisi della famiglia e dei limiti della scuola.
La fatica di educare
Che il mestiere di genitore sia complesso e difficile si sa da sempre. Che invece l’insegnamento sia un lavoro faticoso lo riescono a capire ancora in pochi.
Eppure, come tutte le professioni ad alta esposizione relazionale, l’insegnamento affatica emotivamente, in quanto presuppone il trovare in se stessi ogni giorno competenze, motivazioni ed emozioni utili a stabilire i migliori contatti con gli alunni.
Parlo dell’autocontrollo, virtù che richiede un livello di benessere psicologico che non sempre è facile raggiungere. Ma che è una virtù imprescindibile, che deve appartenere alla persona, non al ruolo, e che permea l’arte di insegnare.
Dalla famiglia alla classe
Insegnare, infatti, non è soltanto un’operazione di accrescimento informativo: alunni e bambini portano con sé la loro storia personale, caratterizzata da
- curiosità,
- desiderio e
- gioia,
- così come da paure,
- difficoltà e
- disorientamento.
Lo spazio-classe non è e non può essere pensato come un freddo contenitore in cui i ragazzi entrano, apprendono ed escono educati. Peraltro, il passaggio dalla famiglia alla classe costituisce un’esperienza di crisi e di interruzione della continuità per molti bambini all’entrata a scuola. E rappresenta sempre un momento delicato anche per quei bambini e ragazzi solitamente tranquilli e solidi.
Perché in famiglia, specie oggi, si sta molto bene: ci si sente esclusivi e protetti.
A scuola si cresce
A scuola ci sono il gruppo, le aspettative da soddisfare, nuove figure adulte con cui confrontarsi, le regole da rispettare, le frustrazioni da affrontare. Questi passaggi sovente sono mediati dal docente. L’insegnante, allora, deve tener conto di una pluralità di elementi interagenti che possono agevolare o ostacolare crescita, inserimento e autonomia del bambino:
- la fase di sviluppo di ogni soggetto;
- i livelli di partenza;
- la capacità di apprendimento e le potenzialità;
- la situazione emotiva e affettiva;
- le eventuali difficoltà relazionali;
- la struttura e le caratteristiche della famiglia;
- l’ambiente di provenienza;
- il sistema scolastico nel suo insieme.
L’arte di insegnare
L’acquisizione di competenze e tecniche che mettano l’insegnante nella condizione di affrontare tutto questo diventa fondamentale. Senza di esse, si rischia di “navigare a vista” e di commettere errori. Spesso, sono sufficienti
- una valutazione troppo superficiale,
- una delega al sostegno sbrigativa o, al contrario, tardiva,
- un eccesso di permissivismo o
- una disponibilità pedagogica fluttuante
per segnare l’inizio di una carriera deviante o per consolidare i disagi, trasformandoli in disadattamento.
Tutto questo rende la professione dell’insegnante senz’altro più complessa di un tempo. Mentre la formazione, malgrado gli sforzi degli ultimi anni, va ancora rimodulata e completata, perché sia al livello delle aspettative della società che cambia.
Insegnare e basta?
Ecco, allora, quello che serve:
- essere in grado di capire e valutare i differenti contesti in cui nascono i bisogni dei ragazzi;
- avere la competenza di affrontarli con tutte le tecniche, strategie e procedure più attuali;
- sapere ciò che occorre fare e spesso non fare, qualora in classe vi siano ragazzi con delle difficoltà.
Ma è altrettanto indispensabile possedere una disponibilità attenta
- ad ascoltare,
- valutare e
- intervenire adeguatamente.
Al tempo stesso, occorre opportunamente coniugare tali capacità con la necessità di restare sempre autorevoli e di pretendere questo riconoscimento anche dalle famiglie. Spesso, il dialogo sincero è la chiave: l’istruzione si rivela tanto più efficace quanto più l’insegnante riesca a espandere il contesto educativo intorno all’alunno (il ragazzo, la famiglia, le istituzioni, il territorio). È così che lo sforzo della holding educativa produrrà soggetti più sani.
La posizione minimalista “Io insegno e basta” è obsoleta, superata e non paga più. Paradossalmente, anzi, espone il docente a maggiore stress e frustrazioni.
Il decalogo dell’insegnante efficace
Quali competenze, allora, occorrono, oltre alle conoscenze? Ecco, allora, quello che considero il catalogo minimo dell’arte di insegnare che deve obbligatoriamente entrare nel curriculum di ogni buon insegnante:
- riconoscere e isolare le fonti di stress e coltivare momenti dedicati al benessere e al relax (non esistono né didattica né formazione in assenza di benessere e di entusiasmo);
- allenare la creatività personale e stimolarla negli studenti;
- formarsi all’intelligenza emotiva e applicarla in classe;
- introdurre in classe il linguaggio delle emozioni e dei sentimenti;
- conoscere le storie personali dei ragazzi e delle loro famiglie;
- stimolare l’apprendimento multisensoriale creativo;
- preparare la lezione in classe come un’azione teatrale;
- accrescere i momenti di condivisione;
- possedere la capacità di variare, secondo i casi, il registro comunicativo;
- preferire una leadership democratica.
Una sfida possibile
Si tratta di competenze finalizzate alla crescita dell’intera comunità scolastica. Non ci si aspetti che una riforma aggiusti (e imponga) le cose: è tutto nelle mani e nello zelo del singolo insegnante.
La disponibilità interna, l’empatia, l’autorevolezza (che sono alla base dell’Intelligenza Emotiva) sono, peraltro, qualità preziose che vanno coltivate nel tempo, con pazienza e caparbietà: non si attivano a colpi di riforme. Altrimenti, la fatica sarà sempre più insopportabile e ogni aumento di stipendio sarà sempre troppo esiguo.
A questo livello della preparazione del corpo docente può innestarsi l‘intesa scuola-famiglia per un’azione educativa congiunta. Solo così ha senso la Scuola per i genitori e per il supporto alla gentorialità.
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