La metafisica della personalità affrontata con i linguaggi dell’arte e della filosofia. I linguaggi dell’arte da sempre hanno, infatti, provato a dare una risposta alla fatidica domanda, di matrice filosofica, intorno alle origini dell’uomo. È proprio l’arte, infatti, che nel corso del tempo ha reso più chiara la sua commistione con la conoscenza di sé di quanto, in taluni casi, non abbiano fatto la filosofia o la religione. In questo senso, il prodotto creativo è un racconto. E un racconto è sempre un raccontarsi. L’uomo, dunque, racconta se stesso attraverso l’immagine, la musica, la danza, il teatro, la letteratura: processi artistici che lo aiutano a porsi le domande intorno a ciò che egli ricerca. Aiutandolo, sposta l’attenzione dall’esterno della sua persona verso l’interno.
La metafisica della personalità
Per questo, in questo lavoro, affronteremo il tema della ricerca dell’identità, nelle sue nature contraddittorie, attraverso le tecniche artistiche e narrative del Metodo Autobiografico Creativo, quale intuizione metodologica, fondata sul dialogo interiore, confermata dagli esiti e oggi supportata dalla recenti scoperte scientifiche in materia di epigenetica. Per ogni approfondimento, consiglio il testo “Racconti di fiaba autobiografici” (Stefano Centonze, ebook Edizioni Circolo Virtuoso, Lecce 2020) o altri articoli di questo sito sul tema dei Monumenti dell’Anima.
Per iniziare, occorre dotarsi di una visione dell’oltre intorno all’uomo che la filosofia chiama “metafisica della soggettività”. Con questo concetto il filosofo francese Michel Maffesoli (“La transfiguration du politique”, Parigi, 1992), afferma che nessuno può essere ridotto a unità, ovvero che nessuno può corrispondere al solo “principio di identità”, dal momento che in ogni persona convivono molteplici aspetti, per nulla identici tra loro, spesso tutt’altro che simili e, nella maggior parte dei casi, completamente diversi gli uni dagli altri.
Scendere nel Pireo
Ma, per incontrare le intrinseche contraddizioni della natura umana, occorre rendersi disponibili a scendere nel personale “Pireo”, come accadeva ai saggi dell’antica Grecia, quando erano chiamati a raccogliersi per prendere decisioni importanti. “L’uomo è uno, portatore in se stesso del proprio doppio contrario” (en diaferon eautò), afferma Eraclito che influenza l’Edipo Re, opera di Sofocle.
Ecco: per vedere la complessità dell’essenza stessa dell’uomo, occorre possedere una visione dell’oltre, occorre coltivare una metafisica della soggettività. Esprimere se stessi attraverso il processo creativo, infatti, ha origine da un indicibile, da qualcosa che non è ancora pensabile. Quindi, si esprime attraverso l’immagine, il suono, il movimento, aiuta la riflessione intorno a sé stessi e alle domande cruciali, prima di ritornare nell’indicibile.
In quel preciso momento, il contatto con le contraddizioni intime dell’uomo diventa uno spazio di conoscenza per guardare anche agli altri e alle relazioni.
Vedere oltre
Questo significa, in fondo, vedere oltre ciò che sia possibile osservare al di là della fisicità delle cose e delle esperienze. Diventa il modo per rinunciare al giudizio e per esprimersi in termini di impressioni e sensazioni che riguardano l’esperienza nel mondo di cui siamo testimoni. Da dove nasce, allora, questa competenza se non dal modo in cui osserviamo noi stessi con occhi nuovi?
Spesso, troppo spesso, infatti, l’indicibile e il non ancora pensato sono protagonisti assoluti della nostra vita. Questo “taciuto indicibile” è il vero che è in ognuno di noi, scrive Gabriele Lavia nel libro “Se vuoi essere contemporaneo leggi i classici”. Se vogliamo, questa è anche la grande difficoltà di mettersi a nudo davanti a se stessi, soffocati dalla logica e dalla ragione, e ammettere che è il taciuto in ogni dire, non la parola, ad essere depositario di quella verità che emerge, in forma di domanda, in quanto svelatrice della complessa e contraddittoria autenticità della persona. È un’esperienza forte porsi di fronte all’indicibile che ci guarda, attraverso il prodotto artistico, come accade nei laboratori sul Metodo (nel senso greco di “metà”, oltre, e “odòs”, cammino, di “cammino per andare oltre”) Autobiografico Creativo.
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Il Metodo Autobiografico Creativo
Peraltro, quello che emerge nei laboratori creativi sul metodo autobiografico è sempre il racconto di una personale Odissea (Omero, nel suo poema, canta l’uomo, è un fanatico dell’uomo), come nelle sue infinite peripezie lungo il cammino che lo riporta alle sue origini. Come Ulisse, infatti, siamo tutti costantemente alla ricerca della nostra Itaca. O non è forse vero che anche nella società contemporanea siamo attratti dalle voci di mille sirene seduttrici a cui non è sempre semplice resistere?
Per farlo, per resistere alle leganti che legano (seiré in greco è la corda), l’uomo del multiforme ingegno si fa, a sua volta, legare all’esterno della sua nave. Un’immagine meravigliosa che Omero utilizza per parlare anche all’uomo moderno, che può resistere alle tentazioni e ai tanti richiami sono con la consapevolezza di sé, con la conoscenza e l’autocontrollo.
Straordinaria, dunque, è la forza della creatività a mettere la persona davanti alle sue immagini, inconsce e rivelatrici.
Se, allora, “l’uomo è misura di tutte le cose”, come afferma Protagora e scrive Platone nel Teeteto, è anche vero che sono le cose, le esperienze e il modo e le immagini attraverso cui esse si esprimono, a raccontare, a misurare l’uomo.
La sovrasensibilità
Ma, se per osservare serve sensibilità che apra gli occhi alla fisicità, per vedere oltre serve una metafisica, una sovrasensibilità che permetta di andare al di là di quello che può essere fisicamente osservabile.
Bene: l’incontro con queste parti di sé apre alla sovrasensibilità e, in definitiva, al vedere oltre e al pensare metafisico (nel senso di andare oltre la fisicità). Così, non diremo più (con Lavia) “quello ha la faccia da furbo” ma “quella faccia mi dà l’idea del furbo”.
La conclusione, allora, la offre Kant (1724-1804): “l’uomo, qualunque uomo, non è altro che la conoscenza di sé, della sua legge morale e delle sue speranze che fanno tendere la mente a una conoscenza di quel se stesso che non si trova su ma giù”.
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