I monumenti dell’anima sono una conquista metodologica in cui la pratica creativa è al servizio del dialogo interiore e della definizione del sé. Obiettivo: la crescita personale. Nella mia idea, essi definiscono la cornice dell’osservazione del corpo e dei suoi vissuti, svelati in un ambito di indagine che è tipico della ricerca autobiografica. Più precisamente, riguardano il percorso di autoconsapevolezza a cui aprono specifiche attività artistiche del Metodo Autobiografico Creativo per l’Intelligenza Emotiva.
I Monumenti dell’Anima
Monumento deriva dal latino monumentum, sostantivo del verbo moneo (ammonisco, riporto alla memoria), a sua volta derivato da memini (memnisco in greco) che significa “io ricordo”. Si tratta, dunque, di un sostantivo che rimanda inequivocabilmente alla memoria, ai ricordi e al passato che rivivono attraverso il lavoro creativo con le diverse forme di narrazione autobiografica.
Indipendentemente dal fatto che sia
- una fiaba scritta,
- un lavoro plastico-pittorico,
- un collage,
- una storia immaginaria o
- un’azione corporea,
infatti, si tratta sempre di momenti autentici e imprevedibili nei quali i vissuti delle persone emergono, si svelano agli autori dei lavori prodotti estemporaneamente e parlano con essi. Vissuti che si esprimono, appunto, in termini di memoria, di passato o di ricordi che pongono i protagonisti faccia a faccia con se stessi e con la loro storia personale.
La memoria e la creatività
Con l’atto della scrittura creativa, come quella della fiaba personale, di sicuro, incontriamo la memoria. Nella fiaba, infatti, la memoria si esprime con la forza della metafora, perché tutto ciò che viene narrato in forma simbolica appartiene a una memoria. Quando si scrive una storia, ad esempio, specialmente se autobiografica, una delle fonti di maggiore ispirazione è proprio il passato delle persone di cui, attraverso l’atto di scrivere per fissare i concetti sul foglio bianco, ognuno si fa portavoce.
Ma chi scrive rammenta (riporta alla mente, alla memoria) o ricorda (riporta al cuore)? Indubbiamente, entrambe la cose, benché ci sia una differenza.
La memoria è, infatti, un’attività intellettuale. Si tratta, quindi, di una pratica cognitiva che è diversa dal ricordo che ha una natura quasi esclusivamente emotiva (ricordare, infatti, è rievocare emozioni più che informazioni che sono appannaggio della nostra mente).
Ma la memoria e il ricordo hanno in comune il passato che necessariamente entra nei monumenti dell’anima ma con un peso differente dagli altri attori. L’etimologia del termine ‘passato’ deriva, infatti, dal latino ‘passus’, passo, inteso come misura di lunghezza. Il passo, che in questo caso è una cosiddetta parola-metafora (così definita da Marco Balsano nel libro “Le parole sono importanti”), indica, quindi, l’azione di avanzare sulla linea del tempo. In questo senso, passato è un termine assoluto che indica tutto ciò che ci siamo lasciati alle spalle ogni volta che abbiamo, appunto, fatto un passo in avanti.
Memoria, passato e ricordo
Memoria, passato e ricordo sono collegati tra loro. In primis, la creatività stimola la memoria. Ma, com’è giusto che sia, non possiamo non avere memoria del nostro passato e se vogliamo rievocare un ricordo abbiamo la necessità di attivare in ogni caso la memoria, quanto che si tratti di una memoria rievocativa (conscia) o meccanica (inconscia). In tal senso, la memoria è, di conseguenza, la capacità di un individuo di rappresentarsi, di riportare alla mente un evento che è già accaduto.
Anche il sostantivo femminile “mens” (la mente), infatti, deriva dal già citato verbo “moneo” (ammonire, far tornare alla memoria), esattamente come “monumentum” (monumento, appunto) che indica il bisogno di ricordare, erigendo opere in grado di fissare la memoria collettiva su fatti significativi accaduti, affinché sopravvivano al logorio sgretolante del tempo.
Quindi, mentre il ricordo è un evento soggettivo, la memoria è un concetto tipicamente sociale contro i rischi incombenti dell’oblio (il monumento per come lo conosciamo noi è, allora, il frutto di una memoria collettiva). Il monumento, in altre parole, viene eretto affinché la collettività, che ha memoria di un dato avvenimento, continui a conservarla. Il monumento dell’anima, dunque, è sintesi di memoria e ricordo come fenomeno emotivo personale.
Emozioni sempre vive
Nel lavoro con le immagini dal corpo che ho definito “I monumenti dell’anima” del Metodo Autobiografico Creativo, rivive la memoria del corpo e dei suoi vissuti emozionali rimossi. Nel conservare quel monumento, è come se ognuno erigesse una simbolica scultura in onore di tutti quei contenuti intrapsichici che è bene che non si disperdano nella polvere del dimenticatoio.
Con la storia che silenziosamente raccontano, le opere create danno forma alla nostra unicità e la consegnano, nei suoi risvolti simbolici che si svelano con tutta la forza al loro autore, alla consapevolezza e a imperitura memoria.
La pacificazione di un dialogo interiore che si intrattiene ad un livello così intimo e vero fissa la coscienza di sé, in termini di non “dimenticare” (staccare dalla mente) le pietre miliari della propria esistenza e di non permettere che i vissuti che le hanno caratterizzate “si scordino” (si stacchino dal cuore).
Con questa nuova consapevolezza, le persone si scoprono pronte ad affrontare il mondo e le relazioni con gli altri. Potere della creatività.
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