Dalle fiabe autobiografiche, sia come strumento di crescita personale, agevolato dalla scoperta del pensiero autoanalitico che accresce i livelli soggettivi d’intelligenza emotiva, che come approccio esperienziale alla crescita professionale, che permette di mettere l’intelligenza emotiva al servizio di quella collettiva, derivano delle evidenze sociali che rendono applicabile il lavoro sulla consapevolezza ai gruppi, anche in contesti aziendali. Gli archetipi opportunamente celati nelle storie individuali, come insegna la psicologia junghiana, valgono anche per la storia delle collettività. Così, una volta ridotte a racconti svuotati dei significati religiosi dopo il tramonto dei primitivi riti d’iniziazione (da cui derivano), le fiabe restano racconti di formazione ma ancora infarciti di simboli che accomunano l’inconscio individuale a quello collettivo.
Fiabe, una missione… possibile
Quello che arriva ai nostri tempi di queste storie (e che è possibile osservare nella moderna cinematografia d’azione, come nella saga di Mission: Impossible, tanto per fare un esempio) rispetta, infatti, il medesimo canovaccio della fiaba classica, laddove la trama si svolge intorno a un protagonista (l’eroe), un antagonista (l’ombra, per dirla con la nota figura archetipica), una difficoltà (la sfida), un viaggio, un aiutante magico (il moderno stregone che consegnava le armi al giovinetto nel bosco affinché diventasse uomo), il falso eroe che viene smascherato, il superamento della difficoltà e il lieto fine.
Esiste, dunque, sempre un collegamento tra quel bambino primitivo dei riti iniziatici e il bambino moderno. Un collegamento che ha attraversato il tempo grazie alla trasmissione delle tradizioni, pur dopo la caduta dal sacro al profano, grazie a un inconscio collettivo, in cui dualismi e archetipi come Io e Persona, Luce e Ombra, Anima e Animus, Maschile e Femminile coesistono proprio come negli individui.
Da ciò deriva che la consapevolezza di sé che nasce con la rilettura della storia personale, occultata nella metafora dell’identità che preme fuori per svelarsi, deve appartenere necessariamente anche alla storia dei gruppi. I collettivi, infatti, dovrebbero portare nella finestra pubblica (per citare le Finestre di Johari) quante più informazioni che appartengono alle radici e all’identità del gruppo, ai modi con cui
- comunica all’esterno (spesso senza averne contezza),
- si presenta al suo mercato (qualunque sia l’ambiente che si voglia intendere con il termine di mercato) e
- gestisce la soluzione dei problemi.
Brevemente, li vediamo in rapida rassegna.
Lo storytelling, ovvero comunicare con le storie
Di fatto, lo storytelling è l’uso che le aziende fanno della narrazione della propria storia per creare fiducia tra collaboratori, fornitori e clienti. Ma la storia dell’azienda è anche la storia delle persone che l’hanno fondata e di quelle che vi lavorano. Non solo storia di idee, prodotti e servizi. È, dunque, anche storia di
- leadership,
- relazioni,
- contesti,
- fiducia (più o meno ben distribuita),
- lavoro di squadra,
- motivazioni,
di messaggi, sensazioni e impressioni trasmesse all’esterno, nel mercato, da tutti i comportamenti interni assunti dall’azienda stessa e dai suoi protagonisti.
L’antagonista
Il nemico intimo e segreto, infatti, l’antagonista, dimora nel gruppo e si manifesta all’esterno anche contro ogni volontà di tenerlo nascosto. Può trattarsi di
- una persona,
- un ruolo,
- una dinamica o
qualsiasi altra situazione che impedisca alla squadra di esprimere elevate performance. In tutti i casi, all’antagonista occorre dare un volto.
Per questo, il ricercatore belga Frederic Laloux, nel suo libro “Reinventare le organizzazioni”, afferma che nessuna evoluzione è permessa all’impresa oltre il grado di consapevolezza del suo leader.
Il lavoro sull’identità aziendale attraverso la narrazione diventa, così, per un team di lavoro, lo strumento per individuare
- limiti e minacce,
- sfide e soluzioni,
- punti di forza e opportunità.
Narrazione condivisa e marketing relazionale
Raccontandosi, alla stessa maniera, le aziende raccolgono reputazione, ammettendo un vasto pubblico, dai collaboratori ai clienti, a prendere parte alla loro storia, a sentirsi nella storia. È così, che, coinvolgendo le persone nelle decisioni (testare un nuovo prodotto, esprimere un parere ecc.), le fa sentire “socie” di un grande brand, con chiaro valore e una voce in capitolo.
E questo crea relazione empatica e fiducia. Così facendo, del resto, le persone non abbandoneranno mai il brand per la concorrenza. Aspetto fondamentale nel nuovo marketing, di tipo relazionale, per l’appunto, in un periodo di grande diffusione di merci e servizi
- di ogni genere,
- per tutte le tasche e
- a portata di clic.
Fiabe autobiografiche e problem solving
Il Metodo Autobiografico Creativo con la Tecnica della Fiabazione si concretizza in un processo di ri-apprendimento che, attraverso la sperimentazione diretta, agevolata dai mediatori artistici, favorisce l’acquisizione di una visione sistemica sulle cose. Cioè, non solo (o non più) secondo un processo lineare di causa ed effetto ma in un’ottica circolare in cui agiscono anche ambiente, relazioni ed emozioni.
Il pensiero creativo, infatti, peculiarità di molte specie che ha in quella umana la sua massima espressione, rimescoldando informazioni preesistenti (spesso inconsce) con altre di più recente acquisizione (come l’esperienza sensoriale), diventa lo strumento privilegiato per una nuova indagine intorno
- a se stessi,
- agli altri e
- al mondo circostante.
È così che nell’individuo si attivano meccanismi di risoluzione dei problemi della vita quotidiana, grazie alla visione allargata che la creatività offre, mettendo in campo risorse che, il più delle volte, la persona non sa o non crede di possedere.
Nei gruppi di lavoro (aziende, team sportivi, enti non profit ecc.) la capacità di risolvere creativamente le criticità è una qualità molto apprezzata e mette le organizzazioni e i singoli di darsi soluzioni appropriate, senza attendere che essa vengano suggerite (o imposte) dall’alto.
Per questo il problem solving si fonda sulla risorse creative dell’individuo come massima forma di espressione della sua intelligenza. Competenza che la narrazione autobiografica mantiene in allenamento.
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