Come inizia il viaggio alla ricerca della propria identità, per scoprire le origini, la vera natura di sé? Il punto è che noi prestiamo troppa attenzione a ciò che sta fuori. La letteratura, tuttavia, spiega con molteplici esempi che la ricerca deve avvenire dentro, nel buio, nelle oscurità dell’Ombra. Ecco un passaggio del mio discorso agli Arti Terapeuti, tenuto a Cefalù a “Isola Creativa 2019”, nel corso del XVII Congresso Annuale di Artedo, in cui ribadisco l’importanza della creatività come mezzo per svelare la verità intorno alla storia personale e alle sue ricadute nella quotidianità di ognuno.
Nel barile delle mele
Siamo nel libro L’isola del tesoro di Robert Luis Stevenson. Esattamente al capitolo undicesimo (“Quello che udii nel barile delle mele”). Jim Hawkins, il comandante della nave che sta andando alla ricerca del tesoro, all’improvviso decide di andare a mangiare una mela.
Nel 1700, epoca in cui è ambientato il romanzo di Stevenson, le mele come la frutta erano un rimedio per contrastare la glotta. Mangiare una mela, quindi, è un bisogno più che un desiderio.
Nella metafora del racconto, Jim scende giù, va nella cambusa, dove c’è il barile delle mele, lo apre, si sporge per prendere una mela, ci cade dentro. Il barile si chiude e lui resta al buio. Comincia ad addentare la mela: uno, due morsi. “Esco, non esco. Ma sì, resto qui, in silenzio, in pace, al buio e mangio la mela”. Ed ecco che al buio, nel barile, nella cambusa, mentre tutto il resto dell’azione si svolge in superficie, accade una cosa straordinaria. Jim sente dei passi. Qualcuno scende in cambusa. Strano. Molto strano. All’improvviso, questi passi diventano voci. E la tra le voci Jim distingue benissimo la voce del cuoco di bordo che scopre essere Long John Silver, il pericoloso pirata che ordisce il piano per ammutinare la nave.
La verità è nel profondo
Quindi, il protagonista scopre che c’è un complotto ai suoi danni e non lo scopre in superficie ma dentro. Ecco la metafora: bisogna andare giù, perché è lì che si incontra la verità. In superficie non si vede nulla.
Vedete com’è bello riuscire a recuperare questi passati, queste chiavi di lettura di noi stessi?
Nell’ombra c’è quel materiale con cui, in fondo, abbiamo difficoltà a confrontarci ma che diventa per noi una fonte inesauribile d’apprendimento intorno a tutti i fatti della vita. Bisogna passare dall’altra parte, fare un viaggio interiore, rallentare, andare a ricercare la propria verità e cominciare un percorso di ricostruzione che ci porti a mettere a frutto questi nuovi apprendimenti. Ognuno, allora, troverà una verità in forma di domanda.
Metafisica della personalità
Il mio cambiamento è portare avanti il Metodo Autobiografico Creativo, nato, come dicevo prima, come un’intuizione metodologica che funziona.
Si basa sull’incontro con noi stessi nel barile delle mele della nave diretta sull’isola del tesoro. Incontro nel quale la persona prende contatto con i tanti aspetti della personalità, a volte anche in contraddizione tra loro, come descritto dalla metafisica della personalità, teorizzata dal filosofo francese Michel Maffesoli ne “La transfiguration du politique”, per contrapposizione e superamento del principio di unicità della personalità. Maffesoli scrive che “è impensabile credere che ognuno sia soltanto ciò che vuole sapere di se stesso”. Infatti, ognuno è talmente tante cose che queste tante cose non solo sono diverse tra loro, ma a volte sono in totale contraddizione.
Questi sono i postulati su cui ho potuto lavorare con molti di voi nei percorsi sul Metodo Autobiografico Creativo per l’Intelligenza Emotiva, come mediatore artistico del dialogo con l’Ombra per accorciare le distanze dalle proprie parti profonde e nascoste.
Letteratura maestra di vita
Questo confronto al buio è il nostro scendere nel barile delle mele per risolvere il paradosso di volersi prendere cura degli altri senza essersi prima presi cura di sé. Ecco: in questo compito il mediatore è il processo creativo. Qual è, infatti, il più grande errore di Dorian Gray? Ritenere di poter risolvere il dialogo con l’ombra, il suo ritratto, senza un mediatore. Gray cerca da solo di risolvere questa relazione con il suo ritratto. E dove si trova? In alto, in soffitta, mentre la vita si svolge giù, fuori dalla sua portata. Ma soccomberà alla negazione di un mediatore.
Come accade, del resto, per il Dottor Jekyll. Egli ammette l’esistenza del signor Hyde ma non cerca di risolvere la dicotomia con un mediatore esterno.
Ecco, allora, a che cosa serve la creatività: a creare la distanza che serve per ammettere lo svelamento e apprendere nuove informazioni intorno a se stessi. Quelle che creano l’autoconsapevolezza da cui inizia la conoscenza del mondo. Il tutto sotto forma di domanda.
Il Metodo Autobiografico Creativo
A questo stadio, ci troviamo al primo gradino che conduce a quello che Jung chiama “Processo di Individuazione”: arrivare al Sé partendo dalla maschera sociale, dalla Persona (la prima figura archetipica). Senza scomodare la psicologia di Jung, possiamo chiamare questo viaggio verso la pienezza e la consapevolezza “percorso verso la crescita personale”, ovvero verso l’Intelligenza Emotiva.
Se avete preso parte ai laboratori sul Metodo Autobiografico Creativo, sapete che il lavoro con le forme corporee è un lavoro sul dialogo interiore: la persona realizza la propria immagine corporea, bendata, con mezzi artistici (das più che argilla) partendo da ciò che sente di avere dentro.
È così che il partecipante sperimenta una gamma di emozioni che si sviluppano su tutto il corpo, che consentono il dialogo intimo e che si esprimono con i manufatti. Con il dialogo, si realizza lo svelamento.
Creatività nelle altre fasi del percorso
Chiudo con una sintetica presentazione di altre fasi salienti del mio Metodo Autobiografico Creativo (oltre al lavoro con le forme corporee, descritte sopra) per lasciar apprezzare il grande valore simbolico dell’esperienza creativa.
- Con la realizzazione delle sagome corporee, il lavoro si sposta dall’intelligenza intrapersonale a quella interpersonale. E, quindi, approda alla sperimentazione dell’empatia.
- L’incontro con l’Ombra è demandato alla scrittura della fiaba personale: il protagonista è, infatti, chiamato a risolvere le difficoltà poste dall’antagonista, in un gioco di ruoli che resta sulla linea di confine tra il ludico e il simbolico.
- Agganciata alla metafora è anche la storia immaginaria, a cui è richiesto di esprimere bisogni e desideri.
- Nella storia del nome, ancora, c’è la sintesi dell’autobiografia che può essere sofferta (come nel caso del viaggio nella prima stanzetta d’infanzia) o scherzosa (come nel caso della scrittura dell’aneddoto divertente).
Tutte dimensioni indispensabili allo sviluppo della consapevolezza di sé e dell’intelligenza emotiva, grazie alla mediazione del Metodo Autobiografico Creativo.
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