Il tema della conoscenza legato alla azione fisica del vedere, oltre ad essere spiegato oggi dalle neuroscienze, ha radici nella storia del pensiero occidentale. Un esempio straordinario è l’Edipo Re di Sofocle, probabilmente la più importante opera letteraria dell’Occidente. La tragedia affronta il tema dell’identità e risponde alla domanda “che cos’è l’uomo?” A noi offre anche lo spunto per riflettere su come un insegnamento basato su stimoli creativi e multisensoriali, soprattutto se filtrata dalla vista e associati a implicazioni emotive, generi un apprendimento funzionale, efficace e duraturo.
Il mito di Edipo
Edipo è figlio di Laio, Re di Tebe, e di Giocasta. Alla sua nascita, il sovrano riceve un oracolo secondo il quale egli sarebbe stato ucciso dal suo stesso figlio. Allora, Laio affida il piccolo Edipo, appena nato, ad uno schiavo, con l’ordine di ucciderlo. L’uomo, tuttavia, mosso a compassione, lo porta Corinto e lo affida a Polibo, Re della città, e a sua moglie Peribea, che non possono avere figli. Quando Edipo diviene grande, riceve l’oracolo secondo cui avrebbe ucciso il padre e sposato sua madre. Inorridito all’idea di far del male a Polibo e di sposare Peribea, che crede suoi genitori, lascia la città e si dirige a Tebe.
Sulla strada, sfida a duello un viandante per questioni di precedenza sulla via. Edipo ha la meglio, mentre il contendente muore. Si tratta di Laio, Re di Tebe, suo vero padre. Ecco che la prima parte della profezia si è avverata. Edipo arriva a Tebe, sconfigge la Sfinge che opprime il popolo con la peste e Creonte, fratello di Giocasta, per riconoscenza, gli offre il trono della città e la mano della sorella.
A quel punto, anche la seconda profezia si avvera.
Quando Giocasta scopre la verità, si impicca. La regina muore pochi attimi prima che Edipo faccia irruzione nelle sue stanze con la domanda: “Giocasta, sono io tuo figlio?” Domanda che non riceverà risposta. Edipo, a quel punto, decide di accecarsi, usando proprio le fibbie del vestito di Giocasta, per non vedere. Quindi, per non conoscere la verità.
La ricerca dell’identità
L’Edipo Re è la metafora della ricerca delle origini dell’uomo. L’uomo che è destinato a cercare se stesso, senza, tuttavia, giungere in fondo alla scoperta. Non potendo egli sapere più di tanto di sé, si acceca. È qui troviamo il parallelismo tra conoscere e vedere (il verbo geco orào si traduce con “vedere con gli occhi della conoscenza” o “conoscere con gli occhi dell’intelligenza”, in entrambi i casi esprimendo il collegamento tra la vista e la conoscenza).
Un’altra verità racconta l’opera di Sofocle, quella secondo cui cercare se stesso non è ricevere risposte ma porsi le giuste domande. Qual è, infatti, l’errore più grande di Edipo? Rispondere alla Sfinge.
Quindi, la ricerca non è una risposta ma una domanda che apre allo svelamento (nel senso di ciò che non è più nascosto, aléteia, la verità) della creatività. Ci sono domande, in altre parole, che devono rimanere tali. Senza quelle risposte, infatti, nulla si sarebbe compiuto del suo scellerato destino che manderà nel mondo Antigone e Ismene, figli dell’unione incestuosa con la madre, per questo rifiutati dagli uomini e dagli dei.
Apprendere è vedere
Con l’Edipo Re, Sofocle spiega che vedere è conoscere. Le scoperte delle neuroscienze confermano che il modo migliore per far apprendere i concetti è stimolare, presso chi è esposto al processo di apprendimento, più sensi contemporaneamente: l’udito, perché i concetti vengono ascoltati, e la vista, perché il potere di chi insegna nuovi concetti è far in modo che i discenti elaborino immagini di quello che apprendono, “li vedano”, coordinati e confortati dalle emozioni. I concetti, infatti, si fissano nella memoria se il modo in cui vengono esposti è anche
- accattivante (perché interessa, entusiasma e “tocca” l’altro),
- piacevole e
- infonde fiducia.
Su
- condivisione e
- trasformazione,
binomio con ci possiamo sintetizzare quanto fin qui espresso, infatti, si fondano tutte le relazioni d’aiuto, in qualunque contesto.
Il miglior apprendimento, in altre parole, è di quello che
- coinvolge il destinatario (che viene “toccato” nella sua storia personale dalla conoscenza del formatore, concetto che esprime condivisione nel senso che “la vera conoscenza è quella in cui quello che io so incontra ciò che tu sei”-) e
- induce un cambiamento (formazione e, dunque, apprendimento, sono implicitamente processi di trasformazione).
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