Il binomio arte-persona, che si era affermato in maniera embrionale con l’espressionismo, celebra il suo successo con l’Art Brut, arricchita della connotazione terapeutica che lega la dimensione umana all’espressione artistica e la creatività. E’ il dialogo di un folle con la propria follia e, allo stesso tempo, la sua possibilità di materializzarla, possederla ed esteriorizzarla. Non si parla più di bello e di tecnica pittorica: si tratta di opere che sono creatività allo stato puro, libere da qualsiasi vincolo dell’estetica di stampo accademico. Un estratto dal capitolo di Vincenzo Sanapo del Manuale di Arti Terapie (a cura di Stefano Centonze).
Dar voce a chi non ha voce
Il che rappresenta un grande passo in avanti in campo artistico, quanto in campo umanistico e sociale: finalmente le persone
- emarginate,
- denigrate,
- rinchiuse,
- sole,
- derise,
- deprivate di ogni dignità umana…
i matti, insomma, avevano una voce. E non doveva trattarsi di persone tanto diverse da Munch, Caravaggio o Vincent van Gogh che, più che per la loro follia, lontano dalle convenzioni, erano passati alla storia per la loro arte.
Parte da qui la battaglia per il riconoscimento dei diritti delle persone cosiddette invisibili che, in Italia, culmina, nel 1978, con la Legge 180, voluta da Franco Basaglia, che dichiarava chiusi definitivamente i Manicomi, regolamentando il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO). Simbolo di questa conquista: l’installazione artistica, realizzata dai residenti dell’ospedale psichiatrico di Trieste, gestito dallo stesso Basaglia, di un cavallo azzurro, alto quattro metri e chiamato Marco Cavallo, emblema della libertà dei suoi creatori.
Riecco nuovamente l’inscindibile legame tra l’espressione artistica e la comunicazione: Marco Cavallo dichiara al mondo che « i folli » sono riusciti a ottenere la libertà e la cosiddetta « normalità ».
L’espressione artistica
Una via privilegiata di espressione dell’inconscio esiste, dunque: quello che il nostro animo non riesce a comunicare con le parole si manifesta attraverso forme alternative che coinvolgono le arti (o la creatività, più in generale), siano esse figurative, musicali o d’espressione corporea. Ogni forma d’arte ha il suo canale preferenziale per permettere alle emozioni di manifestarsi e uno specifico codice di rappresentazione che ne esalta l’effetto catartico o, come piace a molti, terapeutico.
L’espressione artistica applicata alle arti terapie è, infatti, quella che permette un contatto con emozioni e fantasie attraverso
- suoni,
- forme e
- colori
che le assegnano consistenza fisica. Un disegno o una musica che rispecchia momenti della vita intrapsichica, dell’inconscio, al termine del processo creativo è lì, osservabile, di fronte ai nostri occhi, reale. Ciò che prima era nascosto dentro ora è fuori alla luce del sole, in forma nuova.
I greci parlavano di « aléteia » per esprimere questo concetto. Tradotto in italiano con « verità ».
Arte per emozioni
L’oggettivizzazione dei vissuti e delle emozioni, del resto, permette di prendere la giusta distanza da essi, per analizzarli e scrutarli con un sano coinvolgimento ma senza mai astrarsi dalla realtà. In tal modo, diventa più facile affrontarli e, con il tempo, trasformarli in qualcosa di nuovo e positivo. È il potere della creatività, in fondo, e di chi possiede i mezzi per declinarla nelle opportune direzioni e con il grado di profondità commisurato allo scopo.
Competenza a cui, ad esempio, si prepara l’arti terapeuta che individua le zone in ombra della personalità delle persone con cui opera e le porta a vivere, trasformandole in nuove e luminose risorse, utili per la vita. Per questo la creatività aiuta lo sviluppo dell’intelligenza emotiva.
Dal prodotto al processo
Una dimensione del tutto nuova, sconosciuta agli artisti. Munch, Caravaggio e compagnia si sono espressi attraverso l’arte e la pittura ma tutto si è fermato lì, al dare vita ai fantasmi dell’inconscio, all’oggettivarli, senza, tuttavia, riuscire realmente a prenderne le distanze.
Spesso, piuttosto, ne sono rimasti coinvolti e ossessionati. Per questo « l’arte per l’arte » è solo embrionale rispetto all’uso altro della creatività e dell’espressione artistica. Perché non riesce e non può agire nel pieno delle sue potenzialità. E, del resto, non è il suo compito: nell’arte conta il prodotto finale, nell’espressione artistica e nella creatività conta il processo.
0 commenti
Trackback/Pingback